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19 maggio 20236 minuti di lettura

Le novità della settimana in materia di lavoro

19 maggio 2023
In evidenza

Parlamento Europeo: la Direttiva sulla parità retributiva di genere

Il Parlamento europeo ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale (del 17 maggio 2023 n. L132), la Direttiva (UE) 2023/970 del 10 maggio 2023, volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione.

La direttiva si applica ai datori di lavoro del settore pubblico e privato.

 

Giurisprudenza

Corte di Cassazione, 9 maggio 2023, n. 12244 - Rifiuto del part-time e licenziamento

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di un licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo. In particolare, a seguito della cessione di un ramo d’azienda (costituito dal supermercato cui era addetta una lavoratrice) i tre soci della società cessionaria avevano deciso di prestare attività lavorativa presso il punto vendita: pertanto, la forza lavoro risultava sovradimensionata. Al fine di fronteggiare la situazione, veniva chiesto ai tre dipendenti full-time, inclusa la lavoratrice, la disponibilità di ridurre l’orario di lavoro.

La dipendente si rifiutava di trasformare il proprio rapporto da full-time a part-time e dunque la Società, vista l’impossibilità di utilizzare la prestazione a tempo pieno, intimava alla prima il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

A seguito di impugnazione del licenziamento in sede giudiziale, il tribunale dichiarava il licenziamento illegittimo e condannava la Società a riassumere la ricorrente oppure a corrisponderle un’indennità risarcitoria pari a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto.

Nella seconda fase del medesimo giudizio di primo grado, il medesimo tribunale respingeva l’opposizione principale della lavoratrice, la quale chiedeva la declaratoria di nullità o inefficacia del licenziamento, nonché l’opposizione incidentale della Società volta a far accertare la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La corte d’appello conferma quest’ultima decisione.

La Corte di Cassazione ha infine ritenuto che “Secondo i precedenti di legittimità, affinché possa affermarsi la nullità del licenziamento occorre che l'intento ritorsivo datoriale abbia avuto efficacia determinante esclusiva, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso”. In particolare, con riferimento al caso in esame, i giudici di legittimità hanno concluso che “la Corte d'appello, premesso che il tribunale ha dichiarato illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo per mancata prova delle ragioni addotte (e che la relativa statuizione non è stata impugnata dalla società), ha escluso che il licenziamento fosse sorretto da un motivo di ritorsivo unico e determinante nei confronti della attuale ricorrente. Ciò sulla base di plurimi elementi, tra cui ii comportamento di parte datoriale, avendo accertato che i soci della [Società, ndr.], subentrati nella gestione del supermercato, nel corso di una riunione avevano spiegato ai dipendenti full time (in numero di tre) che vi era una unità in esubero e che per evitare il licenziamento sarebbe stata necessaria la riduzione dell'orario di lavoro; che, a fronte del rifiuto [di un lavoratore, ndr.] e della [ricorrente, ndr.], la scelta di licenziare quest'ultima non appariva quale risposta ritorsiva alla mancata adesione alla proposta di part time (rifiutata anche dall'altro dipendente), in assenza di altri dati significativi della volontà datoriale di espulsione di quella dipendente e nonostante l’insufficiente prova del motivo oggettivo posto alla base del recesso. Non vi è quindi spazio per ritenete integrata la violazione delle norme di diritto denunciate e neppure ricorre il vizio di motivazione apparente atteso che la decisione d'appello non presenta alcuna delle ipotesi di "anomalia motivazionale" denunciabile in cassazione, come definite dalle S.U. di questa Corte con le sentenze n. 8053 e 8054 del 2014”.

Corte di Cassazione, 9 maggio 2023, n. 12241 - Rifiuto della formazione e licenziamento

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di un licenziamento intimato per giustificato motivo soggettivo nei confronti di un dipendente, a seguito di condotte contestate allo stesso con due distinte lettere di addebito disciplinare recanti la medesima data.

Nella fase di merito, veniva accertato che, rispetto alla prima contestazione, il dipendente si era rifiutato di partecipare a un corso di formazione per approfondire lo studio di nuovi sistemi operativi, come richiestogli dal suo diretto superiore gerarchico (sebbene lo stesso non fosse impegnato in altre commesse e nonostante la formazione richiesta non avrebbe comportato spese a suo carico, né la necessità di usufruire di permessi o di sacrificare il proprio tempo libero); per tali ragioni, i giudici di merito avevano ritenuto infondate le giustificazioni addotte dal lavoratore a sostegno del proprio rifiuto.

Inoltre, con riferimento alla seconda contestazione disciplinare, veniva accertato che il dipendente aveva tenuto un comportamento passivo e privo di spirito di collaborazione, rifiutandosi di svolgere attività di aggiornamento dei sistemi presso un cliente, sebbene rientranti nelle sue competenze.

Sulla base di tali accertamenti, in appello veniva confermata la gravità della condotta di insubordinazione del dipendente e, dunque, proporzionata la sanzione espulsiva del licenziamento, anche in ragione della volontarietà del comportamento posto in essere dal lavoratore, confermando in tal modo la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’impugnativa del licenziamento.

I giudici di legittimità hanno, a loro volta, sancito che “la Corte d’Appello si è attenuta ai canoni giurisprudenziali attraverso cui sono state definite le nozioni legali di giusta causa, giustificato motivo soggettivo (…) e di proporzionalità della misura espulsiva (…), ed ha motivatamente valutato la gravità dell’insubordinazione realizzata dal dipendente, senza alcuna giustificazione, in modo persistente e volontario, in aperto contrasto con l’obbligo di diligenza e di esecuzione delle disposizioni dettate dai superiori gerarchici, anche riferite alle esigenze di formazione e accrescimento professionale necessarie per il proficuo impiego del dipendente. Non vi è spazio per ritenere integrata la violazione di norme di diritto comune denunciata e neanche risultano violate le disposizioni del contratto collettivo che prevedono, per la condotta di insubordinazione non lieve, la misura espulsiva, risultando il giudizio di proporzionalità coerente alla scala valoriale concordata dalle parti sociali”.

 

Prassi

INPS, Circolare del 16 maggio 2023, n. 45: Aumento dell’indennità di congedo parentale - Istruzioni

L’INPS ha fornito le istruzioni amministrative e operative in materia di indennità di congedo parentale per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti, a seguito della modifica all’articolo 34, comma 1, del D.lgs n. 151/2001 (apportata dall’articolo 1, comma 359, della Legge di Bilancio 2023). La citata previsione, che opera in alternativa tra i genitori, trova applicazione con riferimento ai lavoratori dipendenti, sia del settore privato che del settore pubblico, che terminano il congedo di maternità o, in alternativa, di paternità successivamente al 31 dicembre 2022.


Per informazioni sulla presente newsletter si possono contattare i coordinatori Avv. Francesca Anna Maria De Novellis, Avv. Alessandra Giorgi e Avv. Silvia Guidaldi.

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