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15 maggio 20235 minuti di lettura

Le novità della settimana in materia di lavoro

Giurisprudenza

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 2 maggio 2023, n. 11344 - Minaccia l’azienda in chat: sì al licenziamento

La vicenda in oggetto trae origine dal licenziamento intimato per giusta causa a un lavoratore per aver tenuto una serie di comportamenti disciplinarmente rilevanti, tra cui: l’aver inviato su un gruppo whatsapp di colleghi “messaggi minacciosi, farneticanti e diffamatori” nei confronti della Società e l’essersi presentato in azienda in stato di alterazione e senza indossare i dispositivi di protezione e il vestiario necessario per la sicurezza e l’igiene alimentare.

Nella fase di merito, è stato provato che la contestazione disciplinare avesse i necessari requisiti di specificità e che le prove raccolte dimostrassero la sussistenza degli addebiti, idonei quindi ad integrare la giusta causa di recesso.

Il lavoratore ha dunque promosso ricorso dinnanzi alla Corte di Cassazione, asserendo l’assoluta genericità della contestazione e un difetto di motivazione in relazione alla materialità delle condotte addebitategli, nonché alla rilevanza disciplinare delle stesse.

La Suprema Corte ha ritenuto corretto il giudicato in appello in quanto in linea con il proprio consolidato orientamento secondo cui: “Il giudice di merito, al fine di valutare il grado di specificità della contestazione, deve tener conto del contesto in cui i fatti di rilievo disciplinare si collocano, della natura e del contenuto dei fatti medesimi ed accertare se la mancata precisazione di alcuni elementi fattuali (ad esempio di ordine temporale, spaziale o relativi alle esatte parole pronunciate) possa aver determinato un'insuperabile incertezza nell'individuazione dei comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il diritto di difesa”.

Sull’integrazione del parametro della giusta causa, peraltro, la Corte di Cassazione ha ritenuto la decisione coerente con i canoni interpretativi relativi alla definizione della stessa, poiché era stato “motivatamente valutato la gravità della condotta del dipendente, sia complessiva e sia in relazione ai singoli episodi, partitamente esaminati con valutazione di infondatezza degli elementi giustificativi addotti, in particolare sottolineando il carattere intimidatorio della condotta stessa nei confronti della persona dell’amministratore della società”.

Sulla base delle sopra indicate argomentazioni la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento intimato.

Corte di Cassazione, 2 maggio 2023, n. 11314 - Il giuramento decisorio e decisione della causa

La vicenda trae origine dall’impugnazione da parte di un promotore finanziario di una banca dell’atto di recesso esercitato da quest’ultima dal rapporto di collaborazione tra di loro intercorrente.

Nella fase di merito, veniva respinta la domanda proposta dal promotore volta a far dichiarare l’illegittimità dell’atto di recesso con conseguente pagamento dell’indennità di mancato preavviso, risarcimento del danno per le provvigioni perse durante il periodo di vigenza del patto di non concorrenza e per i mancati guadagni durante il periodo di sospensione cautelativa, nonché del risarcimento del danno non patrimoniale e il ripristino di quattro polizze assicurative.

Il promotore finanziario impugnava il provvedimento reso dalla corte territoriale censurando la sentenza per non avere considerato il carattere decisorio del giuramento deferitogli in primo grado da controparte sulla circostanza dell’avvenuta ricezione di una nota con la quale il promotore sarebbe stato reso edotto della volontà della banca di concludere il rapporto di collaborazione. Secondo il promotore, la risposta negativa sulla predetta circostanza comportava la declaratoria di inefficacia del recesso della banca e il relativo riconoscimento delle indennità di legge e di contratto connesse alla cessazione del rapporto.

La Corte di Cassazione, confermando quanto statuito dai giudici di merito, ha rigettato il ricorso sancendo, in primo luogo, che il recesso da parte del proponente può realizzarsi con libertà di forma e che, per il promotore, la conoscenza della volontà recessiva della banca si era perfezionata quando aveva ricevuto dalla stessa la comunicazione della revoca dell’apertura del conto corrente ovvero dal ricevimento della nota con la quale il promotore era stato messo a conoscenza della volontà della banca di concludere il rapporto di collaborazione.

In particolare, secondo i giudici di legittimità “il rilievo della decisorietà del giuramento deferito all’agente dalla società sulla circostanza dell’avvenuta ricezione della nota (...) deve ritenersi disatteso dalla considerazione della corte distrettuale secondo cui la nota non costituiva l'unica modalità attraverso la quale il promotore poteva essere stato edotto della volontà di recesso da parte della società, con implicita valutazione, quindi, di non decisorietà della circostanza”.

Inoltre, secondo la Suprema Corte “né la Corte di merito e prima di essa il primo giudice potevano ritenersi vincolati dall’ammissione del giuramento decisorio in quanto l'ordinanza che ammette il giuramento decisorio può essere revocata, ai sensi dell'art. 177 cod. proc. civ., dallo stesso giudice che la ha pronunziata, ove egli, riesaminate le risultanze di causa, si convinca che non sussistevano le condizioni per il suo deferimento, (...); ciò anche nel caso in cui il giuramento sia stato reso (...), dovendo ulteriormente osservarsi che l'esistenza delle condizioni di ammissibilità del giuramento decisorio, concernenti la modalità della delazione, l'essenza della formula e la sua idoneità alla definizione della lite, deve essere verificata dal giudice anche d‘ufficio”.

 

Prassi

Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), Nota del 26 aprile 2023 n. 716 - Chiarimenti in materia di somministrazione di lavoratori a tempo determinato nell’ambito delle attività stagionali

L’INL ha fornito alcuni chiarimenti su eventuali deroghe numeriche previste dalla normativa sulla somministrazione di lavoro in relazione alle attività stagionali, specificando che le stesse devono trovare la propria fonte nell’ambito della contrattazione collettiva di riferimento. Conseguentemente, l’Istituto specifica che è il CCNL applicato dall’utilizzatore a dover introdurre discipline specifiche in materia di lavoro stagionale in somministrazione.


Per informazioni sulla presente newsletter si possono contattare i coordinatori Avv. Francesca Anna Maria De Novellis, Avv. Sara Verde e Dott.ssa Carolina Mosiello.

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