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10 ottobre 2025

Labour News - Le novità della settimana

10 October 2025
In evidenza

Corte di Cassazione, 1° ottobre 2025, n. 32520 – Il Preposto risponde dell’infortunio anche se l’attività del lavoratore è solo preparatoria

La Corte di Cassazione, in sede penale, ha confermato la decisione della corte d’appello, che aveva condannato il preposto alla sicurezza per violazione degli obblighi di vigilanza previsti dall’art. 19, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 81/2008. La Suprema Corte ha precisato che non assume rilievo la circostanza che l’infortunio del dipendente fosse avvenuto durante un’attività preparatoria alla prestazione lavorativa, ritenendo comunque sussistente l’obbligo di controllo e prevenzione in capo al preposto. 

Gli Ermellini hanno ribadito che, per escludere la responsabilità del preposto, sarebbe stato necessario dimostrare che la condotta del lavoratore fosse connotata da un carattere di abnormità tale da interrompere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del garante e l’evento lesivo. Solo un comportamento del tutto imprevedibile, estraneo alle mansioni e alle direttive ricevute, avrebbe potuto costituire causa autonoma dell’infortunio. 

Nel caso di specie, tuttavia, il materiale probatorio ha evidenziato che l’attività svolta dal lavoratore (la pulizia del soffitto) costituiva un’operazione propedeutica e funzionale alla prestazione lavorativa, resa necessaria dallo stato di degrado della superficie. La responsabilità del preposto è stata inoltre confermata dalla circostanza che l’attività dell’infortunato si svolgeva sotto i suoi occhi, circostanza che prova la piena consapevolezza e l’omessa vigilanza da parte dello stesso

Professionisti e intelligenza artificiale: dal 10 ottobre 2025 scatta l’obbligo di informare i clienti e arrivano i decreti attuativi  

Dal 10 ottobre 2025 entra in vigore la legge 132/2025 sull’intelligenza artificiale, che introduce nuove regole per i professionisti. L’uso dei sistemi di AI sarà consentito solo per attività strumentali di supporto e non potrà mai sostituire la prestazione intellettuale, che deve restare prevalente. Scatta inoltre l’obbligo per i professionisti di informare i clienti, in modo chiaro e comprensibile, sui sistemi di intelligenza artificiale utilizzati nello svolgimento dell’incarico. L’informativa dovrà essere preferibilmente scritta, ad esempio nella lettera di incarico, e spiegare in termini semplici il ruolo e i limiti dell’AI nel processo professionale. 

Accanto alle disposizioni immediatamente operative, la legge prevede anche decreti attuativi che definiranno ulteriori aspetti applicativi, in particolare in materia di formazione e aggiornamento. Saranno infatti Ordini e associazioni professionali a gestire percorsi di alfabetizzazione sull’uso dell’intelligenza artificiale, nonché a promuovere regole deontologiche coerenti con i nuovi obblighi. I decreti dovranno anche stabilire criteri per un equo compenso commisurato ai rischi e alle responsabilità connesse all’impiego dell’AI.  

INPS, circolare del 30 settembre 2025, n. 130 - Chiarimenti sulla pignorabilità delle somme erogate dall’Istituto 

L’INPS ha fornito chiarimenti in merito alla pignorabilità delle prestazioni previdenziali e delle indennità a sostegno del reddito dei lavoratori erogate dall'Istituto. In particolare, si precisa che: 

  • Le prestazioni assistenziali vitali (come maternità, malattia, sussidi funerari) sono impignorabili, salvo il recupero dei debiti verso l’INPS stesso entro il limite di un quinto;
  • Le prestazioni sostitutive della retribuzione (NASpI, cassa integrazione, mobilità) sono parzialmente pignorabili nel limite di un quinto per crediti ordinari e nella misura autorizzata dal giudice per crediti alimentari;
  • L’anticipazione della NASpi è pienamente pignorabile in quanto non costituisce una misura di sostegno al reddito, ma un incentivo all’autoimprenditorialità. 

In ogni caso, in caso di simultaneo concorso tra diverse cause di credito, la quota complessivamente pignorabile non può superare la metà dell’importo. 

 

Le altre novità

Giurisprudenza

Corte di Cassazione, 28 agosto 2025, n. 24148 - Trasferta e trasfertismo  

La Corte di Cassazione ha chiarito le differenze tra gli istituti della trasferta e del trasfertismo e la relativa disciplina applicabile. 

In particolare, il caso in esame trae origine dall’impugnazione da parte di una società di un verbale di accertamento con il quale l'INPS aveva contestato omissioni contributive per il mancato inserimento, nella retribuzione utile ai fini contributivi, delle spese sostenute per vitto, alloggio e trasporto per i propri lavoratori trasfertisti inviati presso vari cantieri. 

Infatti, secondo la società, tali somme rappresentavano costi aziendali - e non retribuzione - in quanto sostenute con la carta di credito aziendale e non rimborsate ai lavoratori trasfertisti. 

Sul punto, tuttavia, respingendo il ricorso datoriale, la Corte ha precisato che trasferta e trasfertismo rappresentano due fattispecie che non possono concorrere con riferimento al medesimo rapporto lavorativo. Infatti, la trasferta riguarda chi ha una sede di lavoro fissa e si sposta occasionalmente per motivi di lavoro; il trasfertista è chi, privo di una sede fissa, svolge abitualmente la propria attività lontano dai locali aziendali. 

In ragione di quanto sopra, pertanto, ad eccezione dell’esenzione del 50% dell’indennità prevista per legge, nel caso di trasfertismo tutte le spese sostenute per vitto, alloggio e trasporto (e così per ogni altra spesa inerente alla prestazione lavorativa) formano reddito e dovranno dunque essere assoggettate a contribuzione. 

Giurisprudenza

Corte d’Appello di Bologna, 29 aprile 2025 n. 223 - Il termine di impugnazione in sede giudiziale del licenziamento decorre "dalla pec"

È stata di recente pubblicata una sentenza della Corte d’Appello di Bologna (che ha rigettato il ricorso presentato da un lavoratore contro la decisione del Tribunale di Rimini) relativamente all’accoglimento dell’eccezione di decadenza della impugnazione in sede giudiziale del licenziamento. In particolare, il lavoratore riteneva errata la decisione in questione, sostenendo che il giudice avrebbe dovuto far decorrere il termine di 180 giorni per l’impugnazione del licenziamento in sede giudiziale dalla raccomandata A/R e non dalla pec inviata per “mera cortesia”. 

Nel caso di specie, il dipendente proponeva ricorso ex art. 414 c.p.c. impugnando il licenziamento per superamento del periodo di comporto (già impugnato stragiudizialmente con raccomandata A/R del 2.04.2024, anticipata via pec in data 29.03.2024) invocando la tutela reintegratoria di cui all'art. 18 co. 7 L n. 300/1970, oltre al pagamento dell'indennità risarcitoria di 12 mensilità. La società eccepiva in via preliminare la decadenza dell'impugnazione del licenziamento in sede giudiziale. In primo grado veniva accolta l'eccezione di decadenza. Tale pronuncia (non definitiva) veniva appellata dinanzi alla Corte d'appello.

La Corte territoriale, con la pronuncia in esame, ha ritenuto infondato l’appello in quanto ha accertato che l'invio della pec da parte del legale ha la stessa efficacia di certezza di una raccomandata cartacea con avviso di ricevimento: con essa il lavoratore - che sottoscrive l'atto redatto dal legale per ratifica - manifesta in modo testuale ed inequivoco la volontà di impugnare il licenziamento. 

Legislazione

Legge n. 144/2025 - Pubblicata la legge delega in materia di retribuzione e contrattazione collettiva 

Il 3 ottobre 2025 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 144/2025 con deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva nonché di procedure di controllo e informazione. 

Al fine di garantire l'attuazione del diritto dei lavoratori ad una retribuzione proporzionata e sufficiente in ossequio con quanto disposto dall’art. 36 Cost. Rafforzando la contrattazione collettiva, il Governo viene delegato ad adottare - entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge in parola - uno o più decreti legislativi per il conseguimento dei seguenti obiettivi: 

  •  assicurare trattamenti retributivi giusti ed equi; 
  • contrastare il lavoro sottopagato, anche in relazione a specifici modelli organizzativi del lavoro e a specifiche categorie di lavoratori; 
  • stimolare il rinnovo dei CCNL nel rispetto dei tempi stabiliti dalle parti sociali, nell'interesse dei lavoratori; 
  • contrastare i fenomeni di concorrenza sleale attuati mediante la proliferazione di sistemi contrattuali finalizzati alla riduzione del costo del lavoro e delle tutele dei lavoratori. 

 

Tema della settimana

L’obbligo degli accomodamenti ragionevoli: portata e limiti alla luce dell’ordinanza n. 24994/2025

Negli ultimi anni la giurisprudenza di legittimità ha progressivamente definito i confini dell’obbligo datoriale di adottare accomodamenti ragionevoli in favore dei lavoratori divenuti inidonei alle mansioni, ai sensi dell’art. 3, comma 3-bis, D.lgs. n. 216/2003, in attuazione della Direttiva 2000/78/CE.

Si tratta di un dovere autonomo rispetto al tradizionale obbligo di repêchage: il datore di lavoro non può limitarsi a escludere la possibilità di adibire il dipendente a mansioni equivalenti o inferiori, ma deve dimostrare di avere “con un comportamento positivo, ricercato possibili soluzioni e misure organizzative appropriate e ragionevoli” (Cass. n. 6497/2021). Tale ricerca, tuttavia, incontra un limite nella ragionevolezza concreta delle misure prospettabili, che non possono comportare “oneri finanziari sproporzionati” o sacrifici eccedenti “i limiti di una tollerabilità considerata accettabile”.

L’ordinanza n. 24994 dell’11 settembre 2025 della Corte di Cassazione si inserisce in questo solco, confermando un orientamento ormai consolidato (v. anche Cass. 15002/2023; 10568/2024; 14307/2024). Nel caso di specie, una lavoratrice addetta al bar, divenuta inidonea alla stazione eretta prolungata, contestava il licenziamento per inidoneità sopravvenuta. La Corte, richiamando i principi di solidarietà e buona fede, ha ritenuto che il datore avesse assolto l’onere di provare l’impossibilità di ulteriori accomodamenti, avendo svolto “una dettagliata analisi di tutte le mansioni disponibili in azienda e delle possibili soluzioni realizzabili con accorgimenti modificativi”.

Le ipotesi prospettate dalla lavoratrice (ad esempio, un parziale impiego alla cassa o l’alternanza tra mansioni in piedi e sedute) sono state giudicate non compatibili con le prescrizioni mediche e tali da determinare “una irragionevole modifica dell’assetto organizzativo aziendale”. La Cassazione ha così ribadito che il principio di inclusione lavorativa non si traduce in un obbligo assoluto, ma in un dovere di diligenza attiva, da bilanciare con le esigenze funzionali e produttive dell’impresa.

In definitiva, l’obbligo di accomodamento resta concreto ma non illimitato: richiede un impegno effettivo e documentabile del datore, senza però pretendere la creazione artificiosa di un nuovo ruolo o la riorganizzazione complessiva dell’azienda.