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27 giugno 20229 minuti di lettura

Antitrust bites - Newsletter

Giugno 2022
La Corte di Giustizia UE sull’applicazione ratione temporis della Direttiva 104/2014/UE

Con sentenza del 22 giugno 2022 (caso C‑267/20), la Corte di Giustizia UE si è pronunciata in merito all’applicabilità del regime di prescrizione e dei principi in materia di quantificazione del danno previsti dalla Direttiva 104/2014/UE alle azioni di risarcimento promosse successivamente alla data di entrata in vigore della Direttiva (25 dicembre 2014).

La sentenza si pronuncia su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice spagnolo nell’ambito di un giudizio di risarcimento del danno conseguente ad un’intesa restrittiva della concorrenza tra produttori di autocarri accertata dalla Commissione europea nel 2016.

La Corte di Giustizia ha ritenuto che il termine prescrizionale di cinque anni previsto dall’art. 10 della Direttiva (previsione di natura sostanziale) trovi applicazione per le azioni di risarcimento che, seppur relative ad illeciti commessi anteriormente all’entrata in vigore della Direttiva, siano state promosse successivamente all’entrata in vigore della stessa, a condizione che, sotto il regime precedentemente applicabile, tali azioni non fossero prescritte al 27 dicembre 2016 (ossia il termine per la trasposizione della Direttiva nel diritto nazionale).

Nel caso di specie, la Corte di Giustizia ha ritenuto che il termine prescrizionale di 1 anno previsto dalla legge spagnola prima dell’implementazione della Direttiva decorresse dalla data di pubblicazione della sintesi della decisione della Commissione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, ossia il 6 aprile 2017 e che quindi l’azione di risarcimento promossa il 1° aprile 2018 non fosse prescritta. Da ciò, l’applicabilità dell’articolo 10 della Direttiva al caso di specie.

Quanto ai principi in materia di quantificazione del danno antitrust, la Corte di Giustizia ha ritenuto applicabile l’articolo 17, paragrafo 1 della Direttiva sulla valutazione equitativa da parte del giudice – previsione di natura procedurale – alle azioni di risarcimento relative a fatti anteriori all’entrata in vigore della Direttiva, ma proposte successivamente al termine per l’implementazione della stessa e all’entrata in vigore della normativa di recepimento.

Sono invece di segno opposto le conclusioni raggiunte dalla Corte rispetto all’articolo 17, paragrafo 2 della Direttiva, che stabilisce una presunzione iuris tantum circa l’esistenza di un danno derivante da cartelli. La Corte di Giustizia ha infatti ritenuto che tale disposizione, di natura sostanziale, non possa trovare applicazione per un’azione di risarcimento danni riferita a fatti conclusi prima del termine per l’implementazione della Direttiva nel diritto nazionale.

Google Maps Platform sotto la lente del Bundeskartellamt

Il Bundeskartellamt ha reso noto con comunicato stampa del 21 giugno scorso di aver avviato un’indagine nei confronti di Google al fine di verificare se alcune condotte poste in essere dall’operatore in relazione ai servizi di cartografia digitale (Google Maps Platform) siano idonee a determinare effetti anticoncorrenziali.

In particolare, secondo l’ipotesi dell’Autorità tedesca, Google ostacolerebbe la possibilità di combinare i propri servizi di cartografia digitale con quelli forniti dai concorrenti, ad esempio, impedendo la possibilità di incorporare i dati di localizzazione di Google Maps, la funzione di ricerca o Google Street View in servizi di cartografia digitale concorrenti. Nel comunicato stampa si annuncia inoltre che saranno esaminati anche i termini e le condizioni di licenza per l'utilizzo dei servizi di cartografia digitale di Google sui veicoli.

Il procedimento è stato avviato dal Bundeskartellamt in forza della neo-introdotta previsione normativa (sezione 19a GWB) che attribuisce all’Autorità ampi poteri di intervento, in chiave preventiva, nei confronti di operatori di grandi dimensioni attivi nel settore del digitale che detengono una “importanza fondamentale per la concorrenza in più mercati”.

In particolare, la nuova norma della legge tedesca sulla concorrenza conferisce all’Autorità il potere, in una prima fase, di qualificare una determinata impresa come avente una “importanza fondamentale per la concorrenza in più mercati” e, in ragione di ciò, in un secondo momento, di intervenire nei confronti della stessa al fine di contrastare determinate condotte potenzialmente anticoncorrenziali.

Google era già stata individuata come impresa attiva nel settore del digitale avente una “importanza fondamentale per la concorrenza in più mercati” dal Bundeskartellamt con una decisione dello scorso dicembre.

Dall’introduzione di tale normativa, avvenuta nel gennaio 2021, l’Autorità ha avviato quattro procedimenti nei confronti di grandi operatori attivi nel settore del digitale.

L’Autorità per la concorrenza britannica avvia una consultazione su possibili indagini nel mercato dei “mobile browsers” e “cloud gaming”

Il 10 giugno 2022 la Competition and Markets Authority ha avviato una consultazione pubblica volta a vagliare l’opportunità di aprire procedimenti di indagine nei confronti di due big tech in relazione ai mercati dei “mobile browsers” e del “cloud gaming”.

Questa consultazione fa seguito al report, pubblicato in pari data, con il quale la CMA ha esposto gli esiti di alcuni studi di mercato in materia di “ecosistemi mobili” dai quali sarebbe emerso che le due big tech in questione detengano un potere di mercato significativo e radicato sui principali canali attraverso cui gli utenti possono accedere a contenuti online tramite i loro dispositivi mobili.

In ragione delle potenziali criticità anticoncorrenziali derivanti da tale situazione, tale per cui le due big tech sarebbero in grado di “dettare le regole del gioco” ed ostacolare la concorrenza, nonché alla luce di alcune segnalazioni pervenute alla sua attenzione, l’Autorità ha indetto la consultazione pubblica in commento.

La consultazione riguarda i mercati della fornitura delle applicazioni che consentono agli utenti di rete mobile di accedere al web (mobile browsers) e delle tecnologie alla base di tali applicazioni (mobile browsers engines), nonché il settore della distribuzione tramite app stores di servizi di “cloud gaming”, ossia servizi che consentono lo streaming di giochi da server remoti (cosiddetti “cloud”) sugli smartphone e tablet degli utenti, nel Regno Unito.

Su tali basi, l’Autorità ha invitato i soggetti interessati a presentare le proprie osservazioni in merito all’opportunità di intervenire nei mercati oggetto di consultazione pubblica entro il 22 luglio 2022.

Imposizione di prezzi ingiustificatamente onerosi nel settore farmaceutico: l’AGCM accerta un abuso di posizione dominante

Con provvedimento n. 30156, pubblicato sul Bollettino n. 21 del 6 giugno 2022, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha sanzionato per un totale di 3.5 milioni di euro alcune società appartenenti a un primario gruppo del settore farmaceutico, per un presunto abuso di posizione dominante nel mercato italiano della produzione e vendita di farmaci a base di acido chenodesossicolico (CDCA). Tali farmaci sono impiegati per la cura di una malattia rara che causa grave disabilità e può condurre a morte precoce.

In particolare, l’abuso sarebbe consistito nell’applicazione, al Servizio Sanitario Nazionale (SSN), di prezzi ingiustificatamente onerosi per la vendita di un “farmaco orfano” contenente il principio attivo CDCA. L’asserito abuso si inserirebbe nell’ambito di un’articolata strategia dolosamente preordinata nel tempo, nell’ambito della quale è stato anche adottato un comportamento dilatorio e ostruzionistico nella negoziazione del prezzo di rimborso del farmaco con l’Agenzia Italiana del Farmaco con lo scopo di ridurne il potere negoziale (fra l’altro, ritardando la comunicazione di informazioni e documenti relativi agli investimenti in ricerca e sviluppo e i costi sostenuti).

Riguardo all’ingiustificata onerosità del prezzo, l’AGCM ha richiamato il test elaborato dalla Corte di giustizia sin dalla sentenza United Brands (causa 27/76), evidenziando che l’analisi deve essere particolarmente rigorosa nei casi di prodotti dei quali i consumatori sono “completamente dipendenti”, come nel caso di farmaci “salva-vita”.

L’Autorità ha preliminarmente sostenuto che l’impresa dominante non ha mai definito il prezzo del farmaco orfano sulla base dei costi sostenuti, ma solo sulle aspettative circa il prezzo massimo che la domanda sarebbe stata disponibile a pagare.

Nel condurre l’analisi di eccessività del prezzo, l’AGCM ha poi in particolare adottato due diverse metodologie: una di natura finanziaria, l’altra di natura contabile. La prima ha preso in considerazione il “tasso interno di rendimento” del progetto relativo alla commercializzazione del farmaco orfano. La seconda ha parametrato i ricavi realizzati su un c.d. cost plus (corrispondente ai costi sostenuti, comprensivi di un ragionevole margine di redditività). Entrambe le metodologie hanno confermato l’eccessività del prezzo praticato.

Quanto all’iniquità del prezzo, l’Autorità ha valutato la sussistenza di ulteriori fattori non-cost related che potessero giustificare la predetta sproporzione. Sul punto, l’AGCM ha sostenuto che fosse necessario valutare l’iniquità del prezzo in senso assoluto e non con metodi comparativi. L’Autorità ha così ritenuto confermata anche l’iniquità in sé del prezzo del farmaco sulla base di fattori di tipo qualitativo, relativi: i) alla natura del prodotto; ii) agli (scarsi) investimenti in ricerca e sviluppo; iii) all’assenza di valore terapeutico aggiunto rispetto alle terapie preesistenti (sul punto, è emerso che parte della strategia abusiva dell’impresa dominante fosse differenziare artatamente il proprio farmaco orfano da un’asseritamente equivalente farmaco off-label); e iv) agli effetti della condotta sul SSN.

Analoghe condotte da parte della medesima impresa dominante sono già state sanzionate dall’autorità garante della concorrenza olandese, nonché sono oggetto di istruttorie di altre autorità garanti europee attualmente in corso.

Abuso di posizione dominante mediante diffusione di informazioni denigratorie su un concorrente: la Commissione europea avvia un’istruttoria

Con comunicato stampa del 20 giugno 2022, la Commissione europea ha reso noto di aver avviato un procedimento istruttorio, per un presunto abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 TFUE e dell’art. 54 dell’accordo sullo spazio economico europeo (SEE), nei confronti di un’impresa attiva nel mercato del trattamento medico con ferro per via endovenosa.

Più nel dettaglio, secondo l’ipotesi formulata dalla Commissione europea, l’impresa asseritamente in posizione dominante avrebbe posto in essere una condotta abusiva mediante la diffusione di informazioni denigratorie nei confronti del suo (potenzialmente) unico concorrente nel mercato rilevante. Secondo la Commissione, la condotta dell’impresa avrebbe avuto lo scopo di ostacolare la concorrenza da parte di imprese terze nei confronti del suo farmaco blockbuster per il trattamento medici con ferro per via endovenosa.

La Commissione ipotizza che l’asserita campagna denigratoria sia ormai in corso da diversi anni e si stia articolando nella diffusione di informazioni potenzialmente ingannevoli sulla sicurezza del prodotto concorrente. Tale campagna d’informazione asseritamente ingannevole, secondo la Commissione, sarebbe indirizzata principalmente verso i professionisti del settore medico e avrebbe altresì asseritamente ostacolato la diffusione nello SEE del medicinale concorrente.

Nell’avviare l’istruttoria, originata da una denuncia presentata dal concorrente asseritamente leso, la Commissione ha reso noto che si tratterebbe solo della seconda istruttoria avviata per fattispecie aventi ad oggetto possibili abusi di posizione dominante, con possibili effetti escludenti, rappresentati da condotte di denigrazione di prodotti concorrenti nell’industria farmaceutica. Il primo precedente riguardava un procedimento avviato nel marzo 2021 e tuttora in corso avente ad oggetto una condotta analoga nel mercato dei farmaci per la cura della sclerosi multipla.

L’avvio del procedimento appare d’interesse in quanto il presunto abuso ipotizzato dalla Commissione appare consistere nella “mera” diffusione di informazioni denigratorie, potenzialmente non veritiere, nei confronti di un concorrente.

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