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6 marzo 20243 minuti di lettura

UPC: la Corte d'Appello ribalta la decisione cautelare della divisione locale di Monaco

Il primo procedimento davanti all’UPC nel quale si era tenuta una udienza pubblica (UPC_CFI_2/2023), di cui vi avevamo parlato qui, torna oggi di attualità. In quella vertenza, che ha visto contrapposte due importanti realtà attive nel settore biotech, la divisione locale di Monaco nel settembre scorso aveva accolto la domanda della ricorrente, disponendo un ordine di inibitoria immediatamente esecutivo nei confronti della resistente, sul presupposto che il brevetto azionato fosse in modo altamente probabile valido e contraffatto. La resistente ha impugnato il provvedimento avanti la Corte d’Appello, la quale – a valle di una lunga ed articolata udienza di discussione orale tenutasi lo scorso dicembre – ha reso in data 26 febbraio la propria decisione, ribaltando il giudizio di prime cure (UPC_CoA_335/2023).

Uno dei motivi d’appello riguardava la (pretesa) errata interpretazione da parte dei giudici della divisione locale di Monaco di una specifica caratteristica della rivendicazione 1 del brevetto azionato, circostanza che ha portato la Corte a prendere le mosse proprio dal tema dell’interpretazione delle rivendicazioni brevettuali, sul quale peraltro si sono pronunciate di recente anche le divisioni locali di Düsseldorf e di Monaco (trovate il nostro contributo qui).

Al riguardo, i giudici della Corte hanno rivolto particolare attenzione al ruolo che devono rivestire la descrizione e i disegni nell’ambito dell’interpretazione delle rivendicazioni, ai sensi degli articoli 24(1)(c) UPCA e 69 CBE. Se da un lato, per definire l’ambito di protezione di un brevetto è imprescindibile partire dalla lettura delle sue rivendicazioni, dall’altro, secondo la Corte, non è sufficiente limitarsi al significato letterale delle stesse; fondamentale è dunque l’ausilio interpretativo fornito dalla descrizione e dai disegni, non solo quando si tratta di risolvere eventuali ambiguità del testo delle rivendicazioni.

Nell’argomentare tale principio, la Corte ha specificato che quanto precede non deve tradursi nell’utilizzo delle rivendicazioni come mere “linee guida”, né, tantomeno, in un’estensione del loro ambito di protezione fino a ricomprendere ciò che probabilmente il titolare avrebbe voluto rivendicare alla luce dell’esame della descrizione e dei disegni. Inoltre, la Corte ha ricordato che le rivendicazioni brevettuali devono essere interpretate dal punto di vista dell’esperto del ramo.

Nell’applicazione dei principi sopra enunciati, che secondo quanto affermato dai giudici valgono sia con riferimento al giudizio di accertamento della contraffazione che a quello di nullità del titolo, la Corte d’Appello ha ricordato che l’obiettivo da perseguire deve essere quello del bilanciamento tra una adeguata tutela del titolare della privativa e un sufficiente grado di certezza giuridica per i terzi.

Proseguendo il suo iter argomentativo, la Corte si è poi soffermata sui requisiti necessari al fine di concedere misure cautelari, con particolare riferimento al tema dell’onere della prova, da parametrarsi, in sede cautelare, al criterio del “sufficiente grado di certezza”, vale a dire in termini di probabilità e verosimiglianza.

Al riguardo, il Collegio ha confermato che spetta al titolare del brevetto provare, appunto con un sufficiente grado di certezza, la contraffazione, mentre il resistente ha l’onere di provare che vi è una maggiore probabilità che il brevetto non sia valido.

Nel caso specifico la Corte, contrariamente a quanto affermato dalla divisione locale di Monaco, ha ritenuto che la validità del brevetto azionato dalla richiedente non fosse probabile al punto da giustificare la misura cautelare richiesta dal ricorrente.