
28 febbraio 2025 • 11 minuti di lettura
Labour News - Le novità della settimana
28 febbraio 2025In evidenza
Corte di Cassazione, 10 febbraio 2025 n. 3405 - Concorrenza e giusta causa
La pronuncia della Corte di Cassazione tratta della vicenda di un licenziamento per giusta causa conseguente allo svolgimento, da parte di un dipendente, di attività imprenditoriale in concorrenza con quella svolta dalla società datrice di lavoro. In particolare, la società, attiva nel settore della cantieristica navale, veniva a conoscenza del fatto che un proprio dipendente era stato raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, per il reato di associazione mafiosa.
Il dipendente, in particolare - pur non essendo ancora stato condannato per il suddetto reato - avrebbe per anni svolto attività imprenditoriale in prima linea, collaborando con un "clan" locale, allo scopo di acquisire appalti a discapito della società per cui era assunto.
La società, pertanto, licenziava il dipendente in ragione dell'accertato svolgimento dell'attività imprenditoriale in violazione del codice etico aziendale, che imponeva a ogni dipendente di richiedere l'autorizzazione al proprio datore di lavoro per qualsivoglia attività economica con terzi soggetti.
Nonostante il licenziamento sia stato valutato come legittimo nel corso dei giudizi di merito, il dipendente proponeva ricorso davanti la Corte di Cassazione, rilevando che l'attività imprenditoriale "parallela" da lui svolta non coincidesse con gli interessi economici del proprio datore di lavoro, per il fatto che egli non aveva un ruolo operativo in tali società, ma deteneva solamente alcune cariche mortis causa, a seguito della morte del padre. Inoltre, secondo il lavoratore, lo svolgimento di tali attività non poteva giustificare il licenziamento per giusta causa, sussistendo al più i presupposti per una sanzione conservativa.
Tuttavia, la Suprema Corte ha rilevato come il dipendente - a seguito degli accertamenti emersi in sede di merito - deteneva un ruolo gestionale ed operativo in tali società e che tale condotta fosse sufficiente per integrare un licenziamento per giusta causa, in quanto ha integrato "una violazione dell'obbligo di buona fede" e una "lesione irrimediabile del vincolo fiduciario (…) in contrasto con i doveri connessi al suo inserimento nella struttura e nella organizzazione dell'impresa", in violazione degli articoli 2105, 1175 e 1375 del Codice Civile.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato la legittimità del licenziamento del dipendente.
Approvato in via definitiva il Decreto cd. Milleproroghe
La Camera dei Deputati, nella seduta del 20 febbraio 2025, ha approvato il DdL di conversione del Decreto c.d. Milleproroghe, confermando misure chiave in materia di diritto del lavoro. Tra le principali novità, viene prorogata fino al 31 dicembre 2025 la possibilità di stipulare, anche in assenza di causali definite dalla contrattazione collettiva nazionale, contratti a termine di durata superiore a 12 mesi, attraverso l'apposizione di causali individuate dalle parti per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva. Il testo della legge di conversione è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 febbraio scorso.
INPS - Circolare 44/2025 - Regime previdenziale dei "content creator": i chiarimenti dell’INPS
L’INPS ha chiarito il regime previdenziale applicabile ai "content creator", individuando criteri distintivi per l’iscrizione alle diverse gestioni previdenziali.
Ad avviso dell'INPS, l’inquadramento di tali lavoratori dipende dalla natura dell’attività svolta, dal modello organizzativo adottato e dalle modalità di percezione dei compensi. Se l’attività ha carattere imprenditoriale e si basa sull’uso prevalente di mezzi di produzione, il lavoratore è tenuto all’iscrizione nella Gestione Commercianti. Qualora, invece, l’attività sia prevalentemente personale e intellettuale, senza un’organizzazione d’impresa, è prevista l’iscrizione alla Gestione Separata, con obbligo contributivo anche per le collaborazioni occasionali oltre i 5.000 euro annui. Se l’attività rientra nelle professioni artistiche e di spettacolo, con finalità promozionali o pubblicitarie, il versamento dei contributi è dovuto al Fondo Pensioni Lavoratori dello Spettacolo, con obbligo a carico del committente o della talent agency.
La Circolare evidenzia la possibile sovrapposizione contributiva, richiedendo un’attenta valutazione della prestazione svolta ai fini dell’esatta qualificazione previdenziale.
Comunicato stampa INPS - 21 febbraio 2025 - Recepimento delle nuove norme sulla Riforma della Disabilità
L'INPS annuncia il recepimento delle nuove norme introdotte dalla c.d. Riforma della Disabilità, attuata dal D. Lgs. n. 62/2024, e avviata in via sperimentale dal 1° gennaio 2025 in nove province italiane.
La riforma ha introdotto importanti novità volte alla semplificazione e alla riduzione dei tempi burocratici dell'accertamento della disabilità, nonché al miglioramento dell'esperienza degli utenti.
Tra i cambiamenti più rilevanti si segnala che a decorrere dal 1° gennaio 2026 la gestione del procedimento per la valutazione di base è affidata, in via esclusiva, all'INPS.
In aggiunta a ciò, il c.d. Decreto milleproroghe ha esteso la sperimentazione ad altre undici province e ha prolungato il relativo periodo da 12 a 24 mesi. Queste modifiche garantiscono un periodo adeguato a valutare l'efficacia delle nuove disposizioni che partiranno poi sull'intero territorio nazionale da gennaio 2027.
Le altre novità
Giurisprudenza
Corte di Cassazione, 18 febbraio 2025 n. 4227 - Licenziamento e condotte risalenti a un precedente rapporto di lavoro
La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di un licenziamento per giusta causa, irrogato da una società nei confronti di un portalettere, accusato di aver sottratto e occultato della corrispondenza durante un precedente rapporto di lavoro intercorso con la medesima società.
Il licenziamento, tuttavia, veniva comminato nell’ambito di un nuovo contratto, che era stato stipulato a seguito e per effetto di una conciliazione avente natura di transazione generale novativa.
Nel confermare la legittimità del licenziamento del lavoratore, la Corte ha richiamato un principio di diritto già espresso in precedenti pronunce, evidenziando come la condotta del lavoratore fosse stata idonea a ledere il vincolo fiduciario, anche se non legata direttamente al rapporto lavorativo in corso, in quanto avvenuta durante un contratto precedente. Infatti, secondo la Suprema Corte, "in tema di licenziamento per giusta causa, il vincolo fiduciario può essere leso anche da una condotta estranea al rapporto lavorativo in atto, benché non attinente alla vita privata del lavoratore e non necessariamente successiva all’instaurazione del rapporto, a condizione che, in tale secondo caso, si tratti di comportamenti appresi dal datore dopo la conclusione del contratto e non compatibili con il grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate e dal ruolo rivestito dal dipendente nell’organizzazione aziendale".
Nel caso in esame, la corrispondenza sottratta veniva rinvenuta a seguito di un'indagine esterna, effettuata dai Carabinieri, e non per iniziativa del datore di lavoro. Secondo la Corte, il fatto che il lavoratore fosse stato riassunto con un nuovo contratto di lavoro con il medesimo datore di lavoro e con le stesse mansioni ricoperte in precedenza, legittimava il licenziamento per giusta causa. La Corte riteneva infatti che, nonostante la condotta fosse emersa molto tempo dopo la conclusione del precedente rapporto di lavoro, il vincolo fiduciario necessario per lo svolgimento del ruolo e per il prosieguo dell'attività lavorativa fosse stato così definitivamente compromesso. Ad avviso della Corte, infatti, tale comportamento veniva ritenuto del tutto incompatibile con le mansioni ricoperte dal lavoratore all'interno dell’organizzazione aziendale, e ciò in considerazione del fatto che per l'espletamento delle mansioni di portalettere, era necessario che vi fosse un pieno affidamento del datore di lavoro circa la correttezza dell'operato del lavoratore, in quanto la prestazione lavorativa del lavoratore avveniva sempre al di fuori dell'ufficio e, quindi, in assenza di un controllo diretto da parte del datore di lavoro.
La Suprema Corte ha, pertanto, rigettato il ricorso del lavoratore, dichiarando il licenziamento legittimo.
Circolari e Prassi
INPS - Messaggio del 19 febbraio 2025, n. 639 - Pubblicato il nuovo codice identificativo per la risoluzione per fatti concludenti
L’INPS ha fornito ulteriori chiarimenti in merito all’ipotesi di risoluzione per fatti concludenti dovuta all’assenza ingiustificata introdotta dall’art. 19 della Legge n. 203/2024.
A tal proposito, l’Istituto ha chiarito che tale ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro il deve essere identificato nel flusso Uniemens “con il nuovo codice
Tema della settimana
Direttiva sulla trasparenza retributiva: come prepararsi al meglio già da ora
La Direttiva UE 2023/970 sulla Trasparenza Retributiva (la "Direttiva") mira a garantire una maggiore equità salariale e trasparenza nelle politiche retributive aziendali. I datori di lavoro saranno tenuti ad adottare misure non solo per rendere più accessibili le informazioni sulle politiche salariali, ma anche per assicurare una retribuzione equa. L'obiettivo è garantire che ogni professionista riceva un compenso adeguato al proprio ruolo, libero da disparità legate al genere o ad altri fattori discriminatori.
La Direttiva, che gli Stati Membri dovranno recepire entro il 7 giugno 2026, impone alle aziende di garantire la trasparenza salariale sia in fase di assunzione che durante il rapporto di lavoro. Inoltre, le imprese di maggiori dimensioni dovranno adottare procedure specifiche per la rendicontazione delle proprie politiche retributive e, nel caso in cui siano rilevati ingiustificati divari retributivi di genere pari ad almeno il 5%, saranno obbligate a correggere tale divario entro sei mesi.
L’adeguamento a queste nuove disposizioni richiederà tempo e un’attenta pianificazione, poiché gli obblighi previsti sono complessi e di non immediata attuazione. Per questo motivo, è fondamentale che le aziende inizino sin da ora a rivedere i propri processi interni, adottando nuove strategie sia nella fase di selezione che nella gestione del personale, così da trovarsi preparate quando la normativa entrerà pienamente in vigore.
Quali passi possono essere intrapresi fin da subito per non farsi trovare impreparati?
Il primo passo per adeguarsi alla Direttiva è condurre un'attività di audit e monitoraggio sulla parità salariale all'interno dell'azienda. Questa fase richiede l’identificazione corretta delle categorie di lavoratori da comparare, considerando che la Direttiva fa riferimento a mansioni “di pari valore”. L’analisi dovrà esaminare non solo gli stipendi, ma l’intero pacchetto retributivo, comprese eventuali componenti accessorie.
Una volta completata l’analisi dei dati, sarà possibile individuare eventuali disparità salariali e pianificare un piano d’azione per eliminarle o, se necessario, giustificarne l’esistenza con criteri oggettivi. Sarà inoltre utile stabilire parametri equi e trasparenti per la gestione delle progressioni salariali interne, al fine di prevenire future discrepanze.
Parallelamente, le aziende dovrebbero già da ora rivedere i propri processi di selezione e apportare eventuali modifiche, se necessarie. La Direttiva, infatti, imporrà ai datori di lavoro di indicare il range retributivo previsto per il ruolo oggetto di selezione e di astenersi dal chiedere ai candidati informazioni sulla loro retribuzione attuale, una pratica ancora molto diffusa nei colloqui di lavoro.
Per garantire un’efficace applicazione di queste nuove disposizioni, sarà fondamentale prevedere attività formative per chi si occupa di selezione del personale. I corsi dovranno fornire linee guida chiare sulle nuove regole di trasparenza salariale, sull'importanza di processi di selezione imparziali e sulla gestione delle trattative retributive in modo equo e conforme alla normativa.
La trasparenza salariale dovrà essere garantita anche nel corso del rapporto di lavoro. Più precisamente, i datori di lavoro dovranno assicurare ai dipendenti una comunicazione chiara e trasparente sulle politiche retributive aziendali, fornendo informazioni accessibili e strutturate anche durante il corso del rapporto di lavoro. Per essere pronti a rispondere a tali richieste, che potranno arrivare anche dai rappresentanti sindacali o un organismo paritari e a cui occorrerà dal seguito entro 60 giorni dalla loro ricezione, i datori di lavoro possono iniziare a predisporre delle procedure interne per la gestione delle richieste definendo: i) un canale ufficiale a cui andranno inviate; ii) un sistema di raccolta e analisi dei dati retributivi per garantire risposte rapide e conformi e iii) uno standard di lettera di risposta per la condivisione di tali informazioni.
Un altro aspetto centrale della Direttiva è l’obbligo per le aziende di stabilire criteri chiari per gli aumenti salariali e le promozioni, al fine di garantire equità e trasparenza. Per prepararsi, le imprese potrebbero giocare in anticipo, formalizzando i criteri di valutazione per le promozioni e gli aumenti retributivi, assicurando che tali criteri siano oggettivi e neutrali, in modo da prevenire discriminazioni di genere o basate su altri fattori non legati alla performance e preparando standard di comunicazioni da inviare regolarmente ai dipendenti per rendere note le politiche di avanzamento di carriera.
Un altro obbligo che entrerà in vigore con il recepimento della Direttiva sarà la redazione di report sul divario retributivo di genere, richiesta alle aziende con più di 250 dipendenti, con cadenza annuale o triennale a seconda della dimensione dell'organizzazione.
Per essere pronte a questo adempimento, le aziende potrebbero iniziare a sviluppare un modello standardizzato per la raccolta e l’analisi dei dati salariali, facilitando la creazione dei report richiesti e definire le modalità di pubblicazione dei report, ad esempio tramite il sito web aziendale o altri strumenti interni.
È importante sottolineare che le sanzioni per il mancato rispetto di questi obblighi potranno essere significative. In particolare, la Direttiva prevede che le autorità competenti degli Stati membri possano imporre multe o altre misure correttive alle aziende che non adempiono agli obblighi di trasparenza salariale. In caso di violazioni gravi o ripetute, le sanzioni possono includere sanzioni pecuniarie proporzionali alla dimensione dell’impresa, alla gravità della violazione e al numero di dipendenti coinvolti. Inoltre, la mancanza di trasparenza potrebbe comportare danni reputazionali per le aziende, influendo negativamente sulla loro attrattiva per i talenti e sulle relazioni con i propri dipendenti.
Anticipare questi passaggi consentirà alle aziende di affrontare con maggiore sicurezza i futuri obblighi e di trasformare il cambiamento normativo in un’opportunità per migliorare la cultura aziendale, attrarre talenti e rafforzare la propria reputazione come datore di lavoro equo e trasparente.