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13 ottobre 20224 minuti di lettura

Le novità della settimana in materia di lavoro

Giurisprudenza

Corte di Cassazione, 6 ottobre 2022, n. 29059 - Sul mobbing

La vicenda in oggetto trae origine dal ricorso proposto per risarcimento danni derivanti da condotte asseritamente mobbizzanti.

Nella fase di merito, la domanda di risarcimento proposta dalla lavoratrice “gia' responsabile dei servizi finanziari e poi trasferita ai servizi sociali e cimiteriali” veniva rigettata. In particolare, la Corte di merito escludeva “che vi fosse stata prova dell'intento lesivo, sostenendo che esso risultava incompatibile con l'esistenza di comportamenti asseritamente dannosi, ma ascritti a due diverse compagini amministrative, il cui convergere in un medesimo atteggiamento persecutorio non era spiegabile”. Quanto al dedotto demansionamento, la Corte d'Appello riteneva che la stessa lavoratrice “avrebbe riconosciuto la corrispondenza delle nuove mansioni alla qualifica di appartenenza ed anche i testimoni non avevano riferito nulla di decisivo nel senso rivendicato dalla ricorrente, mentre scarsamente provata era l'assenza di dotazioni per i servizi che la ricorrente doveva svolgere, rispetto alle quali non risultava neanche che essa si fosse attivata per ovviare alle difficolta' eventualmente esistenti”.

La Corte di Cassazione ha affermato che “l'esistenza di un disagio lavorativo, su cui la ricorrente insiste ripercorrendo anche i dati istruttori, non e' dunque decisiva, proprio perche' alla base delle conclusioni assunte dalla Corte territoriale vi e' un giudizio di merito, non implausibile, che e' giuridicamente corretto per quanto appena detto e che rende superflua - anche al di la' dell'improprieta' della proposizione in sede di legittimita' di una diversa lettura dell'istruttoria ogni diversa considerazione; l'apprezzamento dell'insussistenza dell'esorbitanza rispetto ad una situazione di conflittualita' interpersonale esclude altresi' che si possa ragionare in termini di omessa pronuncia, perche' comunque l'accertamento fattuale svolto si colloca al di fuori della fattispecie del c.d. straining e dunque non ricorre errore di diritto”.

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 5 ottobre 2022, n. 28975 - Processo civile: Termine di impugnazione ordinanza ex art. 702 quater c.p.c.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno risolto un contrasto giurisprudenziale sorto anche alla luce “dell'orientamento assunto dalla sentenza della Corte di Cassazione 6 giugno 2018, n. 14478, secondo cui, in tema di procedimento sommario di cognizione, il termine per proporre appello avverso l'ordinanza resa in udienza e inserita a verbale decorre, pur se questa non sia stata comunicata o notificata, dalla data dell'udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a "comunicazione" ai sensi degli artt. 134 e 176 c.p.c.”. Tale principio è contario a quanto stabiliro dall’ordinanza resa dalla medesima Cassazione in data 18 maggio 2021 (n. 13439), secondo cui “il termine breve di impugnazione dell'ordinanza, a norma dell'art. 702 quater c.p.c., decorre(va) dalla comunicazione o dalla notificazione dell'ordinanza medesima”.

Dopo un attento e approfondito esame della normativa processuale e dei precedenti giurisprudenziali, le Sezioni Unite hanno deciso di accogliere quest’ultimo orientamento. Per poter impugnare un provvedimento, infatti, serve una conoscenza effettiva e non soltanto legale del provvedimento; se le due formalità mancano, l’ordinanza può comunque essere impugnata entro sei mesi dalla. Il termine breve per impugnare non può decorrere infatti dalla sola notizia del dispositivo anche poiché la parte soccombente ha bisogno della motivazione del provvedimento per esercitare il proprio diritto di difesa.

Alla luce di quanto sopra, le Sezioni Unite hanno chiarito che: “Il termine di trenta giorni di impugnazione dell’ordinanza ai sensi dell’articolo 702 quater Cpc decorre, per la parte costituita nelle controversie regolate dal rito sommario, dalla sua comunicazione o notificazione e non dal giorno in cui essa sia stata eventualmente pronunciata e letta in udienza, secondo la previsione dell’articolo 281 sexies Cpc. In mancanza delle suddette formalità, l’ordinanza può essere impugnata nel termine di sei mesi dalla sua pubblicazione, a norma dell’articolo 327”.


Per informazioni sulla presente newsletter si possono contattare i coordinatori Avv. Francesca Anna Maria De Novellis, Avv. Stefano Petri e Avv. Davide Maria Testa.

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