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25 gennaio 202423 minuti di lettura

Innovation Law Insights

25 gennaio 2024
Evento

European Gambling Regulation: Present and the Upcoming Future with AI

Come ogni anno, DLA Piper organizza il proprio evento dedicato alla normativa sul gambling presso il proprio ufficio di Londra, il 5 febbraio, il giorno prima dell’inizio della ICE Gaming conference. Quest’anno copriremo un numero ancora più vasto di giurisdizioni e discuteremo di intelligenza artificiale applicata al responsible gambling. Trovate i dettagli qui.

 

Data Protection & Cybersecurity

Il Tribunale di Roma annulla il provvedimento del Garante Privacy perché tardivo

Il Tribunale di Roma, con l’ordinanza n. 9551/2022 ha annullato il provvedimento del Garante Privacy impugnato di una nota società energetica perché tardivo.

La vicenda

Il procedimento avanti al Tribunale prende avvio dal ricorso proposto dalla società energetica (parte ricorrente) nei confronti del Garante (parte resistente), che ha impugnato il provvedimento con il quale il Garante le ha contestato ben 15 violazioni del GDPR, infliggendo una sanzione di oltre EUR26 Milioni.

In particolare, il Garante ha iniziato la sua attività di indagine verso la fine del 2018, a seguito di numerose segnalazioni e reclami pervenuti in tempi diversi, che sono stati accorpati e ‘cumulati’ dal Garante in quattro gruppi (o, come chiamate dal Garante e dal Tribunale stesso, in quattro CUM), a cui sono pervenute le richieste di informazioni del Garante.

Solo però più di due anni dopo le richieste di cui ai primi CUM, il Garante dava avvio al procedimento sanzionatorio, dandone comunicazione alla società.

Secondo il Garante, l’avvio del procedimento sanzionatorio sarebbe avvenuto nei termini, in quanto:

  • il Garante si avvale della norma derogatoria di cui all’Art. 2, co. 5, della L. 241/1990 che rimette alle autorità la facoltà di stabilire esse stessa i termini dei propri procedimenti (nel caso del Garante si tratta di 120 giorni);
  • il dies a quo (ossia, il momento da cui decorrono i termini) decorre dal momento in cui si conclude la valutazione dei fatti da parte dell’Autorità; e
  • in ogni caso il termine non è perentorio, ma bensì, ordinatorio, in assenza di un’espressa previsione di legge, essendo un termine che deriva da regolamenti interni dell’Autorità stessa.

I principi di diritto affrontati dal Tribunale

Il Tribunale afferma che, in linea generale, la certezza dei tempi entro i quali l’autorità deve iniziare e poi concludere il procedimento è requisito per il rispetto del diritto di difesa, per la certezza del diritto, e per la c.d. rule of law (che non tollera spazi di arbitrio della autorità).

Alla luce di ciò, i termini per concludere un procedimento, anche se dettati dal Garante stesso sulla base della norma derogatoria di cui all’Art. 2, co. 5, della L. 241/1990, non possono che ritenersi perentori, in quanto questo è presupposto irrinunciabile per l’effettivo rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento. Come afferma il Tribunale, un’incertezza rispetto a questi termini spalanca le porte all’arbitrio e alla disparità di Il dies a quo non può essere determinato al momento in cui si conclude la valutazione dei fatti da parte dell’Autorità, come invece affermato dal Garante. Questo perché tali valutazioni si formano nel segreto delle sue deliberazioni interne e non sono pertanto calcolabili (non potendo definirsi come termine).

Secondo il Tribunale, il dies a quo va individuato invece nella data in cui:

  • il Garante riceve le risposte alle sue richieste di informazioni, ed eventualmente, gli ulteriori chiarimenti;
  • nel caso di silenzio da parte del titolare, scade il termine assegnato al titolare per fornire risposta.

Le Conclusioni sul provvedimento tardivo del Garante Privacy

Per le ragioni di cui sopra, il Tribunale ritiene che la contestazione del Garante alle violazioni della società sia avvenuta ben oltre il termine di 120 giorni che il Garante avrebbe dovuto rispettare rispetto ai vari CUM, e che pertanto tale contestazione debba ritenersi illegittima e debba essere annullata.

Quanto disposto dal Tribunale è certamente un punto di svolta da tenere in considerazione quando si ricevono richieste di informazioni da parte del Garante: il non rispetto del termine dei 120 giorni dalle risposte del titolare per la contestazione della violazione, porta dunque all’illegittimità dell’atto, dovendo considerarsi tardivo.

Su un simile argomento può essere interessante il seguente articolo: Il Tribunale di Milano condanna Google sul diritto all’oblio a procedere con la deindicizzazione di alcuni siti e risarcire i danni.

 

Intellectual Property

Il concetto di same parties di cui all’articolo 33(4) dell’Accordo sul Tribunale Unificato dei Brevetti viene chiarito

L’Accordo sul Tribunale Unificato dei Brevetti (UPCA) prevede che le azioni di accertamento negativo della contraffazione e quelle di nullità sono di regola di competenza delle divisioni centrali. Tuttavia, nei casi in cui sia già pendente davanti ad una divisione locale o regionale un’azione di contraffazione tra le medesime parti (same parties), avente ad oggetto lo stesso titolo, quella divisione diviene competente anche per il giudizio di accertamento negativo di contraffazione o di nullità.

Nel caso di contestazioni sul punto, l’articolo 19, comma 1, lettera a) delle Rules of Procedure offre la possibilità di sollevare un’eccezione preliminare di incompetenza o di carenza di giurisdizione (Preliminary objection), entro un mese dalla notifica dell’atto introduttivo del giudizio, avanti la divisione centrale ove è stato instaurato il procedimento di nullità o di accertamento negativo di contraffazione.

Queste norme hanno trovato un’applicazione pratica nel procedimento n. UPC_CFI 255/2023, recentemente promosso da una società italiana produttrice di dispositivi medici davanti alla divisione centrale di Parigi, al fine di sentire dichiarare la nullità di un brevetto europeo di titolarità di una società concorrente. Nell’ambito di tale procedimento, la convenuta ha eccepito l’incompetenza della divisione centrale sulla base dell’articolo 33(4) dell’UPCA, sollevando una Preliminary objection.

Infatti, quest’ultima aveva precedentemente instaurato un procedimento per contraffazione relativo al medesimo brevetto davanti alla divisione locale di Monaco nei confronti di altre due società appartenenti allo stesso gruppo di quella italiana, tra cui la capogruppo.

In virtù di ciò, a suo avviso, la domanda di nullità avrebbe dovuto essere proposta davanti alla stessa divisione locale in via riconvenzionale, poiché le tre società del gruppo sarebbero da considerare come un’unica entità giuridica secondo la definizione di same parties” di cui all’articolo 33(4) dell’UPCA.

La Corte non ha però condiviso gli argomenti proposti dalla titolare del diritto e ha rigettato l’eccezione di incompetenza, soffermandosi sulla nozione di same parties, non compiutamente definita nell’UPCA.

Oggetto delle riflessioni della Corte è stata in primo luogo l’interpretazione letterale di tale concetto. Prendendo le mosse dagli artt. 46 e 47(6) dell’UPCA, relativi rispettivamente alla capacità giuridica e alle parti, i Giudici hanno affermato che la qualità di parte può essere attribuita a qualsivoglia persona fisica, giuridica o organismo e che il relativo accertamento deve in ogni caso avvenire sulla base della legge nazionale di questi ultimi.

Nel caso di specie, trattandosi di una società italiana, bisogna guardare alla normativa nazionale. Secondo quest’ultima, in primo luogo, per poter essere parte in un procedimento occorre essere passibili dei relativi effetti giuridici; in secondo luogo, la capacità giuridica è accordata a qualsiasi persona fisica o giuridica, nonché organismo al quale la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici.

La Corte si è poi soffermata sul fenomeno del cd. collegamento societario, invocato a sostegno della Preliminary objection, osservando che, anche laddove esso implichi la gestione di attività economiche coordinate, l'utilizzazione di sedi comuni e la proprietà in capo ad una o più società di parte delle azioni delle altre, tale collegamento non è idoneo a determinare l'esistenza di un nuovo soggetto di diritto o di un centro d'imputazione di rapporti diverso dalle società collegate.

Proseguendo la sua analisi, la Corte non ha inoltre ritenuto corretto invocare a sostegno dell’interpretazione del concetto di same parties gli articoli 21 e 22 della Convenzione di Bruxelles, giacché aventi finalità differente. Questi ultimi, infatti, sono volti a dirimere questioni di giurisdizione, invero inesistenti nel caso di specie, dal momento che l’organo giudiziario competente, ovvero l’UPC, è unico. Peraltro, l’UPCA già prevede autonome disposizioni volte a regolare la pendenza di procedimenti paralleli, e anche per questo non troverebbero in ogni caso applicazione le disposizioni contenute nella Convenzione di Bruxelles.

La Corte non ha condiviso neppure l’argomento, sollevato dalla convenuta, secondo cui l’entità italiana sarebbe una società di comodo (straw company) creata ad hoc per contestare i diritti di privativa della controparte la cui attività produrrebbe effetti solo a favore della società capogruppo. Infatti, secondo la Corte, non solo gli elementi invocati dalla convenuta sono insufficienti, ma non è neppure stata fornita alcuna prova di un accordo in tal senso tra la società italiana e la sua capogruppo.

Infine, la titolare del brevetto ha evidenziato come un’interpretazione estensiva del concetto di same parties sia pienamente in linea con la finalità perseguita dall’UPCA di garantire una giurisprudenza uniforme; il rigetto della Preliminary injunction potrebbe infatti a suo avviso causare la pendenza di due procedimenti analoghi avanti due diverse divisioni della Corte.

Anche tale argomento non ha tuttavia persuaso la Corte, che ha osservato che l’UPCA e le Rules of Procedure contengono numerose disposizioni volte a regolare i casi in cui vi siano più procedimenti paralleli pendenti aventi ad oggetto il medesimo titolo, e che, dunque, molteplici sono gli strumenti a disposizione dei Giudici per far fronte a simili scenari.

Sempre in materia di UPC può essere interessante l’articolo La Divisione centrale di Milano: competenze e prospettive future.

 

Life Sciences

Al via la riforma dell’AIFA

Il 15 gennaio 2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Ministeriale 8 gennaio 2024, n. 3 contenente il Regolamento recante modifiche al regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento dell’AIFA (Decreto).

Il Decreto – che entrerà in vigore il prossimo 30 gennaio – segna una svolta significativa, andando a introdurre cambiamenti sostanziali alla struttura e alle dinamiche decisionali dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

Le principali novità includono:

  • Abolizione del Direttore Generale – viene abolita la figura del Direttore Generale, le cui funzioni vengono ripartite tra il Presidente e due nuove figure dirigenziali: il Direttore Amministrativo e il Direttore Tecnico-Scientifico;
  • Istituzione della Commissione Scientifica ed Economica – vengono soppresse la Commissione Tecnico-Scientifica (CTS) e il Comitato Prezzi e Rimborso (CPR), le cui funzioni vengono assorbite dalla neoistituita Commissione Scientifica ed Economica del Farmaco.

Contenuto del Decreto di Riforma dell’AIFA

Nello specifico, il Decreto, emanato dal Ministero della Salute di concerto con il Ministero della Pubblica Amministrazione e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, apporta le seguenti modifiche alla struttura dell’AIFA:

1. Abolizione della figura del Direttore Generale: la figura del Direttore Generale viene abolita e il Presidente assume la legale rappresentanza di AIFA, semplificando così la struttura organizzativa. La nomina del Presidente dovrà avvenire attraverso un decreto del Ministro della Salute di concerto con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano (Conferenza Stato-Regioni), previo parere del Ministro dell'Economia e delle Finanze. L'incarico di Presidente sarà esclusivo, vietando qualsiasi altra attività professionale pubblica o privata, anche occasionale.

2. Nuove Figure Dirigenziali: sono introdotte le figure dirigenziali del Direttore Amministrativo e del Direttore Tecnico-Scientifico. Il primo avrà responsabilità sulla gestione amministrativa, mentre il secondo si occuperà degli aspetti tecnico-scientifici, apportando competenze specialistiche nel settore farmaceutico. In particolare:

  • il ruolo del Direttore Amministrativo sarà assegnato mediante decreto del Ministro della Salute, sentito il parere del Ministro dell'Economia e delle Finanze e della Conferenza Stato-Regioni. Il Direttore Amministrativo dovrà possedere una laurea magistrale o specialistica in materie giuridiche o economiche, o titoli equipollenti, insieme a una comprovata professionalità ed esperienza gestionale;
  • analogamente, l'incarico di Direttore Tecnico-Scientifico sarà conferito tramite decreto ministeriale, previo consulto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze e la Conferenza Stato-Regioni. Il Direttore Tecnico-Scientifico dovrà essere laureato in discipline sanitarie o titoli equipollenti, con esperienza tecnico-scientifica nel settore farmaceutico.

3. Soppressione della CTS e del CPR e istituzione della Commissione Scientifica ed Economica: la CTS e il CPR sono soppressi, sostituiti dalla Commissione Scientifica ed Economica del Farmaco che ne eredita le relative funzioni.

La Commissione Scientifica ed Economica del Farmaco, composta da dieci membri, sarà nominata dal Ministro della Salute. Il Direttore Tecnico-Scientifico di AIFA e il Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, o suo delegato, saranno membri di diritto. La composizione includerà quattro membri designati dal Ministro della Salute, uno dei quali fungerà da presidente, un membro designato dal Ministro dell'Economia e delle Finanze, e tre membri designati dalla Conferenza Stato-Regioni. I membri avranno un mandato di tre anni, rinnovabile una sola volta.

4. Modifica del Consiglio di Amministrazione: la composizione del Consiglio di Amministrazione subisce cambiamenti significativi. Sarà infatti costituito dal Presidente e da quattro componenti, di cui uno designato dal Ministro della Salute, uno designato dal Ministro dell'Economia e delle Finanze e due dalla Conferenza Stato-Regioni.

Iter e finalità della riforma

La riforma di AIFA è stata avviata nel novembre 2022 con il Decreto Legge n. 169. Tra gli obiettivi della riforma vi è quello di favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo farmaceutico in linea con la Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Il Decreto Legge 169/2022 rinviava a un decreto del Ministro della Salute la definizione della disciplina di dettaglio. Dopo aver ottenuto l’approvazione della Conferenza Stato-Regioni, il testo della riforma è stato inviato al Consiglio di Stato. Quest’ultimo, in seguito a un primo rinvio per acquisire la relazione tecnica sulle coperture finanziarie, ha emesso il proprio parere lo scorso 12 dicembre.

Con l’approvazione del Decreto, la riforma prende dunque ora il via e diventa effettiva a partire dal 30 gennaio 2024. Questo segna un nuovo capitolo nella regolamentazione dei medicinali in Italia, accelerando i processi di approvazione e modernizzando AIFA per rispondere meglio alle esigenze dei cittadini, come evidenziato dal Sottosegretario alla Salute Gemmato.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo Al via il nuovo regolamento sulle sperimentazioni cliniche.

 

Food and Beverages

Un brindisi al Prosecco, il marchio collettivo italiano vince in Cina contro l'Australia: Cin cin... o, meglio, Gān Bēi!

Nell’incessante battaglia a difesa delle eccellenze enogastronomiche italiane contro chiunque voglia imitarle utilizzando denominazioni ingannevoli e sfruttando la reputazione del Bel Paese, il Made in Italy festeggia una nuova importante vittoria.

Questa volta, il teatro del successo è la Cina, dove il Prosecco, gioiello dell’enologia italiana, ha ottenuto la definitiva registrazione del marchio collettivo 普罗塞克 (pronunciato Pu Luo Sai Ke), che sta per Prosecco in caratteri cinesi, dopo aver fronteggiato le contestazioni mosse dall’associazione australiana AGWI (Australian Wine and Grape Inc.).

Questo traguardo segna un punto di svolta nel riconoscimento e nella protezione del Prosecco come indicazione geografica (IG), affermandone il valore in uno dei mercati più strategici al mondo.

Prosecco: frizzantezza DOC

Da oltre 14 anni, il Prosecco è riconosciuto nell'Unione Europea come Denominazione di Origine Protetta (DOP). Le caratteristiche che lo rendono unico e inconfondibile sono dettagliate in un rigoroso disciplinare di 11 pagine. Si tratta di un vino originario delle regioni del Veneto e Friuli Venezia Giulia, realizzato principalmente con uva Glera (minimo 85%), e di cui esistono diverse tipologie: tranquillo, frizzante e spumante (anche rosé).

A controllare che la DOP Prosecco non venga usata impropriamente e, in particolare, per vini che non rispettano il disciplinare e i rigidi standard di qualità in esso previsti, troviamo il Consorzio di Tutela del Prosecco, che, tra le altre funzioni, svolge anche un’importante azione di tutela e promozione del prodotto sia a livello nazionale che internazionale, mirando a rafforzare il suo riconoscimento e apprezzamento come eccellenza italiana nel mondo.

Da Oriente a Occidente: un ponte di bollicine tra Italia e Cina!

È in quest’azione di tutela globale che si inserisce, appunto, il deposito del marchio collettivo Prosecco in Cina, a cui si è aggiunto successivamente il marchio costituito dalla traslitterazione di Prosecco in ideogrammi cinesi, "普罗塞克", contestato dall’AGWI. L’associazione australiana, infatti, interessata a esportare in questo mercato vini australiani etichettati come “prosecco, si è opposta sostenendo che Prosecco identificasse una varietà di vite e non un vino da tutelare come indicazione geografica.

Dopo due gradi di giudizio, la Beijing High Court ha respinto l’appello di AGWI e ha stabilito che Prosecco, anche nella sua forma traslitterata, è un marchio collettivo valido in Cina e un'indicazione geografica che può identificare esclusivamente il famoso vino italiano.

L’accordo bilaterale tra Cina e Europa: EU-CN GI Agreement

Il caso può essere meglio compreso alla luce dell’accordo bilaterale tra l’Unione Europea e la Cina sulle indicazioni geografiche. Questo accordo, che rappresenta la prima forma di intesa commerciale fra UE e Cina in materia, mira a proteggere le IG contro qualsiasi uso di un’indicazione geografica che identifichi un prodotto identico o simile non originario del luogo designato da tale indicazione geografica, anche se la vera origine del prodotto è indicata o l’indicazione geografica è tradotta, trascritta o traslitterata o accompagnata da termini quali «genere», «tipo», «stile», «imitazione» o simili (art. 4).

Tuttavia, per poter efficacemente azionare in Cina i diritti derivanti da una IG è necessario che le associazioni di riferimento registrino l’IG come marchio collettivo.

Nonostante ciò, è bene ricordare che, mentre l’indicazione geografica è strettamente correlata al prodotto stesso e alla sua origine geografica (e alle qualità attribuibili grazie a quella origine), il marchio collettivo indica che i prodotti contraddistinti dallo stesso provengono da aziende appartenenti ad un’associazione o a un consorzio.

Anche in Cina si brinda con il Prosecco DOP, esclusivamente italiano

La disputa del Prosecco è stata per la Beijing High Court una delle prime occasioni per confrontarsi con le implicazioni derivanti dall’accordo bilaterale EU-CN GI.

La decisione finale si è rivelata non solo una vittoria per il Prosecco italiano ma anche una conferma dell'importanza e dell'efficacia dell'accordo nel contesto internazionale. Il risultato ottenuto, implicante il riconoscimento internazionale dell'importanza delle indicazioni geografiche e dei marchi collettivi nel proteggere la qualità e l'autenticità dei prodotti enogastronomici, sottolinea il valore dell'unione tra innovazione, tradizione e collaborazione internazionale nel settore delle indicazioni geografiche.

A questo punto, non ci resta che festeggiare. Cin cin… o, come si direbbe in Cina, Gān Bēi!

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo DOP: la battaglia delle bollicine.

 

Technology Media and Telecommunication

L’AGCom approva il Regolamento recante disposizioni a tutela degli utenti finali in materia di contratti relativi alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche

Il 3 gennaio 2024 è stata pubblicata la delibera 307/23/CONS del 5 dicembre 2023 con la quale è stato approvato il regolamento recante disposizioni a tutela degli utenti in materia di contratti relativi alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche (Regolamento), all’esito della relativa consultazione pubblica avviata ad aprile 2023 con delibera 89/23/CONS.

La delibera 307/21/CONS apporta modifiche al previgente regolamento in materia di contratti tra operatori e utenti finali di cui alla delibera 519/15/CONS, al fine di adeguare la relativa disciplina alle nuove previsioni introdotte nel Codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. 259/2003) ad opera del d.lgs. 207/2021 (Codice).

Al Regolamento è allegato un documento avente ad oggetto le Modalità per la comunicazione agli utenti finali delle modifiche contrattuali e del conseguente diritto di recesso, ai sensi dell’art. 98 septiesdecies, comma 5, del Codice. Le previsioni del Regolamento si applicano ai contratti tra operatori e utenti finali (che comprendono sia gli utenti consumer sia gli utenti business), ad eccezione di quelle espressamente riguardanti consumatori e microimprese, piccole imprese e organizzazioni senza scopo di lucro.

Tra le principali novità si annovera l’introduzione di disposizioni riguardanti gli obblighi di informazione da applicare ai contratti, previste dall’art. 4 del Regolamento, che, nel precedente regolamento (di cui alla delibera 519/15/CONS) aveva ad oggetto gli obblighi informativi applicabili ai soli contratti conclusi a distanza o fuori dai locali commerciali.

Le informazioni che, a norma dell’art. 4 del Regolamento, i fornitori di servizi di comunicazione elettroniche devono fornire agli utenti finali riguardano tra l’altro (i) le principali caratteristiche di ogni servizio fornito; (ii) il prezzo e, ove applicabile, gli importi dovuti per l’attivazione del servizio di comunicazione elettronica in questione e per i costi ricorrenti o legati al consumo di traffico; (iii) la durata del contratto e le condizioni di rinnovo e di risoluzione; (iv) l’indennizzo e il rimborso e, se del caso, i diritti dei consumatori applicabili qualora non sia raggiunto il livello di qualità del servizio previsto dal contratto; (v) i prodotti e servizi destinati a utenti finali con disabilità; (vi) i mezzi con cui possono essere avviati i procedimenti di risoluzione delle controversie.

Inoltre, è previsto che gli operatori forniscano ai consumatori una sintesi contrattuale concisa e facilmente leggibile sulla base del modello previsto dal Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2243 della Commissione del 17 dicembre 2019, così come previsto anche dall’art. 98 quaterdecies del Codice.

Tra le principali novità si segnala altresì l’introduzione di specifiche disposizioni che disciplinano i casi di discrepanza delle prestazioni fornite dall’operatore rispetto a quanto promesso nel contratto e il corrispondente diritto di recesso (art. 6 bis); migrazioni e portabilità (art. 8 bis); pacchetti di servizi o di servizi e apparecchiature terminali (art. 8 ter); contratti con previsione di adeguamento all’indice dei prezzi al consumo (art. 8 quater).

Altre disposizioni disciplinano la libertà di scelta degli utenti e obblighi informativi (art. 3), la durata dei contratti (art. 5), la modifica delle condizioni contrattuali (art. 6), il mancato o ritardato pagamento di singoli servizi di comunicazioni elettroniche (art. 7), la cessazione del rapporto contrattuale (art. 8), la risoluzione delle controversie (art. 9), i codici di condotta ,volti a garantire che l’acquisizione dei clienti avvenga secondo criteri di buona fede, correttezza e trasparenza (art. 10); le sanzioni per la violazione del Regolamento (art. 11).

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo Consultazione AgCom sul regolamento sulla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche.


La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Arianna AngillettaEdoardo BardelliCarolina Battistella, Carlotta Busani, Giorgia Carneri, Silvia Cerrato, Maria Rita Cormaci, Camila Crisci, Cristina Criscuoli, Tamara D’Angeli, Chiara D’Onofrio, Federico Maria Di Vizio, Enila Elezi, Nadia Feola, Claudia Galatioto, Laura Gastaldi, Vincenzo GiuffréMarco Guarna, Nicola Landolfi, Giacomo Lusardi, Valentina Mazza, Lara Mastrangelo, Maria Chiara Meneghetti, Dalila Mentuccia, Deborah Paracchini, Tommaso Ricci, Miriam RomeoRebecca Rossi, Roxana Smeria, Massimiliano Tiberio, Alessandra Tozzi, Giulia Zappaterra.

Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea, Flaminia Perna e Matilde Losa.

Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena Varese, Alessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.

Scoprite Prisca AI Compliance, il tool di legal tech sviluppato da DLA Piper per valutare la maturità dei sistemi di intelligenza artificiale rispetto alle principali normative e standard tecnici qui.

È possibile sapere di più su Transfer, il tool di legal tech realizzato da DLA Piper per supportare le aziende nella valutazione dei trasferimenti dei dati fuori dello SEE (TIA) qui e consultare una pubblicazione di DLA Piper che illustra la normativa sul Gambling qui, nonché un report che analizza le principali questioni legali derivanti dal metaverso qui, e una guida comparativa delle norme in materia di loot boxes qui

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