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12 dicembre 2025

Labour News - Le novità della settimana

12 dicembre 2025
In evidenza

Corte di Cassazione, 1° dicembre 2025 n. 4005 - Mobbing e responsabilità datoriale ex art. 2087 cod. civ.: la tutela opera anche in assenza di intento persecutorio

La Suprema Corte è intervenuta sul tema del mobbing e della responsabilità datoriale per violazione dell’art. 2087 cod. civ., accogliendo il ricorso di una lavoratrice contro la sentenza della corte d’appello che aveva escluso la configurazione di condotte vessatorie. Secondo i giudici di merito, i comportamenti denunciati erano espressione di conflittualità generale e di esigenze di servizio, non collegati alle patologie accertate.

La Suprema Corte ha cassato la decisione assunta in fase di gravame, chiarendo che la tutela prevista dall’art. 2087 cod. civ. opera anche in assenza di un intento persecutorio tipico del mobbing. È sufficiente che il datore di lavoro consenta il mantenersi di un ambiente stressogeno o attui condotte, anche non illegittime, idonee a ledere la salute e la dignità del lavoratore. La responsabilità datoriale, di natura contrattuale, comporta dunque che sia il datore a dover dimostrare che il danno non è imputabile alla propria condotta, mentre il lavoratore deve provare il fatto "materiale" allegando la violazione lamentata.

La Corte di Cassazione richiama inoltre l’obbligo di valutazione dei rischi psicosociali, come previsto dall’art. 28 del D. Lgs. n. 81/2008 e ribadisce che anche lo straining (ovvero una forma attenuata di mobbing, consistente in una singola o isolate azioni ostili, anche non sistematiche, che creano per il lavoratore una condizione stabile e duratura di stress o disagio organizzativo) pur privo di continuità, è fonte di responsabilità e risarcimento. La protezione riguarda interessi di rango costituzionale – integrità psicofisica, dignità, identità personale – sicché ogni offesa non può restare priva di reazione risarcitoria.

Legge 2 dicembre 2025, n. 182 - Certificati di malattia: via libera alla televisita

Dal 18 dicembre 2025 entra in vigore la legge n. 182/2025 che introduce una novità significativa in materia di certificazione di malattia. Infatti, l’articolo 58 della legge stabilisce che il medico di famiglia potrà rilasciare il relativo certificato anche a distanza, tramite televisita, equiparando la visita effettuata con modalità telematiche alla tradizionale visita in presenza.

La norma, tuttavia, non sarà immediatamente operativa, in quanto la sua attuazione è subordinata a un Accordo da definire in Conferenza Stato-Regioni, su proposta del Ministro della Salute, che dovrà individuare i casi e le modalità di ricorso alla telecertificazione. Fino alla stipula dell’Accordo continueranno ad applicarsi le regole attuali, che impongono l’accertamento diretto delle condizioni del paziente.

Dunque, occorrerà attendere le indicazioni attuative per garantire uniformità e sicurezza nell’utilizzo della televisita ai fini della certificazione di malattia.

INPS - Messaggio del 4 dicembre 2025, n. 3702 - Bonus Mamme: l'INPS aggiorna il Manuale, disponibile ora la sezione FAQ

L’Inps rafforza il quadro operativo del nuovo Bonus Mamme 2025 introducendo, con il, un aggiornamento significativo del manuale utente: una nuova sezione dedicata alle domande frequenti (FAQ). L’inserimento risponde alla necessità di fornire chiarimenti immediati ai dubbi emersi nelle prime settimane di applicazione della misura, sia da parte delle lavoratrici sia da parte degli intermediari che le assistono.

La misura, prevista dall’articolo 6 del D.L. 95/2025, riconosce alle lavoratrici madri con almeno due figli un contributo pari a 40 euro al mese per ciascun periodo, anche frazionato, di attività lavorativa svolta nel 2025. La Circolare n. 139/2025 ne aveva illustrato requisiti e funzionamento, mentre il Messaggio 3289/2025 aveva chiarito modalità e scadenze per la presentazione delle domande, proponendo un percorso guidato sul portale Inps e ricordando la possibilità di utilizzare Contact Center e patronati. Il termine ordinario, inizialmente fissato al 7 dicembre, è stato prorogato al 9 dicembre 2025; per chi maturi i requisiti entro il 31 dicembre, la domanda può essere presentata fino al 31 gennaio 2026.

Le nuove FAQ, ora disponibili all’interno del servizio online “Nuovo Bonus Mamme”, offrono risposte su requisiti, documentazione, tempistiche e principali casistiche operative, contribuendo a ridurre incertezze e a uniformare la compilazione delle domande. Con questa integrazione, l’Inps completa il sistema informativo dedicato al beneficio, rendendo più agevole e trasparente l’accesso all’agevolazione per tutte le aventi diritto.

 

Le altre novità

Giurisprudenza

Corte di Cassazione (Sez. Penale), 24 novembre 2025, n. 37972 - Infortunio mortale: annullate le condanne per errata ricostruzione della colpa

La Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi proposti dagli imputati e dai responsabili civili, annullando la decisione che aveva confermato la loro responsabilità in relazione a un infortunio mortale sul lavoro, avvenuto durante operazioni di verifica su un impianto elettrico. La vicenda riguardava la ricostruzione delle condotte omissive imputate ai soggetti coinvolti e la valutazione delle posizioni di garanzia, nonché il ruolo dell’ente datore di lavoro ai fini della responsabilità amministrativa.

Nel ricostruire il quadro normativo in tema di colpa, obblighi prevenzionistici e responsabilità del datore di lavoro e del preposto, la Suprema Corte ha ribadito che l’accertamento della colpa deve avvenire in ottica ex ante, individuando la regola cautelare violata e verificando se l’evento fosse prevedibile ed evitabile mediante l’adozione delle misure dovute. La Corte ha censurato la decisione impugnata per aver fondato la colpa su un paradigma ricostruito a posteriori, ricavando la regola cautelare direttamente dall’evento verificatosi e ipotizzando uno “stress da prestazione” privo di adeguato riscontro probatorio.

Richiamando il consolidato principio della necessaria causalità della colpa, gli ermellini hanno osservato che la sentenza d’appello non aveva chiarito quale concreta condotta alternativa avrebbe potuto impedire l’infortunio, né aveva dato conto della compatibilità delle scelte operative del lavoratore - esperto, formato e dotato dei dispositivi di sicurezza - con le previsioni del piano operativo aziendale. Parimenti, la Corte ha ritenuto erronea l’attribuzione di una posizione di garanzia al preposto dell’impresa affidataria per attività rientranti nella piena autonomia dell’impresa esecutrice, escludendo che la mera presenza in cantiere potesse fondare obblighi di vigilanza su lavorazioni specialistiche svolte da personale qualificato di altra impresa.

La Corte di Cassazione ha inoltre rilevato carenze motivazionali sul fronte della responsabilità dell’ente, osservando che la sentenza impugnata non aveva individuato la concreta “colpa di organizzazione” né l’interesse o vantaggio richiesto dal D. Lgs. n. 231/2001, omettendo di rispondere alle specifiche doglianze formulate in appello. Tale deficit è stato ritenuto decisivo, rendendo necessario un nuovo esame sulla configurabilità dell’illecito amministrativo.

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato la sentenza nei confronti degli imputati e dei responsabili civili, disponendo il rinvio per un nuovo giudizio che dovrà riesaminare in modo completo i profili di colpa, la sussistenza delle posizioni di garanzia e gli elementi costitutivi dell’asserito illecito amministrativo.

Normativa

Legge 2 dicembre 2025, n. 182 - Cassa integrazione: dal 18 dicembre cambia l’obbligo di comunicazione per i lavoratori

A partire dal 18 dicembre 2025 entreranno in vigore nuove disposizioni per i lavoratori che percepiscono la cassa integrazione e svolgono contemporaneamente un’attività lavorativa.

La novità, prevista dall’articolo 22 della Legge n. 182/2025, stabilisce che il dipendente dovrà comunicare tale circostanza non solo all’INPS, come già previsto dall’articolo 8 del D.Lgs. n. 148/2015, ma anche al datore di lavoro che ha richiesto l’integrazione salariale. L’obiettivo di questa modifica è tutelare le aziende che anticipano la prestazione al lavoratore, evitando che l’erogazione piena del trattamento debba poi essere ridotta o annullata a seguito della rimodulazione operata dall’INPS in base ai compensi percepiti durante il periodo di sospensione del lavoro. La comunicazione tempestiva consente così all’azienda di gestire correttamente il conguaglio e prevenire eventuali discrepanze con l’ente previdenziale.

Rimane confermato l’obbligo di informare l’INPS di qualsiasi attività lavorativa remunerata, anche quando il reddito derivante è compatibile con il trattamento o l’Istituto è già a conoscenza della nuova occupazione. Questo doppio canale di comunicazione – verso l’ente previdenziale e verso il datore di lavoro – punta a garantire maggiore trasparenza e coordinamento tra le parti coinvolte, migliorando la gestione dei trattamenti e riducendo il rischio di errori o di sanzioni.

Le nuove disposizioni favoriscono inoltre una maggiore consapevolezza da parte del lavoratore sui propri obblighi informativi e permettono al datore di lavoro di allineare correttamente le erogazioni anticipate con eventuali riduzioni derivanti dai redditi aggiuntivi del dipendente

 

Tema della Settimana

Accordo aziendale avente impatto sulla base di computo del TFR: la Corte d’Appello di Napoli ribadisce la legittimità delle modifiche peggiorative in presenza di crisi aziendale.

Con le recenti sentenze nn. 2520 del 26 novembre 2025, 2526 del 27 novembre 2025 e 4206 del 10 dicembre 2025 la Corte d’Appello di Napoli è tornata ad affrontare il delicato tema della derogabilità in pejus della base di computo del TFR ad opera della contrattazione aziendale.

Le tre pronunce, avendo ad oggetto il medesimo tema, in linea con quanto sancito all'esito dei giudizi di primo grado, confermano la piena legittimità di un accordo aziendale sottoscritto nel 2017, che – in un contesto di una crisi produttiva di eccezionale gravità – aveva previsto la temporanea esclusione della paga base tabellare e dell’ex indennità di contingenza dal calcolo del TFR, nonché la sospensione di alcuni istituti retributivi. L’elemento di fondo comune è la valorizzazione di una visione “funzionale” della contrattazione collettiva di prossimità, capace di incidere in senso peggiorativo su diritti non ancora quesiti, purché nel rispetto dei principi costituzionali e della ratio dell’art. 2120 c.c.

Nel ricostruire il quadro normativo di riferimento, la Corte ha ribadito un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità: il rapporto tra fonti collettive non risponde a regole di gerarchia, bensì alla volontà delle parti sociali e al criterio della prossimità, che attribuisce anche alla contrattazione aziendale un’efficacia propria e non derivata. Richiamando la pronuncia della Cassazione n. 9668/2023, i giudici partenopei hanno affermato che gli accordi aziendali possono derogare in senso peggiorativo ai contratti nazionali, nel limite del rispetto dei diritti già definitivamente acquisiti dai lavoratori. Il TFR, nella parte maturanda, non rientra tra i diritti quesiti, poiché la maturazione dell’istituto si perfeziona solo alla cessazione del rapporto: tale dato consente – entro certi limiti – interventi modificativi sulla componente retributiva che ne costituisce il parametro di calcolo.

Le tre sentenze affrontano poi il tema della conformità costituzionale delle clausole che incidono sulla consistenza della retribuzione utile al TFR. I lavoratori appellanti lamentavano una violazione dell’art. 36 Cost., sostenendo che l’esclusione di paga base e contingenza avrebbe di fatto azzerato il TFR maturando, compromettendo la funzione economico-sociale dell’istituto.

A tal riguardo la Corte ha chiarito l'invocazione della lesione del “minimo costituzionale” richiede l'allegazione degli elementi comparativi necessari a dimostrare che la retribuzione complessiva risulti non più adeguata.

Nei casi di specie, tale onere non è stato assolto e, precisa ancora la Corte partenopea, il giudizio non può prescindere dalla complessiva operazione negoziale che ha portato all’accordo del 2017: un intervento straordinario, temporaneo, sperimentale, diretto a scongiurare numerosi licenziamenti nel sito interessato e approvato sia dalle organizzazioni sindacali territoriali sia dai lavoratori tramite apposito referendum.

Le motivazioni delle pronunce insistono su un elemento ritenuto decisivo: la natura compensativa del piano di riorganizzazione. A fronte dei sacrifici economici richiesti ai dipendenti (incluse le modifiche sulla base di computo del TFR) è stata garantita la conservazione dei livelli occupazionali, oltre l’impegno aziendale a rilanciare il sito, l’introduzione di un sistema di monitoraggio paritetico e la previsione di trattamenti “una tantum” legati al superamento del punto di equilibrio economico.

Le tre sentenze rappresentano, dunque, un tassello importante nel consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui la contrattazione aziendale – soprattutto in situazioni di crisi – può incidere in pejus su istituti non ancora maturati, purché ciò avvenga nel rispetto dei criteri di buona fede, proporzionalità e temporaneità.