
29 dicembre 2022 • 25 minuti di lettura
Antitrust Bites - Newsletter
30 Dicembre 2022La Corte di Giustizia si pronuncia sulla portata dell’ordine di esibizione di prove nei giudizi per il risarcimento del danno antitrust
Con la sentenza resa il 10 novembre 2022 sul caso C‑163/21 la Corte di Giustizia dell’UE si è pronunciata sulla portata dell’art. 5 della Direttiva 2014/104/UE, che stabilisce norme applicabili ai giudizi civili per il risarcimento del danno causato da violazioni del diritto antitrust. La disposizione in esame disciplina il regime della divulgazione delle prove prevedendo la possibilità per i giudici nazionali di ordinare al convenuto in un giudizio per il risarcimento del danno antitrust, o a un terzo, la divulgazione delle prove rilevanti che rientrino nel suo controllo, su istanza motivata della parte attrice. La disposizione è recepita nell’ordinamento italiano dall’art. 3 del D. Lgs. del 19 gennaio 2017, n. 3.
La sentenza trae origine da una domanda pregiudiziale con la quale è stato chiesto alla Corte se l’art. 5 della Direttiva debba essere interpretato nel senso che la “divulgazione di prove rilevanti si riferisce solo a documenti che rientrano nel controllo del convenuto o del terzo” o se la disposizione includa anche la possibilità di ordinare la divulgazione di documenti che il soggetto cui l’ordine è rivolto “debba creare ex novo, mediante l’aggregazione o la classificazione di informazioni, conoscenze o dati in suo possesso”.
La Corte ha risolto la questione pregiudiziale dichiarando che l’ordine di divulgazione delle prove rilevanti rientranti nel controllo del convenuto in un giudizio per il risarcimento del danno antitrust, o di un terzo, include anche gli elementi di prova che la parte destinataria dell’ordine dovrebbe creare ex novo, mediante l’aggregazione o la classificazione di informazioni, conoscenze o dati in suo possesso. Al giudice nazionale chiamato a decidere sulla richiesta di esibizione spetta di limitare la divulgazione delle prove a ciò che è pertinente, proporzionato e necessario.
La decisione della Corte si fonda essenzialmente sulle seguenti considerazioni.
- Il fatto che alla parte attrice, istante dell’ordine di esibizione, siano forniti solo “documenti grezzi preesistenti” potrebbe rispondere in maniera imperfetta alla sua richiesta, ove invece è necessario applicare la disposizione in esame (art. 5, par. 1, primo comma, della Direttiva) in “maniera efficace per fornire alle parti lese strumenti idonei a compensare l’asimmetria informativa tra le parti della controversia”.
- Escludere a priori la possibilità di ordinare la divulgazione di documenti o di altri elementi di prova che il soggetto destinatario dell’ordine dovrebbe creare ex novo costituirebbe un ostacolo all’applicazione del diritto antitrust nel contesto dei giudizi civili per l’accertamento di violazioni della disciplina della concorrenza e il risarcimento del danno conseguente (c.d. private enforcement), ove invece l’agevolazione del private enforcement costituisce l’obiettivo primario della Direttiva.
- La Direttiva prevede inoltre che i giudici nazionali debbano effettuare un esigente esame dell’istanza di esibizione presentata dall’attore relativamente alla “rilevanza delle prove richieste, il collegamento tra tali prove e la domanda di risarcimento presentata, il carattere sufficiente del grado di precisione di dette prove e la loro proporzionalità”. I giudizi nazionali sono dunque chiamati a valutare se la richiesta di divulgazione di prove realizzate ex novo sulla base di elementi preesistenti nel controllo del convenuto, o del terzo, rischi di far gravare “un onere sproporzionato sulla parte convenuta o sul terzo interessato, indipendentemente dal fatto che si tratti del costo o dell’onere di lavoro che tale domanda provocherebbe”.
Privilegio legale: verso un’estensione?
Nella sentenza resa l’8 dicembre 2022 sul caso C-694/20 la Corte di Giustizia ha affermato alcuni principi generali in materia di riservatezza delle comunicazioni tra avvocato e cliente che sembrerebbero ampliare l’ambito di operatività del privilegio legale oltre i confini precedentemente tracciati.
La sentenza trae origine da una richiesta di rinvio pregiudiziale formulata da una Corte belga in relazione alla validità di talune disposizioni della normativa fiamminga relativa alla cooperazione amministrativa in materia fiscale che impongono l’obbligo per un avvocato che agisce in qualità di intermediario di informare altri soggetti della propria impossibilità ad adempiere agli obblighi di comunicazione su contribuenti in relazione ai quali è tenuto al segreto professionale in ragione dell’assistenza prestata.
La Corte ha sottolineato che l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’art. 8 CEDU accordano una tutela rafforzata alle comunicazioni tra avvocati e i loro clienti, che copre non solo l’attività di difesa, ma anche la consulenza legale, tanto con riguardo al suo contenuto che alla sua esistenza.
Tali rilievi mostrano un approccio interpretativo al legal professional privilege apparentemente più estensivo di quello seguito dalla precedente giurisprudenza della Corte di Giustizia formatasi con riguardo ai procedimenti antitrust.
Nei precedenti in materia (v. in particolare il caso Akzo) la Corte di Giustizia aveva infatti posto una duplice condizione all’opponibilità nei confronti delle autorità antitrust del legal privilege in relazione a comunicazioni con avvocati: (i) l’esistenza di una connessione tra la comunicazione dall’avvocato e l’esercizio del diritto di difesa del cliente; (ii) la provenienza della comunicazione da un avvocato indipendente. La prima condizione ha determinato incertezze applicative, in particolare per le comunicazioni per le quali non è di immediata evidenza la connessione con l’attività di difesa del cliente.
I principi affermati ora dalla Corte di Giustizia sembrano superare la prima delle due condizioni riconoscendo l’ambito di operatività del legal professional privilege a tutte le comunicazioni provenienti dagli avvocati indipendenti, e chiariscono che il legal privilege copre non solo il contenuto della comunicazione avvocato-cliente ma anche l’esistenza stessa della comunicazione.
Le conclusioni dell’AG Rantos sul caso European Super League: gli statuti di FIFA e UEFA sono compatibili con il diritto della concorrenza UE
In data 15 dicembre 2022, l’Avvocato Generale Rantos ha presentato le proprie conclusioni nella causa C-333/21, avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale promossa dal Juzgado de lo Mercantil di Madrid, adito dall’European Super League Company (“ESLC”).
La controversia principale nasce dalle dichiarazioni congiunte rilasciate dalla FIFA (Fédération internationale de football) – l’organo esecutivo del calcio a livello mondiale– e dall’UEFA (Unione Europea delle Federazioni Calcistiche) – l’organismo direttivo del calcio a livello europeo – per manifestare il proprio dissenso rispetto all’iniziativa promossa da ESLC, società composta da prestigiosi club europei, volta ad organizzare l’European Super League (“ESL”), competizione europea annuale di calcio. Secondo il progetto dell’ESLC tale competizione sarebbe indipendente dalla UEFA, ma i club partecipanti continuerebbero a prendere parte alle competizioni calcistiche organizzate da FIFA e UEFA, nonché dalle federazioni nazionali di calcio. FIFA e UEFA hanno manifestato il loro rifiuto a riconoscere l’ESL e hanno avvisato che qualsiasi giocatore o club partecipante alla nuova competizione sarebbe stato espulso dalle competizioni organizzate dalla FIFA e dalle sue confederazioni.
La questione centrale del quesito rivolto alla Corte di Giustizia è se le norme degli statuti di FIFA e UEFA che richiedono l’autorizzazione preventiva per qualunque nuova competizione, prevedono sanzioni per il caso di violazione e conferiscono alla FIFA e UEFA la commercializzazione esclusiva di tutti i diritti sportivi relativi alle competizioni sotto la loro giurisdizione siano compatibili con il diritto della concorrenza UE.
Nelle proprie conclusioni, l’AG Rantos prende le mosse dal “modello sportivo europeo” delineato dall’art. 165 TFUE, che persegue come obiettivo la promozione di competizioni aperte e accessibili a tutti, nell’ambito di un sistema trasparente che si fondi sul merito sportivo. Secondo l’AG, l’art. 165 TFUE rappresenta una norma speciale rispetto alle previsioni generali di cui agli artt. 101 e 102 TFUE, che può essere utilizzata come standard per l’interpretazione e l’applicazione delle disposizioni del diritto della concorrenza al settore sportivo.
Su tale base, l’AG rileva che misure che perseguono gli obiettivi di cui all’art. 165 TFUE possono essere escluse dall’ambito di applicazione dell'art. 101 TFUE, a condizione che siano necessarie al raggiungimento di tali obiettivi e proporzionate.
L’AG nelle sue conclusioni giudica le disposizioni statutarie oggetto di analisi come inerenti al perseguimento di legittimi obiettivi relativi alla specifica natura dello sport, in quanto dirette inter alia a mantenere saldi i principi della partecipazione basata sul merito, delle pari opportunità e della solidarietà su cui si fonda la struttura del calcio europeo, e proporzionate al conseguimento di tali obiettivi; le sanzioni rivolte ai singoli calciatori che avessero partecipato alla ESL, sono state invece giudicate contrarie al principio di proporzionalità nella misura in cui non consentano loro di giocare nelle squadre nazionali di calcio.
Alla luce di ciò, l’AG conclude che le disposizioni statutarie relative al regime autorizzatorio, sanzionatorio e di commercializzazione dei diritti relativi alle competizioni sportive, non siano in contrasto con il diritto della concorrenza dell’UE, fatta eccezione per la minaccia di sanzioni individuali nella misura di cui sopra.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato irroga sanzioni di 5 milioni di euro nel settore dell’energia elettrica per pratiche commerciali scorrette
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) con un provvedimento del 2 novembre 2022 ha irrogato diverse sanzioni amministrative, complessivamente pari circa a 5 milioni di euro, a società operanti nel settore dell’energia per violazione della normativa in materia di pratiche commerciali scorrette.
Il procedimento trae origine da segnalazioni di consumatori e associazioni di consumatori riguardanti la diffusione da parte delle agenzie partner degli operatori coinvolti nel procedimento di un messaggio preregistrato da una segreteria telefonica dell’operatore energetico e dai call center contente informazioni ingannevoli in merito:
- alla presunta data di cessazione, indicata dagli operatori come “imminente”, del mercato tutelato nel settore dell’energia, e invece attualmente prevista per il 10 gennaio 2024, alle volte prospettando come “obbligatorio” il passaggio al mercato libero;
- alla necessità di dover stipulare un contratto sul mercato libero con lo stesso operatore sanzionato;
- alla sostanziale continuità dei servizi di gas e luce offerti in regime di mercato libero con il regime di mercato tutelato.
L’AGCM ha anche rilevato profili di aggressività per le insistenti e ripetute telefonate ai consumatori (effettuate anche più volte nella stessa giornata), alcuni dei quali non avevano prestato un consenso esplicito ad essere contattati per finalità di marketing. Una ulteriore criticità è stata individuata per alcune delle agenzie partner, che hanno consapevolmente svolto la propria attività di vendita avvalendosi di sub agenzie e di singoli agenti, non autorizzati dall’operatore energetico, disponendo indebitamente di liste di clienti appartenenti al mercato tutelato. Alla luce di quanto sopra, l’AGCM ha accertato una violazione degli artt. 20, 21, 24 e 25 del Codice del Consumo.
L’Autorità ha ritenuto che tali condotte integrassero una pratica commerciale scorretta perché idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore in relazione, peraltro, ad un servizio di interesse primario, quale quello della fornitura dei servizi di energia.
L’Autorità ha accertato la responsabilità degli operatori per aver agito senza la necessaria diligenza professionale, non avendo implementato un efficace sistema di controllo sulle modalità con cui le agenzie partner, le subagenzie e gli agenti ad esse collegati, contattavano la clientela ed acquisivano nuovi contratti sul mercato libero dell’energia. Non sono stati ritenuti sufficienti ad escludere l’accertamento dell’infrazione l’adozione di un meccanismo di controllo post-vendita di “check e quality calls”, consistente in chiamate finalizzate ad avere conferma del ricevimento del materiale contrattuale e conferma dell’effettiva volontà del cliente a procedere con la stipula, e l’adozione di una procedura che demandava alle agenzie, il compito di depurare le liste inizialmente acquisite sul mercato, dai nominativi non consensati o deduplicati (c.d. “deduplica”), in quanto non assistita da controllo successivo da parte dell’operatore e comunque rivelatasi non sufficiente ad impedire che subagenzie e singoli agenti contattassero e contrattualizzassero nominativi non inclusi nelle liste precedentemente controllate e provenienti da liste indebitamente possedute.
L’AGCM adotta la Comunicazione relativa alle operazioni di concentrazione sotto-soglia
Nel bollettino n. 46/2022 del 27 dicembre scorso, l’AGCM ha pubblicato la Comunicazione “relativa all’applicazione dell’articolo 16, comma 1-bis, della legge 10 ottobre 1990, n. 287”, adottata all’esito della consultazione pubblica conclusa il 26 novembre scorso. Con la Comunicazione l’AGCM intende definire, in conformità all’ordinamento dell’Unione europea, le regole procedurali per l’applicazione del novello articolo 16, comma 1-bis, della legge n. 287/90 disciplinante il controllo di talune operazioni di concentrazione che non soddisfano le soglie cumulative di fatturato previste dall’art. 16, primo comma, della legge 287/1990 (c.d. operazioni di concentrazione “sotto-soglia”), e chiarire l’ambito di applicazione della nuova norma.
Come si ricorderà, ad opera della legge 5 agosto 2022, n. 118 è stato introdotto il comma 1-bis dell’art. 16 della l. 287/1990, in virtù del quale è adesso previsto che l’AGCM può richiedere alle imprese interessate la notifica di una concentrazione sotto-soglia laddove siano contemporaneamente soddisfatte le seguenti condizioni:
- sia superata una delle due soglie di fatturato previste dal primo comma dell’art. 16, oppure sia superata la soglia dei 5 miliardi di euro di fatturato totale a livello mondiale da parte dell’insieme delle imprese interessate;
- sussistano concreti rischi per la concorrenza nel mercato nazionale o in una sua parte rilevante, tenuto anche conto degli effetti pregiudizievoli per lo sviluppo di imprese di piccole dimensioni caratterizzate da strategie innovative;
- non siano trascorsi oltre sei mesi dal “perfezionamento dell’operazione”, ossia dal momento in cui, come specificato nella Comunicazione, “si produce l’effetto di acquisizione del controllo”, che nel caso di operazioni negoziali complesse può coincidere con la conclusione del contratto definitivo (c.d. closing) o con il momento in cui si realizza il passaggio del controllo.
Se l’Autorità viene a conoscenza di un’operazione di concentrazione che prima facie soddisfi tali condizioni, può richiedere a ciascuna delle imprese interessate di notificare l’operazione. La notifica dovrà essere effettuata entro 30 giorni dalla richiesta (salvo proroghe). Se l’Autorità ritiene che l’operazione di concentrazione sia suscettibile di essere vietata ai sensi dell’art. 6 della l. 287/90 avvia l’istruttoria entro 30 giorni dal ricevimento della notifica completa.
Nella Comunicazione l’AGCM indica i criteri che saranno applicati per valutare il fumus di concreti rischi anticoncorrenziali.
In generale, l’Autorità valuterà tale profilo tenendo in considerazione tutte le caratteristiche rilevanti delle imprese interessate e dei mercati in cui esse operano, prime fra tutte le quote di mercato e il grado di concentrazione.
In ogni caso, potranno assumere rilevanza altre circostanze come, ad esempio, la particolare forza competitiva di un’impresa e la sua possibilità di accedere a “beni significativi dal punto di vista della concorrenza”, quali materie prime, infrastrutture, dati o diritti di proprietà intellettuale.
Anche laddove nessuna delle imprese interessate realizzi fatturato in Italia, l’Autorità potrà valutare l’idoneità dell’operazione ad incidere sulla concorrenza nel mercato nazionale o in una sua parte rilevante, alla luce delle caratteristiche specifiche di tale operazione e delle imprese coinvolte.
Le imprese interessate possono in ogni caso procedere alla comunicazione volontaria della concentrazione di cui sono parte qualora ritengano che l’operazione rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 16, co. 1-bis della l. 287/1990. L’Autorità, valutate le informazioni fornite, comunicherà alle imprese se essa intenda richiedere la notifica dell’operazione ai sensi dell’articolo 16, co. 1-bis entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione volontaria.