
18 aprile 2025 • 9 minuti di lettura
Labour News - Le novità della settimana
18 aprile 2025In evidenza
Corte di Appello di Ancona, 18 gennaio 2025 n. 29 - Mancata consultazione e condotta antisindacale
La Corte di Appello di Ancona si è occupata della vicenda di un trasferimento della sede di lavoro che ha coinvolto circa 30 dipendenti, i quali, una volta ricevuta la lettera di trasferimento, hanno deciso di rassegnare le proprie dimissioni.
In particolare, le dimissioni sono arrivate perché i lavoratori sono stati informati del trasferimento in maniera non tempestiva, ma solamente in prossimità dello stesso. La Corte di Appello, pertanto, ricorda come, in presenza di un trasferimento che sia suscettibile di stravolgere l'assetto organizzativo aziendale, il datore di lavoro sia tenuto ad attivare la fase di informazione e consultazione sindacale preventiva, prevista dall'articolo 4 del Decreto Legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, ai sensi del quale il datore di lavoro deve attivare una procedura di informazione e consultazione sindacale per tutte quelle "decisioni dell'impresa che siano suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti dell'organizzazione del lavoro, dei contratti di lavoro”, soprattutto nelle ipotesi in cui – come avvenuto nel caso di specie – la procedura di consultazione sindacale non è definita nei tempi e nelle modalità da parte della contrattazione collettiva.
La fase sindacale, infatti, deve precedere l'atto organizzativo datoriale - in questo caso, il trasferimento -proprio perché è funzionale alla ricerca di soluzioni che possano costituire un punto d'incontro tra le esigenze dell'impresa e gli interessi dei lavoratori.
La modifica della sede di lavoro, infatti, genera inevitabilmente un cambiamento radicale nelle condizioni di lavoro e, di conseguenza, rende estremamente prevedibili le dimissioni rendendo il provvedimento del datore, secondo la Corte d'Appello, sostanzialmente equiparabile all'esercizio del potere di recesso.
La Corte d'Appello di Ancona, pertanto, ha ritenuto antisindacale la condotta datoriale, in quanto non è stata attivata tempestivamente alcuna procedura di consultazione sindacale entro un termine congruo preventivo rispetto alle decisioni dell'azienda.
Rinnovo Contratto Chimico Farmaceutico: si avvicina la firma
Si avvia alla fase finale il rinnovo del contratto chimico farmaceutico per il periodo 2023-2028. Il 14 aprile, a Roma, si sono incontrati Federchimica, Farmindustria e i sindacati Filctem, Femca, Uiltec e Ugl Chimici per definire i dettagli del nuovo accordo che riguarda oltre 180.000 lavoratori. Nonostante la scadenza del contratto attuale sia fissata per il 30 giugno 2025, le trattative sono partite con largo anticipo, continuando i colloqui iniziati già durante la vigenza dell'accordo precedente, in un contesto economico e geopolitico incerto.
Ministero del Lavoro, comunicato del 14 aprile 2025: firmati i decreti attuativi dei bonus giovani e donne
Il Ministero del Lavoro ha comunicato che sono stati firmati i due decreti attuativi relativi ai bonus per giovani e donne previsti dal c.d. "Decreto Coesione". Si tratta di misure che incentivano l’assunzione stabile, cioè a tempo indeterminato, di due categorie considerate prioritarie: i giovani under 35 che non hanno mai avuto un contratto stabile e le donne disoccupate da oltre 24 mesi. che permetteranno l’applicazione degli esoneri per le assunzioni di lavoratori rientranti nelle suddette tipologie.
I decreti, firmati di concerto con il Ministero dell’Economia, stabiliscono i criteri e le modalità per accedere all’esonero dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro privati per l’assunzione a tempo indeterminato o la trasformazione del contratto in un rapporto di lavoro stabile, di lavoratori under 35 che non sono mai stati occupati a tempo indeterminato e di donne prive di impiego regolarmente retribuito.
Agenzia delle Entrate, interpello n. 98/2025: per la tassazione delle somme corrisposte a seguito di conciliazione rileva la residenza al momento della maturazione e non della percezione
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le somme corrisposte a un ex dipendente italiano in seguito a una conciliazione giudiziale devono essere tassate in Italia per il periodo in cui il soggetto era residente nel nostro Paese, anche se al momento della percezione risiede in uno stato estero.
Infatti, tali somme sono considerate a tutti gli effetti redditi di lavoro dipendente, come previsto dagli articoli 49 e 51 del TUIR, e sono soggette a tassazione separata secondo l’articolo 17, comma 1, lettera a) dello stesso testo unico.
Pertanto, esse devono essere tassate nel luogo ove si è svolto il periodo lavorativo, ovvero nel caso di specie l'Italia.
Le altre novità
Giurisprudenza
Tribunale di Ancona, 29 marzo 2025, n. 213 - Ammissibile il doppio licenziamento
Il Tribunale di Ancona ha affermato che un lavoratore, autore di due condotte distinte e gravi sotto il profilo disciplinare, può essere destinatario di due distinti licenziamenti, anche se il secondo interviene dopo la cessazione del rapporto determinata dal primo.
Il caso in esame riguardava un dipendente che aveva impugnato entrambi i provvedimenti, sostenendo che il potere disciplinare del datore si esaurisse con il primo licenziamento. Il Tribunale ha però precisato che, qualora il secondo illecito sia autonomo rispetto al primo e venga contestato tempestivamente, il datore può procedere con un nuovo recesso, anche successivo. Richiamando la giurisprudenza della Cassazione, si è chiarito che ciò è possibile solo se i fatti posti a base del secondo licenziamento erano ignoti o sopravvenuti al momento del primo.
L'efficacia del secondo licenziamento, chiarisce il tribunale, è comunque condizionata all’eventuale declaratoria di illegittimità del primo, che produca la continuazione del rapporto, il quale, in tal modo può essere interrotto dal secondo recesso. Nel caso concreto, nonostante non si sia verificata una continuazione del rapporto di lavoro - in quanto soggetto alla tutela obbligatoria -, il secondo provvedimento è stato comunque preso in considerazione dal tribunale.
Ad ogni modo, nel caso concreto, entrambi i licenziamenti sono stati dichiarati illegittimi: il primo per assenza di prova e il secondo anche per ingiustificata tardività. Il ricorso del lavoratore è stato accolto e gli è stata riconosciuta la tutela indennitaria ex artt. 3 e 9 del Dlgs 23/2015.
Relazioni Sindacali
Rinnovo Contratto Comunicazione, Informatica e Servizi Innovativi
L’8 aprile 2025 è stata firmata l’ipotesi di rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale Unigec – Unimatica, che riguarda i settori della comunicazione, dell’informatica, dei servizi innovativi e della microimpresa che scadrà il 31 dicembre 2027.
Tema della settimana
Licenziamento: reintegra nel caso di manifesta insussistenza delle motivazioni poste a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6221 pubblicata lo scorso 22 marzo 2025, è tornata a pronunciarsi sul tema della tutela apprestata al lavoratore nel caso di manifesta insussistenza delle ragioni poste a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Il tema era stato già impattato dalla sentenza della Consulta n. 128/2024 con la quale era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. 4 marzo 2015 n. 23, nella parte in cui non prevede che la tutela reintegratoria attenuata (reintegra nel posto di lavoro e corresponsione di un'indennità massima di 12 mesi) trovi applicazione anche nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale allegato dal datore di lavoro, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa il ricollocamento del lavoratore, c.d. repechage).
Il provvedimento in commento ha proprio a oggetto la risoluzione del rapporto di lavoro di una lavoratrice assunta in regime Jobs Act (dopo il 7 marzo 2015), la quale aveva impugnato giudizialmente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo irrogatole a causa di una "riorganizzazione aziendale finalizzata ad ottenere una maggiore efficienza ed economicità di gestione".
La Corte Territoriale, a fronte della genericità delle allegazioni dedotte dalla società in ordine alle concrete modalità di riorganizzazione e di riallocazione dei fattori produttivi, esclusa la natura ritorsiva del licenziamento, ha dichiarato lo stesso illegittimo con conseguente applicazione dell'art. 3, comma 1) del d.lgs. n. 23 del 2015, che prevede l'estinzione del rapporto di lavoro e la condanna del datore di lavoro al pagamento di una indennità risarcitoria pari a sei mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
La dipendente ha presentato ricorso avverso la sentenza pronunciata della Corte Territoriale al fine di veder accertata e dichiarata la natura ritorsiva del licenziamento, nonché l'errata applicazione della tutela indennitaria da parte del giudice di secondo grado.
La Corte di Cassazione ha respinto il primo motivo di ricorso della dipendente, in quanto per accogliere la domanda di accertamento della nullità del licenziamento fondato su motivo illecito occorre che l'intento ritorsivo datoriale abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà di recedere dal rapporto di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso, aspetto che nel caso di specie non è stato provato.
Per quanto concerne, invece, la tutela applicabile nel caso di manifesta insussistenza delle ragioni poste alla base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la Corte di Cassazione ha correttamente rilevato che la tutela approntata dall'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2015 è stata incisa dalla recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza 16 luglio 2024, n. 128), la quale ha ritenuto incostituzionale la disposizione per mancata previsione della tutela reintegratoria ove il fatto che giustifica il licenziamento per giustificato motivo oggettivo risulti insussistente.
Considerato che, in base all'art. 136 Cost., la declaratoria di incostituzionalità di una norma di legge comporta che quest'ultima cessi di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione e che, inoltre, la parte che potrebbe giovarsi della pronuncia di incostituzionalità ha impugnato il profilo della corretta applicazione del regime sanzionatorio - sicché la questione della tutela reintegratoria doveva ritenersi ancora al vaglio dell'autorità giudiziaria - la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza e rinviato al giudice di merito affinché lo stesso applicasse l'art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2015 come risultante a seguito della citata pronuncia della Consulta.
In considerazione di quanto emerso nel caso in commento il datore di lavoro che si trovi a risolvere dei rapporti di lavoro per ragioni legate al mutamento dell'organizzazione aziendale dovrà essere in grado di poter dimostrare l'effettiva sussistenza delle motivazioni poste alla base dei licenziamenti, in quanto l'ipotetica reintegra dei lavoratori interessati potrebbe determinare ulteriori criticità sugli assetti organizzativi nel frattempo mutati.