
13 settembre 2024 • 9 minuti di lettura
Labour News – Le novità della settimana
Venerdì 13 settembre 2024In evidenza
Corte di Cassazione, 9 settembre 2024 n. 24130: assistenza al disabile e abuso dei permessi
La Corte di Cassazione ha riaffermato che l'abuso dei permessi concessi ai sensi della legge n. 104 del 1992 (finalizzati all'assistenza di familiari disabili) può integrare giusta causa di licenziamento. La Corte ha sottolineato che la fruizione dei permessi deve essere strettamente collegata all'assistenza diretta del familiare disabile, in quanto la concessione di tali benefici comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificato unicamente dalla specifica finalità di tutela sociale che ne costituisce per l'appunto la ratio.
L'utilizzo del permesso per attività non inerenti a tale finalità, configura un abuso del diritto, con possibili conseguenze disciplinari. Tuttavia, la Corte ha chiarito che lo svolgimento di altre attività durante il periodo di permesso non costituisce di per sé abuso, a condizione che l'assistenza al disabile venga comunque garantita e che l'uso del permesso non comprometta l'adempimento dello scopo principale (ovvero la cura del familiare bisognoso), nel caso in cui non sia necessaria la presenza di chi accudisce il soggetto malato per tutta la durata della giornata lavorativa.
Decreto-legge sulle procedure di infrazione Ue: regole e criteri in materia di contratto a termine
Il Decreto-legge anti-infrazioni Ue approvato dal Governo il 4 settembre 2024 risponde alle critiche mosse dall’Ue, che aveva avviato una procedura di infrazione riguardo all’art. 28, commi 2 e 3, del D.lgs. 81/2015 (attuativo del Jobs Act). Tale norma prevede che al lavoratore che chiede e ottiene la conversione del contratto a termine in uno a tempo indeterminato spetti un risarcimento del danno compreso tra 2,5 e 12 mensilità dall’ultima retribuzione.
Secondo l’Ue, tale normativa non sarebbe idonea a tutelare adeguatamente il lavoratore, in quanto non sufficientemente dissuasiva per evitare comportamenti illegittimi da parte dei datori.
Il Decreto-legge modifica perciò la normativa, stabilendo che il lavoratore potrà ottenere un risarcimento superiore alle 12 mensilità qualora dimostri di aver subito un “maggior danno”, la cui valutazione torna così ad essere rimessa alla discrezionalità del giudice.
Cambio concessionario: si applica la clausola sociale
Il 4 settembre 2024, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto per l’attuazione degli obblighi derivanti dell’UE e dalle procedure di infrazioni pendenti.
Fra le misure di rilievo, la riforma delle concessioni balneari, che prevederà anche una nuova tutela per i lavoratori coinvolti in un cambio nella concessione. Infatti, come annunciato dal Governo, anche in questo – analogamente a quanto avviene nel caso di cambio appalto - sarà prevista una clausola sociale che tutelerà i lavoratori precedentemente impiegati prima del cambio concessione tramite il diritto all’assunzione presso il nuovo concessionario.
G7 Lavoro
Dall'11 al 13 settembre 2024 si riunirà a Cagliari il G7 Lavoro, al quale prenderanno parti i ministri del lavoro e molti rappresentanti delle parti sociali internazionali.
Il compito principale sarà quello di dare concreta attuazione ai principi condivisi nell’ultimo incontro del 14 giugno scorso. Fra questi, in primo luogo, l’obiettivo di implementare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel mercato di lavoro, cercando di tracciare la via per una transizione digitale che metta tale strumento a vantaggio dell’uomo.
In secondo luogo,la necessità di sviluppare un sistema di formazione e aggiornamento continuo, valorizzando il ruolo attivo delle imprese nel captare le competenze richieste in futuro.
Sullo sfondo, infine, gli obiettivi nel lungo periodo: contrastare l’invecchiamento demografico e valorizzare la conciliazione vita-lavoro.
Le altre novità
Giurisprudenza
Corte di Cassazione, 6 settembre 2024 n. 23985: sì al licenziamento del cassiere ripreso dall'impianto di videosorveglianza
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di un lavoratore, licenziato per essere stato ripreso dall'impianto di videosorveglianza (installato sulla base di un accordo aziendale) durante la commissione di un furto.
La Suprema Corte ha rilevato che i filmati erano utilizzabili in quanto l'impianto era stato installato, previo accordo aziendale - di cui il dipendente era stato informato - per la tutela del patrimonio aziendale, la cui nozione è da considerarsi in senso ampio. Invero, la Consulta rammenta che tale nozione può riguardare la difesa datoriale sia da condotte di appropriazione di denaro o di danneggiamento o sottrazione di beni (le quali possono provenire anche da dipendenti dell'azienda e che giustificano la medesima protezione rispetto a quella dovuta a fronte di aggressioni esterne) sia dalla lesione all'immagine e al patrimonio reputazionale dell'azienda.
Legislazione
Direttiva (UE) 2022/431: il Governo ha recepito in via definitiva la direttiva UE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni
Lo schema di Decreto Legislativo è volto a recepire la Direttiva (UE) 2022/431 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro e ne estende l’ambito di applicazione alle sostanze tossiche dannose per la fertilità. Tale ampliamento si è reso necessario sulla base di recenti dati scientifici secondo cui le sostanze tossiche possono avere effetti nocivi sulla fertilità di uomini e donne in età adulta, nonché sullo sviluppo della progenie.
Il datore di lavoro dovrà quindi aggiornare il Documento di Valutazione dei Rischi, includendo nella valutazione del rischio per le sostanze cancerogene e mutagene, anche quelle dannose per la fertilità. Inoltre, si renderà necessaria un'approfondita formazione e informazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
Tema della Settimana
Contratto a termine: salta la certezza dell'ammontare del risarcimento e continua la riscrittura delle regole
Fino al 4 settembre scorso i datori di lavoro, nel destreggiarsi tra durata, causali e proroghe dei contratti a tempo determinato avevano una certezza, e cioè che in caso di impugnazione del contratto e conversione dello stesso a tempo indeterminato sarebbero stati condannati a corrispondere al lavoratore una indennità omnicomprensiva tra un minimo di 2,5 e un massimo 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, a prescindere dalla durata del giudizio, come previsto dall'art. 28, secondo comma, del decreto legislativo n. 81 del 2015.
La previsione di un tetto massimo all'ammontare dell'indennità risarcitoria ha risposto alla necessità di evitare che il costo della eventuale durata eccessiva del giudizio, sia per ragioni strategicamente dilatorie che per semplici esigenze degli uffici giudiziari, venisse posto a carico del datore del lavoro, che dopo un contenzioso durato molti anni si trovava a pagare salatissimi risarcimenti.
Una soluzione di equilibrio, tra diritti e necessità di certezza, che ha superato il vaglio di legittimità costituzionale, tanto da portare la Corte Costituzionale a ritenere l'indennità forfettaria una misura ragionevole e costituzionalmente compatibile, oltre che sufficientemente dissuasiva, anche in considerazione della parallela applicazione della sanzione più incisiva che l'ordinamento possa prevedere a tutela del posto di lavoro, e cioè la trasformazione del rapporto lavorativo da tempo determinato a tempo indeterminato (Corte Costituzionale 11 novembre 2011, n. 303).
L'Unione Europea non è stata però dello stesso avviso e ha aperto nei confronti dell'Italia una procedura di infrazione, sostenendo che dall'art. 28, secondo e terzo comma, del decreto legislativo n. 81 del 2015, non avrebbe carattere "dissuasivo" rispetto a comportamenti illegittimi e non offrirebbe quindi una tutela adeguata al lavoratore.
Per bloccare, tra le altre, questa procedura di infrazione il 4 settembre il Governo ha approvato il decreto legge per l'attuazione degli obblighi derivanti da atti dell'Unione Europea e da procedure di infrazione e pre –infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano (c.d. Decreto Salva Infrazioni UE), con il quale è stato aggiunto al secondo comma dell'art. 28 del d.lgs n. 81 del 2015 il seguente inciso: "Resta ferma la possibilità per il giudice di stabilire l'indennità in misura superiore se il lavoratore dimostra di avere subito un maggior danno". È stato inoltre abrogato il terzo comma, che prevedeva la riduzione alla metà della indennità massima risarcitoria in presenza di specifica disciplina dei contratti collettivi.
Con questo nuovo inciso aggiunto all'art. 28 viene spazzato via il criterio forfettario e predeterminato per la definizione dell'ammontare dell'indennità risarcitoria e si prevede una determinazione del danno rimessa alla valutazione discrezionale del Giudice, con conseguente rimozione di ogni protezione per i datori di lavoro in caso di eccessiva durata del giudizio, per qualsiasi causa si realizzi.
Il venire meno del tetto massimo al risarcimento avrà, soprattutto alla luce della reintroduzione delle causali decorsi i 12 mesi di durata del contratto a termine e del conseguente inevitabile aumento del contenzioso sul tema, un impatto notevole sui datori di lavoro e di riflesso sul mercato del lavoro.
Si rompe così l'equilibrio. Si disincentiva l'utilizzo di uno strumento di lavoro regolare, in quanto anche il più banale errore amministrativo, in un terreno giuridico pieno di insidie, può portare alla condanna del datore di lavoro ad un risarcimento indefinito, e allora tanto vale evitare il rischio o al massimo fermarsi ai primi 12 mesi acausali, a danno soprattutto dei lavoratori.
Questo cambio di rotta purtroppo non stupisce ed è in linea con la costante demolizione da parte della giurisprudenza e del legislatore delle riforme del lavoro approvate nell'ultimo decennio.
Il contratto a termine come disciplinato al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2015, uno dei decreti attuativi del Jobs Act, anche a seguito della modifica apporta dal Decreto Salva infrazioni UE, non esiste più.
Nel tempo il legislatore ne ha infatti via via diminuito la flessibilità riducendone la durata complessiva da 36 a 24 mesi e reintroducendo la necessità di indicazione delle causali, con diverse formulazioni, decorsi i 12 mesi.
Si potrebbero però ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro della rimozione dell'indennità forfettizzata trovando soluzioni che evitino per l'Italia la procedura di infrazione ma che siano volte parallelamente a ristabilire una situazione di equilibrio e a restituire certezza ai datori di lavoro, come la previsione di un termine ridotto di impugnazione dei contratti a tempo determinato e/o di regole processuali che vadano a limitare la durata dei giudizi, accompagnate dalla valutazione da parte del Giudice del comportamento tenuto dal lavoratore tra la cessazione del contratto a termine e la sua conversione a tempo indeterminato.
Il legislatore è infatti ancora in tempo per una riflessione e per un auspicabile intervento mirato in sede di conversione.