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29 marzo 20248 minuti di lettura

Le novità della settimana in materia di lavoro

Venerdì 29 marzo 2024
Giurisprudenza

Corte di Cassazione, 12 marzo 2024 n. 6468 - Licenziamento e permesso ex L. 104/1992

La sentenza in commento ha a oggetto l’utilizzo dei permessi ex art. 33 della L. n. 104/1992 e, in particolare, riprende il principio che ammette la possibilità da parte del datore di lavoro di demandare a un’agenzia investigativa di controllare il lavoratore che fruisce dei permessi, per verificare che non vi sia un utilizzo improprio degli stessi.

Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva confermato la pronuncia di primo grado con cui era stato ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare ex lege n. 92/2012 (cd. rito Fornero) intimato a una lavoratrice assentatasi in maniera ingiustificata “a seguito di anomali allontanamenti dal posto di lavoro, soprattutto in connessione con la fruizione di permessi ex lege n. 104/1992 in favore di genitori infermi”.

La Corte territoriale, pur ribadendo che non sia necessaria una stretta corrispondenza tra le ore di permesso e l’assistenza in favore del familiare, rilevava che fosse provato che la lavoratrice non avesse prestato la propria assistenza ai genitori disabili “in modo rilevante e significativo, essendosi dedicata ad altre attività” per una buona parte delle ore di permesso retribuito concesse a tale scopo, configurando pertanto tale comportamento un abuso del diritto.

Inoltre, la Corte respingeva il motivo di doglianza con cui la lavoratrice lamentava l’indebito controllo a mezzo di agenti investigativi da parte della banca datrice di lavoro, ritenendo al contrario che la banca avesse non solo “specificato chiaramente nella contestazione di addebito tutte le condotte imputate”, ma che avesse anche messo a disposizione della lavoratrice “tutta la documentazione posta a base degli accertamenti ispettivi”, agendo quindi in maniera del tutto legittima.

I giudici di appello ritenevano, da ultimo, che la lavoratrice avesse tenuto un comportamento complessivo tradottosi in un atto illecito, avendo dimostrato un sostanziale disinteresse rispetto alle esigenze aziendali, e così “integrando una grave violazione dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. idoneo a legittimare il recesso per giusta causa del datore di lavoro a maggiore ragione relativamente ad un settore di particolare delicatezza come quello bancario, nonché ad una qualifica così elevata” come quella ricoperta dalla lavoratrice. L’utilizzo dei permessi per scopi estranei a quelli per i quali erano stati concessi costituiva, pertanto, “comportamento oggettivamente grave, tale da determinare nel datore di lavoro la perdita della fiducia nei successivi adempimenti, ed idoneo a giustificare il recesso per giusta causa”.

La Suprema Corte, rigettando interamente il ricorso della lavoratrice e confermando interamente la statuizione dei giudici di secondo grado, riteneva che la sentenza impugnata fosse, contrariamente a quanto sostenuto dalla lavoratrice, conforme alla giurisprudenza di legittimità in tema di condotte abusive di lavoratori che fruiscano di sospensioni autorizzate del rapporto di lavoro per l’assistenza o la cura di soggetti protetti.

In aggiunta, la Corte ha ribadito il principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui è legittimo il controllo del dipendente demandato a un’agenzia investigativa da parte del datore di lavoro (nel caso di specie, della banca) ove lo stesso controllo non abbia ad oggetto la prestazione lavorativa, ma sia finalizzato alla verifica di comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti o integrare attività fraudolente, come nel caso dei permessi ex art. 33 della L. n. 104/1992.

Corte Suprema di Cassazione, 8 marzo 2024 n. 10076 - Sull’utilizzo delle videoregistrazioni

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla condanna di un dipendente per falsa attestazione della presenza in ufficio con mezzi fraudolenti.

Nel caso di specie, un dipendente del comune ha deciso di ricorrere per la cassazione della sentenza di appello che lo aveva condannato a risanare le spese in favore della parte civile. La vicenda ha a oggetto l’utilizzo delle videoregistrazioni in giudizio, le quali identificavano il dipendente come uno dei protagonisti della condotta vietata.

In riforma della sentenza di primo grado, la corte d’appello aveva dichiarato di non doversi procedere nei confronti del dipendente in quanto il reato di cui egli era accusato (e cioè la falsa attestazione della presenza in ufficio con mezzi fraudolenti, che era stato commesso in concorso con altri soggetti) si era estinto per prescrizione. La corte d’appello aveva dunque condannato il dipendente a pagamento delle spese in favore della parte civile.

Il dipendente ha, dunque, proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della suddetta corte, sostenendo che erano state violate alcune norme processuali poiché l'udienza di primo grado si era svolta in un luogo e in un momento diverso da quello concordato, con la presenza di un solo difensore d'ufficio, e che il tribunale si fosse limitato a constatare la nullità e a procedere con l'interrogatorio dei testimoni. Inoltre, il dipendente sosteneva che le videoregistrazioni che lo ritraevano come uno dei protagonisti del comportamento proibito fossero state effettuate senza il preventivo decreto autorizzativo.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dal dipendente ritenendo infondate entrambe le motivazioni. Infatti, con riguardo al primo motivo oggetto del ricorso, la Corte ha sottolineato che esso sia da identificare in una irregolarità processuale che non produce le nullità esposte all’interno del ricorso e che il tribunale aveva correttamente garantito l’esercizio del diritto di difesa. Per il secondo motivo (ossia l’utilizzo delle videoriprese) la Corte sostiene che, in tema di registrazioni occorre fare un distinguo tra comportamenti “comunicativi” e comportamenti “non comunicativi”: i primi, intercettabili solo previo provvedimento di autorizzazione dell’autorità giudiziaria, sono finalizzati a trasmettere il contenuto di un pensiero attraverso parole, gesti, espressioni o qualsiasi atteggiamento idoneo alla sua manifestazione; i secondi, invece, sono utilizzabili senza la necessità di alcuna autorizzazione preventiva se ripresi in luoghi pubblici, aperti al pubblico o esposti al pubblico e che rappresentano la sola presenza di cose o persone e i loro movimenti.

Nel caso in esame, trattandosi di riprese effettuate all’esterno degli uffici, ossia un luogo pubblico, si trattava di comportamenti non comunicativi e, dunque, la preventiva autorizzazione non risulta essere necessaria.

La Suprema Corte, come stabilito dalla sentenza in oggetto, ha dunque sancito che “i furbetti del cartellino possono essere condannati sulla base di videoriprese che, se fatte dentro e fuori dall'azienda, sono sempre utilizzabili perché non sono delle intercettazioni” e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e “della somma di €3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende”.

 

Contrattazione Collettiva

CCNL Terziario: raggiunto l’accordo di rinnovo

Il 22 marzo 2024 Confcommercio, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno sottoscritto l’accordo per il rinnovo del CCNL del Terziario, della Distribuzione e dei Servizi.

L’accordo, valido dal 1° aprile 2023 al 31 marzo 2027, prevede un aumento dei minimi retributivi pari a 240 euro per il IV livello di inquadramento, comprensivi di quanto già riconosciuto a dicembre 2022 con il Protocollo straordinario di settore. Sempre per il IV livello, è stata altresì riconosciuta una somma “Una Tantum” pari a 350 euro, da riparametrare per tutti gli altri livelli di inquadramento, che verrà erogata in due tranche di uguale importo a luglio 2024 e a luglio 2025.

Inoltre, nel rinnovato CCNL, sono stati affrontati altri temi cruciali, quali: (i) l’introduzione di nuove figure (ad esempio, il data entry agent o l’addetto e-commerce) nel sistema di classificazione del personale; (ii) il rinnovo della disciplina sui contratti a termine, in seguito alle intervenute modifiche legislative; (iii) l’attenzione a temi quali il contrasto alla violenza sulle donne e la parità di genere; (iv) l’innalzamento dell’indennità per le clausole elastiche per il part-time, come contrasto al lavoro disagiato; (v) al fine di incentivare la sanità integrativa, un aumento di 3 euro della quota datoriale per il contributo obbligatorio a favore del Fondo EST.

 

Prassi

INPS, Circolare 5/03/2024 n. 41 - Esonero contributivo per le assunzioni di donne vittime di violenza

L'Inps ha fornito le prime istruzioni sull'esonero contributivo introdotto dalla Legge di Bilancio 2024. Si tratta di un'esenzione del 100% dai contributi previdenziali (esclusi premi e contributi INAIL) fino a €8.000 all'anno per le assunzioni nel triennio 2024-2026 di donne disoccupate vittime di violenza e beneficiarie del Reddito di Libertà.

INL, Nota 07/03/2024 n. 1937 - Certificazione dei contratti nei lavori in ambienti sospetti di inquinamento

In ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la certificazione dei contratti di lavoro è obbligatoria solo per i contratti diversi dal lavoro subordinato a tempo indeterminato. L'Ispettorato del Lavoro ha recentemente cambiato la sua interpretazione della normativa, stabilendo che solo i contratti “atipici” come quelli a termine o di collaborazione sono soggetti a certificazione, escludendo quelli a tempo indeterminato. Precedentemente, l'Ispettorato aveva sostenuto che tutti i contratti, inclusi quelli dei lavoratori assunti a tempo indeterminato dall'impresa appaltatrice, dovessero essere certificati.


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