Woman_Holding_White_Mobile_phone_With_A_Laptop_S_2313

18 luglio 20257 minuti di lettura

Labour News - Le novità della settimana

18 luglio 2025
In evidenza

Tribunale di Reggio Emilia, 19 giugno 2025 n. 363 - Violazione del patto di non concorrenza e del divieto di storno: risarcimento oltre la penale in base ai clienti e agli investimenti stornati

Il Tribunale di Reggio Emilia ha affermato che, in caso di violazione di un patto di non concorrenza validamente stipulato, il precedente datore di lavoro ha diritto non solo alla penale pattuita, ma anche al risarcimento del danno ulteriore, da determinarsi in base al pregiudizio effettivo subito, parametrato a criteri oggettivi come la clientela sottratta dall'ex dipendente, il volume degli investimenti stornati e la redditività dei rapporti persi.

Nel caso in esame, un private banker, dopo aver rassegnato le proprie dimissioni, aveva violato gli impegni di non concorrenza assunti con la banca, svolgendo attività per un concorrente diretto e contattando sistematicamente i clienti del proprio ex portafoglio per trasferirli al nuovo istituto. La banca ex datrice di lavoro, essendo riuscita a dimostrare le suddette violazioni, anche tramite le dichiarazioni rese dai clienti, ha ottenuto il riconoscimento di un danno patrimoniale in misura di gran lunga superiore alla penale prevista dal patto di non concorrenza, calcolato in relazione ai rapporti stornati, al valore delle masse trasferite e alla durata media delle relazioni commerciali.

Oltre al risarcimento del danno patrimoniale, il Tribunale ha altresì riconosciuto un'ingente somma a titolo di risarcimento in favore della per il danno all’immagine subito dalla banca, sia nei confronti della clientela di mercato sia all’interno dell’ambiente aziendale.

Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota del 10 luglio 2025, n. 1180 - Chiarimenti sul lavoro intermittente

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito alcuni chiarimenti in merito alle conseguenze derivanti dall’abrogazione del R.D. n. 2657/1923, operata dalla L. n. 56/2025, cui rinvia il D.M. 23 ottobre 2004 in riferimento alle tipologie di attività per le quali è possibile ricorrere al contratto di lavoro intermittente.

Al riguardo, è stato precisato - in accordo con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che a sua volta ha pubblicato la nota n. 6495 del 9 luglio u.s. - che l’abrogazione del Regio Decreto del 1923 non incide sull’attuale disciplina del lavoro intermittente. Il rinvio operato dal D.M. 23 ottobre 2004 “alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657” deve infatti intendersi come un rinvio meramente materiale.

 

Le altre novità

Giurisprudenza

Corte di Cassazione, 7 luglio 2025, n. 18804 - Sulla violazione dell'obbligo di repéchage e la tutela reintegratoria

Con la sentenza in esame viene ribadito il principio, ormai noto, secondo cui in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la mancata osservanza dell’obbligo di repêchage comporta sempre la reintegrazione del lavoratore. Rilevante risulta, inoltre, l’eventuale incoerenza del datore di lavoro nel criterio di scelta adottato per la selezione delle persone da licenziare in occasione di una riorganizzazione aziendale.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato la correttezza della decisione della Corte Territoriale, che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento di una lavoratrice sotto un duplice profilo: da un lato, per il mancato assolvimento dell’onere probatorio in ordine all’obbligo di repêchage; dall’altro, per la manifesta incoerenza del criterio di scelta adottato dalla società delle persone da licenziare.

La pronuncia in esame ha quindi ribadito il principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui il fatto costitutivo del giustificato motivo oggettivo comprende non solo le ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro o al regolare funzionamento dell’azienda, ma anche l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni (c.d. repêchage) e che la violazione di tale obbligo comporta l’applicazione della tutela reintegratoria di cui all’art. 18, comma 4, della L. n. 300/1970.

Giurisprudenza

Corte di Cassazione, 22 maggio 2025, n. 13747 - Licenziamento e violazione dell’obbligo di tempestiva comunicazione dell’assenza per malattia

Con la sentenza in commento, la Corte ha ribadito il principio secondo cui, in caso di assenza per malattia, la mancata tempestiva comunicazione dell’assenza può comportare il licenziamento del dipendente, a prescindere dall’effettiva sussistenza della malattia.

In particolare, il caso in esame trae origine dal licenziamento intimato nei confronti di una lavoratrice rimasta assente per cinque giorni consecutivi che, solo successivamente al rientro in azienda, comunicava la riconducibilità dell’assenza alla malattia.

In proposito, la Corte, confermando la sentenza emessa a definizione del secondo grado di giudizio, ha precisato che il licenziamento intimato in siffatta ipotesi è legittimo, in quanto l’obbligo di comunicare tempestivamente l’assenza discende dai generali obblighi di correttezza e diligenza nell'espletamento della prestazione lavorativa, la cui violazione comporta un pregiudizio organizzativo al datore di lavoro tale da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario.

Circolari e Prassi

Introdotto il Cruscotto Informativo per la Gestione degli Appalti nella Logistica (c.d. CIGAL)

Con la conversione in legge del decreto-legge n. 73/2025, approvata dalla Camera dei Deputati il 10 luglio 2025, è stato istituito presso il Ministero del Lavoro il Cruscotto informativo per la gestione dei contratti di appalto tra privati nel settore della logistica (CIGAL).

Questo strumento nasce per monitorare la gestione dei contratti di appalto tra privati nel settore della logistica (offrendo informazioni utili alla verifica della conformità fiscale, contributiva e lavorativa degli appaltatori) e per prevenire, di conseguenza, potenziali irregolarità nell'ambito degli appalti.

Formatemp, circolare del 2 luglio 2025, n. 6 - Erogazione della formazione a distanza (FaD)

Con la circolare in commento, relativamente a quanto sopra, Formatemp ha condiviso le seguenti indicazioni operative:

  1. FaD asincrona: a partire dai progetti presentati dall’8 luglio 2025, le agenzie per il lavoro possono trasmettere al Fondo anche solo la semplice l’informativa (in luogo dell’accordo sindacale) per poter svolgere percorsi formativi tramite formazione a distanza asincrona; la suddetta informativa andrà predisposta in coerenza con il format definito dalle Parti Sociali;
  2. Indennità di frequenza: nei progetti presentati dall’8 luglio 2025, l'indennità prevista per i partecipanti che ricevono l’attestato di frequenza è di € 4,50 all’ora. La circolare fornisce poi i criteri per comprendere i percorsi per i quali la suddetta indennità sia obbligatoria e facoltativa.

 

Tema della settimana

Corte Cost. 8 luglio 2025, n. 99 - Amministrazione straordinaria e cessione d’azienda: la Corte Costituzionale chiarisce la natura liquidatoria della procedura e le ricadute sui rapporti di lavoro

Con la sentenza n. 99 dell’8 luglio 2025, la Corte Costituzionale interviene su un tema cruciale per il diritto della crisi d’impresa e del lavoro, ribadendo che la procedura di amministrazione straordinaria mantiene natura liquidatoria anche quando prevede la prosecuzione dell’attività in vista della cessione a terzi.

Il caso nasce da un giudizio davanti al Tribunale di Roma relativo alla cessione del ramo aviation da una nota società in amministrazione straordinaria a una nuova compagnia aerea. I lavoratori avevano invocato l’applicazione dell’art. 2112 c.c. per la continuità dei rapporti di lavoro, ma la norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 6 del D.L. 131/2023 ha escluso questa possibilità quando le cessioni avvengano in esecuzione di un programma di cessione approvato dalla Commissione europea che esclude la continuità economica tra cedente e cessionario.

Pur dichiarando le questioni inammissibili per ragioni processuali, la Corte Costituzionale chiarisce un principio essenziale: anche se l’attività prosegue, l’obiettivo della procedura resta la liquidazione e il soddisfacimento dei creditori, non la salvaguardia dell’impresa in sé.

Questo chiarimento ha ricadute rilevanti per il diritto del lavoro. La Corte conferma infatti che le cessioni dei beni o dei complessi aziendali nell’ambito dell’amministrazione straordinaria non costituiscono trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c., a prescindere dall’esistenza di un accordo sindacale. Lo prevede espressamente l’art. 56, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 270/1999, che qualifica tali operazioni come atti liquidatori e non come trasferimenti di azienda rilevanti ai fini della prosecuzione dei rapporti di lavoro.

Si tratta di un principio che impatta direttamente sulla sorte dei lavoratori coinvolti: in assenza di un trasferimento di ramo d’azienda ex art. 2112 c.c., i rapporti di lavoro non proseguono automaticamente con l’acquirente. Eventuali assunzioni saranno quindi frutto di nuove negoziazioni o di accordi ad hoc, ma non di un obbligo legale di subentro.

Ciò implica la necessità di verificare sempre se l’operazione avviene in un contesto liquidatorio, come accade nell’amministrazione straordinaria, e se la prosecuzione dell’attività sia funzionale solo alla cessione e non alla continuità dell’impresa. In questo scenario, anche la presenza di un accordo sindacale non muta la qualificazione giuridica della cessione, che rimane estranea all’ambito applicativo dell’art. 2112 c.c.

Ne consegue che, nelle procedure di amministrazione straordinaria, l’interesse prevalente non è necessariamente la conservazione dei posti di lavoro, bensì la gestione ordinata della crisi e la tutela dei creditori, anche quando ciò comporta sacrifici sul piano occupazionale.