
1 ottobre 2020
Le novita della settimana in materia di lavoro
Giurisprudenza
Corte di Cassazione, Sentenza del 23 settembre 2020 n. 19982 - Verbali di accertamento dell’INPS: valore probatorio
La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sull’attendibilità del verbale redatto dagli ispettori dell’INPS circa la natura subordinata dell’attività lavorativa svolta da un lavoratore per una società.
Nel caso di specie, in seguito a un’ispezione, l’INPS ha redatto un verbale ispettivo avente a oggetto la riqualificazione in rapporti di lavoro subordinato alle dipendenze di una società di tre rapporti lavorativi originariamente ricondotti nell’ambito di un subappalto.
La corte d’appello “ha accolto l’impugnazione proposta dall’Inps nei confronti della società avverso la sentenza di primo grado di accoglimento della domanda di accertamento negativo della pretesa contributiva, formulata dall’Inps in seguito ad accertamento ispettivo, relativa alla qualificazione in termini di lavoro subordinato e non di sub appalto” dei rapporti intercorsi con i tre lavoratori. In particolare, la Corte territoriale ha rilevato che “seppure la sentenza di primo grado non poteva dirsi affetta da nullità in ragione dell’asserita carenza di motivazione in ordine al regime del riparto dell’onere della prova, che non costituisce capo autonomo di domanda, dalle risultanze istruttorie emerse in primo grado si evinceva che le dichiarazioni rese agli ispettori da tale T. e dal geometra C. (su aspetti decisivi per il giudizio, quali: proprietà degli strumenti di lavoro, modalità di pagamento, criterio di determinazione della somma spettante in base alle ore lavorate e modalità di espletamento dell’attività lavorativa) si ponevano in contrasto insanabile con quelle rese nel corso del giudizio, ed alle prime, in quanto rese nell’immediatezza, andava riconosciuta maggiore attendibilità, anche in considerazione del valore da riconoscere ai verbali ispettivi quanto ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza (artt. 2699 e 2700 c.c.) e della contraddittorietà, anche rispetto alla tesi della società sulla pluralità dei contratti di sub appalto, delle dichiarazioni testimoniali rese in giudizio”. Inoltre, ha proseguito la Corte, “la documentazione offerta solo in giudizio e non agli ispettori (contratti del tutto privi di indicazione delle opere da realizzare e dei cantieri da costituire, con la sola previsione di pagamento a seguito di rilascio di fattura, elenchi delle attrezzature privi di date e verbali interni mal concilianti con le fatture; comunicazioni ai Comuni committenti che non si correlavano interamente per tempi ai contratti di sub appalto) non poteva assumere rilievo favorevole alla tesi della società ed anzi consentiva di accordare maggiore pregnanza alle concrete modalità di espletamento dell’attività che andavano sussunte all’interno dello schema della subordinazione”.
La Corte di Cassazione, a conferma della decisione dei giudici di appello, ha affermato che “la giurisprudenza di questa Corte di legittimità formatasi in ordine alla valenza probatoria dei verbali ispettivi redatti dagli ispettori del lavoro, o comunque dai funzionari degli enti previdenziali, secondo la quale essi fanno fede fino a querela di falso, ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., solo relativamente alla loro provenienza dal sottoscrittore, alle dichiarazioni a lui rese ed agli altri fatti che egli attesti come avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e, coerentemente, ha ritenuto coperta da fede privilegiata la circostanza che le risposte fornite dal T. fossero quelle effettivamente riportate in verbale, ferma restando la necessità di sottoporre i loro contenuti al vaglio complessivo di tutte le ulteriori acquisizioni probatorie; … si è, dunque, fatta corretta applicazione del principio espresso da questa Corte secondo il quale nel giudizio promosso dal contribuente per l’accertamento negativo del credito previdenziale, incombe all’INPS l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa contributiva, che l’Istituto fondi su rapporto ispettivo. A tal fine, il rapporto ispettivo dei funzionari dell’ente previdenziale, pur non facendo piena prova fino a querela di falso, è attendibile fino a prova contraria, quando esprime gli elementi da cui trae origine (in particolare, mediante allegazione delle dichiarazioni rese da terzi), restando, comunque, liberamente valutabile dal giudice in concorso con gli altri elementi probatori”.
Corte di Cassazione, Sentenza del 17 settembre 2020 n. 19416 - Licenziamento collettivo e criteri di scelta
La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di un licenziamento collettivo di un’unità produttiva senza indicazione, nella comunicazione ex art. 4, comma 3, legge n. 223/1991, delle ragioni alla base del licenziamento ai dipendenti dell’unità produttiva in questione.
Nel caso di specie la corte d’appello, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava illegittimo il licenziamento collettivo intimato da una società a una lavoratrice (inquadrata nel V livello del CCNL Metalmeccanici privati con mansioni di analista funzionale presso un’unità produttiva) e condannava la società al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto ex art. 18, comma 5, della legge n. 300 del 1970.
La Corte territoriale riteneva che il licenziamento intimato ex lege n. 223 /1991 - limitato alla sola sede aziendale dell’unità produttiva in questione - risultava affetto da violazione procedurale consistente nella rappresentazione, nell’ambito della comunicazione di cui all’art. 4, comma 9, legge n. 223/1991, di uno stato di crisi economica di tutte le attività svolte nella provincia di Napoli dovuta alla perdita di due commesse “carente della illustrazione relativa alla situazione specifica del personale delle altre unità produttive necessaria ai fini della valutazione della infungibilità e dedotta obsolescenza delle mansioni svolte dagli addetti alla sede in crisi, con conseguente assenza di giustificazione della limitazione della platea dei lavoratori da licenziare alla sola sede di Casavatore”.
La Corte di Cassazione, a conferma della decisione dei giudici di appello, ha affermato che: “In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore ove ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive, tuttavia è necessario che queste siano coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione di cui all’art. 4, terzo comma, legge n. 223 del 1991 ed è onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata. Ben può quindi il datore di lavoro circoscrivere ad una unità produttiva la platea dei lavoratori da licenziare ma deve indicare nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti”.
La Suprema Corte ha poi specificato che “la delimitazione della platea dei lavoratori destinatari del provvedimento di messa in mobilità o di licenziamento è condizionata agli elementi acquisiti in sede di esame congiunto nel senso cioè che, ove non emerga il carattere infungibile dei lavoratori collocati in CIGS o comunque in difetto di situazioni particolari evidenziate sempre in sede di esame congiunto, la scelta deve interessare i lavoratori addetti all’intero complesso. Qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad una unità produttiva o ad un settore dell’azienda, la comparazione dei lavoratori, al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità, può essere limitata agli addetti all’unità o al settore da ristrutturare, in quanto ciò non sia l’effetto dell’unilaterale determinazione del datore di lavoro, ma sia obiettivamente giustificato dalle esigenze organizzative fondanti la riduzione del personale”.
Prassi
INPS - Circolare del 29 settembre 2020 n. 111: COVID-19 - Chiarimenti in materia di proroga della NASpI e DIS-COLL
L’Inail ha fornito le istruzioni amministrative in materia di proroga delle indennità di disoccupazione NASpI e DIS-COLL, nonché in materia risoluzione del rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale e accesso all’indennità NASpI, di cui all’articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 104 del 2020.
INL - Circolare del 25 settembre 2020 n. 111: COVID-19 - Chiarimenti in materia di procedure amministrative e conciliative effettuabili da remoto
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha fornito chiarimenti in merito alle procedure amministrative e conciliative di competenza dell’Ispettorato nazionale del lavoro da effettuare attraverso strumenti di comunicazione da remoto.
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