
30 ottobre 2023 • 14 minuti di lettura
Antitrust Bites - Newsletter
Ottobre 2023IL TAR LAZIO TORNA AD ANNULLARE UN PROVVEDIMENTO AGCM IN RAGIONE DEL TARDIVO AVVIO DELL’ISTRUTTORIA
A pochi mesi di distanza dal rinvio pregiudiziale disposto dal TAR Lazio con ordinanza del 2 agosto 2023, n. 13016 (commentato nell’ultimo numero della newsletter), il TAR Lazio è tornato ad applicare il principio secondo cui la tardività dell’avvio dell’istruttoria da parte dell’AGCM determina l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio.
In particolare, con sentenza del 9 ottobre 2023, il TAR Lazio ha annullato il provvedimento sanzionatorio adottato dall’AGCM all’esito del procedimento I845, sulla base della rilevata tardività dell’avvio del procedimento, avvenuto a distanza di oltre due anni dal ricevimento della segnalazione da parte dell’AGCM.
In questo caso, il TAR Lazio ha ravvisato la tardività dell’avvio del procedimento prescindendo dalla “stretta applicazione” del termine decadenziale di 90 giorni di cui all’art. 14 l. 689/1981 e invece facendo applicazione di principi generali come quelli di buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa.
Secondo il TAR Lazio, infatti, nel caso di specie l’AGCM avrebbe potuto acquisire tutte le informazioni necessarie per “tratteggiare gli elementi base dell’illecito” e decidere se avviare o meno l’istruttoria in un lasso di tempo di molto inferiore rispetto a quello effettivamente decorso. E ad imporre il rispetto di un termine ragionevolmente congruo (dalla piena conoscenza della condotta illecita) per avviare l’istruttoria, sarebbero i principi generali dell’ordinamento nazionale di legalità, buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa, nonché i principi sovranazionali di cui all’art. 6 CEDU e 41 della Carta Fondamentale dei diritti UE.
Pertanto, se da un lato sarà di certa importanza la pronuncia interpretativa della Corte di Giustizia UE in merito all’applicabilità del termine decadenziale di cui all’art. 14 l. 689/1981 all’avvio dei procedimenti dell’AGCM, dall’altro la sentenza in commento rende evidente l’intenzione del giudice amministrativo di ritenere in ogni caso suscettibili di annullamento – anche a prescindere dalla “stretta” applicazione dell’art. 14 – i provvedimenti adottati dall’AGCM in esito di procedimenti non avviati nel rispetto di tempistiche ragionevoli ed effettivamente parametrate alla complessità del caso.
LA QUALIFICAZIONE DEGLI SCAMBI DI INFORMAZIONI COME RESTRIZIONE DELLA CONCORRENZA PER OGGETTO: LE CONCLUSIONI DELL’AG RANTOS
Lo scorso 5 ottobre 2023, l’Avvocato Generale (“AG”) Rantos ha rassegnato le proprie conclusioni nella causa C-298/22, avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale formulata dal Tribunale portoghese della concorrenza in merito all’interpretazione dell’art. 101, paragrafo 1, TFUE, con riguardo alle condizioni in presenza delle quali uno scambio di informazioni tra imprese possa essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto.
Il procedimento principale riguarda la decisione con cui l’Autorità garante della concorrenza portoghese ha accertato l’esistenza di un (presunto) scambio di informazioni afferenti agli spread e ai volumi di produzione tra alcuni istituti bancari e ritenuto la condotta integrante un’intesa restrittiva della concorrenza per oggetto. Siffatta qualificazione è stata contestata dagli istituti bancari, secondo i quali lo scambio di informazioni in questione non poteva essere considerato di per sé sufficientemente dannoso e tale da poter essere dichiarato contrario all’art. 101 TFUE prescindendo dall’analisi degli effetti. Secondo tali istituti l’Autorità avrebbe dovuto considerare i vantaggi di efficienza determinati dalla condotta.
In questo contesto, il giudice a quo ha sollevato due questioni pregiudiziali, chiedendo alla Corte: se (i) l’art. 101 TFUE possa ostare alla qualificazione di restrizione della concorrenza per oggetto di uno scambio di informazioni sulle condizioni commerciali e sui risultati di produzione; (ii) in caso di risposta positiva al primo quesito, se l’art. 101 TFUE permetta tale qualificazione nell’ipotesi in cui non si siano state accertate né individuate efficienze o effetti favorevoli per la concorrenza risultanti dallo scambio.
L’AG Rantos, nelle sue conclusioni, ricorda anzitutto che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, è possibile qualificare una pratica quale restrizione della concorrenza per oggetto quando dall’analisi del suo contenuto, dei suoi obiettivi e del contesto giuridico ed economico in cui si colloca, la condotta presenta un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente per ritenere che non sia necessario individuarne gli effetti. Chiarisce poi che, a tal fine, l’esistenza di un’esperienza solida ed affidabile – intesa come esistenza di un precedente che si è pronunciato su condotta analoga – non costituisce condizione preliminare affinché una determinata pratica possa essere considerata quale restrizione per oggetto. Ciò posto, evidenzia l’AG, la nozione di restrizione per oggetto deve essere interpretata restrittivamente sicché, se è vero che alcune pratiche per le quali non esistono precedenti possono essere considerate restrizioni per oggetto, tale qualificazione dovrebbe essere limitata ai soli casi nei quali il carattere anticoncorrenziale di una pratica risulti in modo manifesto o quando le pratiche in questione non abbiano una spiegazione credibile diversa dalla restrizione della concorrenza sul mercato.
Passando alla declinazione di tali principi alla fattispecie dello scambio di informazioni commercialmente sensibili, l’AG rileva che la qualificazione di intesa restrittiva per oggetto può essere adottata solo per gli scambi di informazioni per i quali risulti in modo chiaro e inequivocabile, alla luce delle loro caratteristiche, l’idoneità a ridurre o annullare l’incertezza in ordine al comportamento strategico sul mercato di un concorrente e quindi ad influire direttamente sulla strategia commerciale dei concorrenti consentendo loro di adattare il proprio comportamento sul mercato. Ciò accade nei casi in cui lo scambio di informazioni verta su elementi cruciali per la concorrenza, come le capacità e i prezzi futuri.
Nel quadro tracciato l’AG esamina singolarmente gli scambi informativi, concludendo che lo scambio relativo agli spread, in quanto vertente su una componente del prezzo che sarebbe stato adottato, può ritenersi idoneo a rivelare le intenzioni strategiche relative a un comportamento futuro in materia di prezzi e, come tale, restrittivo per oggetto. L’AG ha poi evidenziato che, tenuto conto della natura particolarmente sensibile delle informazioni scambiate, anche supponendo che lo scambio in questione potesse generare efficienze a beneficio dei consumatori, ciò non escluderebbe il carattere anticoncorrenziale del comportamento.
Quanto allo scambio relativo ai volumi di produzione, l’AG, rilevato come esso avesse ad oggetto non dati prospettici, ma storici, in quanto riferiti al mese precedente, ha ritenuto che la decisione dell’Autorità portoghese non contenesse elementi che consentono di accertare chiaramente che detto scambio rivesta un carattere particolarmente dannoso per la concorrenza e che avrebbe consentito (di per sé) di ridurre l’incertezza strategica sul comportamento futuro dei concorrenti.
Ciò posto, poiché l’Autorità portoghese non ha ritenuto che ciascuno degli scambi fosse di per sé restrittivo per oggetto, ma ha ritenuto che essi facessero parte di un “unico e medesimo scambio” qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto, ad avviso dell’AG, l’Autorità avrebbe dovuto individuare un nesso sufficientemente chiaro tra i due scambi e dimostrare perché gli scambi di informazioni, considerati congiuntamente, faccessero parte di un “piano” manifestamente anticoncorrenziale.
Alla luce delle valutazioni svolte, l’AG Rantos suggerisce alla Corte di interpretare l’art. 101, paragrafo 1, TFUE nel senso che: (i) non osta alla qualificazione di restrizione della concorrenza per oggetto di uno scambio, tra soggetti concorrenti, di informazioni sulle condizioni commerciali e sui risultati di produzione, se tale pratica ha incrementato la trasparenza e ridotto l’incertezza sul funzionamento del mercato; (ii) non osta a tale qualificazione nel caso in cui non si sono accertati, né si è cercato di individuare efficienze, effetti ambivalenti o favorevoli alla concorrenza risultanti da tale scambio di informazioni.
IL TRIBUNALE DELL’UE SI PRONUNCIA SUL RAPPORTO TRA DIRITTO ANTITRUST E DIRITTO D’AUTORE IN UN CASO DI GEOBLOCKING
Il Tribunale dell’UE ha respinto il ricorso avverso la decisione con la quale a gennaio 2021 la Commissione ha sanzionato una piattaforma di gaming online ed altre 5 società editrici di videogiochi per violazione degli articoli 101 TFUE e 53 dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo e, in particolare, per aver dato attuazione a pratiche di geo-blocking.
Con la decisione impugnata la Commissione aveva sanzionato la piattaforma di gaming e i cinque editori per aver partecipato ad un insieme di accordi bilaterali e/o pratiche concordate anticoncorrenziali con l’obiettivo di limitare le vendite transfrontaliere di alcuni videogiochi impedendo richieste non sollecitate di acquisto (c.d. “vendite passive”) da parte di utenti ubicati al di fuori di taluni Paesi dello Spazio Economico Europeo. Tali restrizioni sarebbero state attuate attraverso il geo-blocking (c.d. geoblocco) delle chiavi che consentono di attivare ed utilizzare i videogiochi sulla piattaforma, impedendo che gli utenti ubicati al di fuori di taluni Paesi potessero utilizzare i videogiochi sulla piattaforma ove li avessero acquistati da un Paese diverso da quello in cui erano stabiliti.
Nel rigettare il ricorso, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione abbia sufficientemente dimostrato l’esistenza di un accordo o di una pratica concordata tra la piattaforma e ciascuno dei cinque editori volti a limitare le vendite transfrontaliere di videogiochi mediate pratiche di geo-blocking finalizzate ad impedire che gli utenti potessero acquistarli in un Paese in cui venivano venduti a un prezzo più basso rispetto a quello applicato nel Paese in cui l’acquirente era stabilito. Il Tribunale ha dunque ritenuto che il geoblocco non perseguiva l’obiettivo di tutela dei diritti d’autore degli editori dei videogiochi, ma era utilizzato allo scopo di prevenire le importazioni parallele da quei Paesi in cui i videogiochi erano venduti a prezzi più bassi verso i Paesi in cui erano venduti a prezzi più alti.
Il Tribunale – richiamando un precedente della Corte di Giustizia – osserva che il diritto d’autore è volto unicamente a tutelare il diritto di sfruttare commercialmente la messa in circolazione o la messa a disposizione dell'oggetto protetto, mediante la concessione di licenze dietro pagamento di un corrispettivo. Il diritto d’autore non garantisce al titolare la possibilità di esigere il compenso più elevato possibile per la messa a disposizione del prodotto protetto o di attuare comportamenti tali da determinare differenze di prezzo artificiali tra i mercati nazionali.
SCADENZA DEL REGOLAMENTO CBER: LA COMMISSIONE EUROPEA NON PROROGA L'ESENZIONE DI CATEGORIA PER I CONSORZI DI TRASPORTO MARITTIMO DI LINEA
Con comunicazione del 10 ottobre scorso, la Commissione Europea ha deciso di non prorogare il Regolamento (CE) n. 906/2009 del 28 settembre 2009 di esenzione per categoria a favore dei consorzi marittimi di linea (c.d. regolamento CBER) in scadenza il prossimo 25 aprile 2024.
Il trasporto marittimo di linea consiste nell’offerta regolare e programmata da parte di vettori esercenti una nave di servizi di trasporto merci via mare su una o più rotte specifiche tra diversi porti. Con l’obiettivo di razionalizzare le operazioni, i vettori spesso cooperano tra loro tramite accordi di consorzio, ossia tramite uno o una serie di accordi distinti, ma correlati, tra compagnie di trasporto marittimo di linea in base ai quali le parti gestiscono il servizio in comune.
Al fine di agevolare la creazione ed il funzionamento dei consorzi tra vettori di piccole e medie dimensioni – ritenuti in grado di comportare effetti positivi in termini di efficienza e benefici per i consumatori e idonei a prevenire la creazione di strutture di mercato oligopolistiche – nel 2009 la Commissione ha ritenuto necessario adottare il regolamento CBER con validità quinquennale. Tale regolamento dispone condizioni specifiche per l’esenzione degli accordi di consorzio tra vettori dall’applicazione dell’art. 101, par. 1, TFUE. La validità del regolamento CBER nel corso degli anni è stata prorogata per ben due volte – nel 2014 e nel 2020 – in quanto, dalle valutazioni svolte dalla Commissione a ridosso della sua scadenza è sempre emerso che, nonostante l’evoluzione del mercato, il regolamento CBER fosse ancora adatto allo scopo e idoneo a conseguire i propri obiettivi, determinando incrementi di efficienza per i vettori e per i consumatori.
Ad oggi, tuttavia, i presupposti per il mantenimento in vigore di tale regolamento sembrerebbero essere venuti meno. Le risultanze della valutazione condotta a partire dal 2022 dalla Commissione dimostrano come il regolamento CBER non sia più idoneo a soddisfare i criteri di efficacia, efficienza e valore aggiunto. Dal documento di lavoro pubblicato dalla Commissione, che sintetizza i risultati della valutazione, emerge infatti come il regolamento, negli ultimi anni, abbia apportato ai vettori risparmi limitati sui costi di conformità e non sia più idoneo a perseguire l’obiettivo di promuovere la concorrenza consentendo ai vettori più piccoli di cooperare tra loro e offrire servizi alternativi in concorrenza con i vettori più grandi. Inoltre, la valutazione della Commissione sembrerebbe dimostrare che la cooperazione tra vettori non contribuisce più né al miglioramento della competitività dell’industria del trasporto marittimo di linea dell’UE né allo sviluppo del commercio dell’UE. I consorzi sembrerebbero invece favorire il consolidamento di un mercato con costi di ingresso proibitivi e in cui la differenziazione dei servizi sia del tutto assente.
Alla luce di quanto sopra, la Commissione ha ritenuto ingiustificata un’ulteriore proroga del regolamento CBER, la cui validità cesserà il 25 aprile 2024. A partire da questa data, i vettori attivi da o verso uno o più porti dell’Unione Europea interessati a cooperare potranno farlo, ma solo a seguito di una valutazione di compatibilità dei potenziali accordi di cooperazione con le norme antitrust dell’UE sulla base degli orientamenti forniti nel regolamento orizzontale di esenzione per categoria e nel regolamento di esenzione per talune categorie di accordi di specializzazione.
LA COMMISSIONE EUROPEA BLOCCA L’ACQUISIZIONE DI ETRAVELI DA PARTE DI BOOKING
Il 25 settembre 2023 la Commissione Europea ha posto il veto all’acquisizione di Flugo Group Holdings AB (“eTraveli’) da parte di Booking Holdings (“Booking” o “Società”). Si tratta dell’undicesimo veto – a fronte di oltre 3500 operazioni scrutinate – imposto dalla Commissione negli ultimi dieci anni.
La decisione si fonda su una serie di ragioni. Innanzitutto, la Commissione ha ritenuto che Booking detenesse una posizione dominante nel mercato dei servizi offerti dalle online travel agency (“OTA”) per la prenotazione di hotel e strutture ricettive nello Spazio Economico Europeo (“SEE”). La posizione dominante è stata ritenuta sussistente a fronte di una quota di mercato del 60%, in assenza di concorrenti ritenuti in grado di esercitare una pressione concorrenziale effettiva, oltre che in presenza di effetti di rete derivanti dall’ampiezza dell’offerta di hotel fornita da Booking.
Sebbene eTraveli sia attiva in un mercato diverso da quello di Booking, ossia quello delle OTA di voli aerei, dove rappresenta il secondo operatore nel SEE, la Commissione ha ritenuto che la sua acquisizione da parte di Booking potesse rafforzarne la posizione dominante. Questo essenzialmente per due ordini di ragioni:
- l’acquisizione avrebbe consentito alla Società di fare proprio un importante canale di acquisizione dei clienti, stante la notevole quantità di traffico generato da parte delle OTA specializzate nella prenotazione di voli aerei, e considerato che la prenotazione di un volo è generalmente il primo passo nella pianificazione di un viaggio, a cui spesso seguono la prenotazione di un alloggio e di altri servizi;
- Booking avrebbe potuto espandere il proprio ecosistema dei servizi di viaggio, gravitante attorno ai servizi di prenotazioni alberghiere online, massimizzando le chance di cross-selling per le prenotazioni di alloggi e facendo leva sul potenziale di eTraveli per diventare la principale OTA di voli aerei.
Pertanto, secondo la Commissione, l’operazione avrebbe rischiato contestualmente di (i) ridurre la concorrenza attraverso il rafforzamento degli effetti di rete e l’aumento delle barriere all’ingresso, rendendo più difficile per altre OTA competere efficacemente, e (ii) consentire a Booking di aumentare il proprio potere contrattuale, con l’effetto di aumentare i prezzi (commissioni) per gli hotel nonché, potenzialmente, per i consumatori.
Durante l’istruttoria, Booking ha presentato i propri impegni. Questi, in sostanza, prevedevano che nella pagina di check-out dell’acquisto dei voli, all’utente venissero presentate quattro opzioni di hotel prenotabili, proposte da diverse OTA concorrenti (inclusa la stessa Booking). Per ciascun hotel, attraverso un menu a tendina, sarebbe stata resa disponibile la prenotazione attraverso varie OTA, indicando per prima l’offerta più bassa. Il meccanismo descritto sarebbe stato implementato attraverso l’algoritmo della piattaforma Kayak, società che offre servizi di comparazione, controllata da Booking.
La Commissione ha ritenuto che tali impegni non fossero sufficienti per le seguenti ragioni:
- la mancanza di sufficienti garanzie di trasparenza e non discriminatorietà in merito alla selezione e al ranking delle OTA e delle loro offerte, in ragione dell’implementazione del meccanismo da parte di una controllata di Booking;
- gli impegni avrebbero riguardato la sola pagina del check-out dei voli, mentre nulla era stato proposto con riguardo ad altri possibili canali di cross-selling, come e-mail, notifiche e altre pagine del sito web;
- a fronte della difficoltà di prevedere il funzionamento dell’algoritmo di Kayak, la Commissione ha ritenuto che sarebbe stato complesso operare un monitoraggio efficace degli impegni proposti.
Non resta ora che attendere l’esito del ricorso – che Booking ha già dichiarato presenterà – avverso la decisione della Commissione.