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24 ottobre 2025

Labour News - Le novità della settimana

24 ottobre 2025
In evidenza

Corte di Cassazione, 2 ottobre 2025 n. 26616 - Società straniere e trattative sindacali

La Corte di Cassazione ha rinviato la decisione su una controversia che coinvolge una società e alcune organizzazioni sindacali italiane. Il caso riguarda il rifiuto di una compagnia aerea di avviare le trattative con i sindacati, fornire informazioni previste dalla normativa italiana e collaborare alla nomina dei rappresentanti per la sicurezza presso lo scalo di Malpensa.

In entrambi i gradi di giudizio è stata ritenuta sussistente la giurisdizione italiana e applicabile la legge nazionale, qualificando l’azione sindacale come extracontrattuale. Secondo i giudici, anche le imprese straniere che operano in Italia, pur non applicando un contratto collettivo nazionale, sono tenute a rispettare gli obblighi informativi e di consultazione previsti dal D.lgs. 25/2007, in attuazione della direttiva 2002/14/CE.

La società ha impugnato la decisione, sostenendo l’assenza di obblighi di trattativa e informazione in mancanza di un CCNL applicato e di personale impiegato in Italia. La Corte di Cassazione ha ritenuto le questioni sollevate di particolare rilevanza e ha disposto il rinvio per la trattazione in pubblica udienza, al fine di chiarire se l’operatività in Italia di una società straniera comporti l’obbligo di confronto con i sindacati italiani.

Consiglio dei ministri: bozza della legge di bilancio per l’anno 2026

Il Consiglio dei ministri ha presentato, in data 18 ottobre 2025, una prima bozza della legge di bilancio per l’anno 2026. La bozza conferma tutte le novità annunciate nella recente conferenza stampa del Governo. Sotto il profilo del sostegno ai lavoratori, è previsto l'aumento del bonus mamme: la somma, riconosciuta dall'INPS, alle mamme lavoratrici con due figli e fino al mese del compimento del decimo anno, sarà pari a 60 euro mensili. I buoni pasti elettronici saranno detassati fino a 10 euro. Sono stanziati aumenti in favore della carta "Dedicata a Te" che facilita l'acquisto di beni alimentari di prima necessità; la manovra assegna più risorse anche al Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza. È istituito un nuovo fondo che intende garantire un sostegno abitativo ai genitori separati o divorziati, non assegnatari dell'abitazione familiare di proprietà con figli a carico fino a 21 anni.

Ministero del Lavoro, nota n. 14744/2025: convalida delle dimissioni anche durante il periodo di prova

Il Ministero del Lavoro ha chiarito che anche le dimissioni presentate durante il periodo di prova da lavoratrici in gravidanza o da genitori nei primi tre anni di vita del figlio devono essere convalidate presso l’Ispettorato territoriale del lavoro, ai sensi dell’art. 55, comma 4, del D.Lgs. 151/2001.

Il parere del Ministero trae il proprio fondamento da un’interpretazione letterale e teleologica della norma, che non prevede in effetti espresse esclusioni per il caso di dimissioni presentate durante il periodo di prova.

 

Le altre novità

Giurisprudenza

Corte di Cassazione, 17 ottobre 2025 n. 27722 - Sulle trattenute sindacali

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul carattere antisindacale della condotta di un datore di lavoro.

La vicenda trae origine dal rifiuto dell’azienda di effettuare le trattenute sindacali sulle retribuzioni dei lavoratori che avevano ceduto, in favore della propria organizzazione sindacale, i crediti corrispondenti ai contributi associativi. Il sindacato aveva agito ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori, denunciando la condotta datoriale come lesiva della libertà e dell’attività sindacale. Il Tribunale prima e la Corte d’Appello poi avevano accolto il ricorso, ordinando la cessazione della condotta e la rimozione dei suoi effetti.

In particolare, i giudici di appello avevano riconosciuto la legittimazione del sindacato, valorizzandone la presenza diffusa sul territorio nazionale e avevano ribadito che, a seguito del referendum abrogativo del 1995 sull’art. 26 dello Statuto dei lavoratori, la materia delle trattenute sindacali è rimessa all’autonomia privata. Di conseguenza, i lavoratori possono disporre liberamente dei propri crediti retributivi, cedendoli al sindacato per il versamento delle quote associative. Tale cessione non richiede, via generale, il consenso del datore di lavoro, che è tenuto a darvi corso una volta ricevuta la notifica.

La Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha chiarito ulteriormente che l’unico limite a questo obbligo può derivare dall’eventuale prova, da parte del datore di lavoro, che l’adempimento comporti un onere organizzativo o economico eccezionalmente gravoso e insostenibile per l’azienda. In mancanza di tale prova, il rifiuto datoriale di eseguire la trattenuta integra una condotta antisindacale, poiché ostacola sia la libertà dei lavoratori di sostenere economicamente la propria organizzazione.

Richiamando i principi già precedentemente affermati, la Suprema Corte ha dunque ribadito che il venir meno dell’obbligo legale di trattenuta a seguito del referendum del 1995 non ha comportato l’introduzione di un divieto, ma ha semplicemente restituito alla contrattazione individuale e collettiva la facoltà di regolare liberamente la materia.

La decisione sottolinea l’importanza di un equilibrio tra l’autonomia negoziale dei lavoratori e l’organizzazione dell’impresa, confermando che la libertà sindacale include anche il diritto di scegliere e sostenere concretamente il proprio sindacato senza ostacoli di natura datoriale.

Corte di Cassazione settembre 2025 n. 25525 - Sui buoni pasto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da un’Azienda sanitaria avverso la pronuncia della Corte d’Appello con la quale veniva riconosciuto il diritto dei ricorrenti (infermieri professionali turnisti) a fruire del servizio mensa o del buono pasto limitato dal Regolamento vigente solo al personale non turnista con rientro pomeridiano.

Con l’ordinanza in esame, la Corte - richiamando l’orientamento ormai consolidato - ha statuito che "in tema di pubblico impiego privatizzato l'attribuzione del buono pasto, in quanto agevolazione di carattere assistenziale che, nell'ambito dell'organizzazione dell'ambiente di lavoro, è diretta conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane dei dipendenti, al fine di garantirne il benessere fisico necessario per proseguire l'attività lavorativa quando l'orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio, è condizionata all'effettuazione di una pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato".

Alla luce di ciò, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso e confermato la sentenza impugnata in ordine al riconoscimento alla fruizione del ticket mensa per il periodo di cui è causa relativamente ai turni lavorativi eccedenti le sei ore.

 

Circolari e Prassi

Ministero del Lavoro, interpello del 17 ottobre 2025 n. 4 - DURC e lavori edili

Il Ministero ha risposto al quesito della Federazione nazionale imprese elettroniche ed elettrotecniche (ANIE), che domandava se l’obbligo di iscrizione alle Casse Edili - e il conseguente assoggettamento alle connesse verifiche di congruità - ricorra esclusivamente con riferimento alle imprese inquadrate o inquadrabili nel settore edile ovvero anche con riferimento alle imprese non appartenenti al settore edile, ma che, nell’ambito della propria attività, realizzano lavori edili in modo accessorio.

A tal proposito, il Ministero ha chiarito che la verifica della congruità della manodopera è stata introdotta per contrastare il lavoro irregolare e sommerso, con l’obiettivo di accertare che nei cantieri il numero di lavoratori e i relativi contributi siano coerenti con l’entità dell’opera edile svolta.

In ragione di quanto sopra, secondo il Ministero, le imprese che in concreto svolgono prevalentemente attività edile hanno sia l’obbligo di richiedere il rilascio del DURC di congruità per i lavori edili realizzati nell’ambito del cantiere, sia quello di iscrizione ad una Cassa Edile/Edilcassa. Diversamente, le imprese che in concreto svolgono prevalentemente attività diversa da quella edile hanno esclusivamente solo l’obbligo di richiedere il rilascio del DURC di congruità per i lavori edili eventualmente realizzati nell’ambito del cantiere, ma non l’obbligo di iscrizione ad una Cassa Edile/Edilcassa.

 

Tema della settimana

Corte di Giustizia UE Sentenza 11 settembre 2025 (Causa C 5/24) - Periodo di comporto esteso per i lavoratori in condizioni di disabilità

La sentenza della Corte di Giustizia UE pubblicata l'11 settembre scorso, all'esito della causa C-5/24, cristallizza uno dei principi fondamentali nel diritto dell'Unione in materia di tutela e parità di trattamento dei lavoratori in condizioni di disabilità: in caso di assenza per malattia o infortunio, tra le possibili misure da ritenersi proporzionate e ragionevoli per evitare forme di discriminazione indiretta, il datore di lavoro è tenuto a valutare anche un periodo di conservazione del posto (c.d. "comporto") più lungo rispetto alla generalità dei dipendenti.

In base all'art. 2110 del Codice civile, decorso il periodo di comporto, la cui durata è fissata dai contratti collettivi, il datore di lavoro può recedere dal rapporto di lavoro, senza che sia ordinariamente prevista alcuna estensione temporale in presenza di condizioni di disabilità.

Tuttavia, nel quadro normativo delineatosi dopo l'emanazione della Direttiva 2000/78/CE, ciascuno Stato dell'Unione ha il dovere di prevenire forme di discriminazione connesse alla disabilità, anche attraverso l'introduzione di obblighi, in capo ai datori di lavoro, di adottare “accomodamenti ragionevoli”, ossia misure organizzative sostenibili che consentano alle persone in condizioni di disabilità di accedere, partecipare e progredire nel contesto lavorativo in posizione di uguaglianza con gli altri colleghi.

Con la sentenza in oggetto, la Corte di Giustizia UE, espressasi su istanza del Tribunale di Ravenna, ha ritenuto che la normativa italiana, pur carente di una disciplina esaustiva sul tema specifico del comporto "esteso" in caso di disabilità, non sia, di per, sé contraria ai principi antidiscriminatori di matrice europea. Da ciò consegue che i giudici nazionali sono tenuti a vagliare, caso per caso, la congruità delle regole concretamente applicate in ipotesi di licenziamento di un lavoratore la cui situazione sia riconducibile a disabilità.

Tale recente pronuncia della Corte europea appare sostanzialmente in linea con le indicazioni interpretative elaborate dalla recente giurisprudenza italiana, secondo cui il datore di lavoro è tenuto anche a valutare di applicare un periodo comporto non uniforme per evitare forme di discriminazione indiretta (tra le più recenti sul tema: Cass. n. 15421/2025; Cass. n. 15282/2024; Cass. n. 5067/2023; Cass n. 9095/2023; Cass. n. 35747/2023; C. App. Milano n. 1198//2024; CGUE 18 gennaio 2020, C-397/18; Tribunale di Roma, 18 gennaio 2025).

Secondo la giurisprudenza, la valutazione della proporzionalità della durata del periodo di comporto "esteso" deve essere rigorosa e fondata non su mere esigenze organizzative astratte ma sulla situazione concreta delle parti: il datore di lavoro, dunque, è tenuto a valutare soluzioni personalizzate, in linea con il principio di parità sostanziale.

L’estensione del periodo di "comporto" - che si concretizza in un esonero dal servizio, normalmente non retribuito - può peraltro rappresentare solo una delle possibili misure da valutare; non l'unica, né quella necessariamente più adeguata a sostenere effettivamente un lavoratore con disabilità o a evitare la cessazione del rapporto.

Infatti, possono assumere rilievo anche misure diverse che, nella fattispecie, risultino più efficaci in ottica di piena uguaglianza quali, per esempio, la riduzione dell'orario di lavoro o l'assegnazione di mansioni che riducano il rischio di morbilità del lavoratore in condizioni di disabilità. Resta fermo che l'adozione di eventuali accomodamenti, per quanto appropriati e utili allo scopo, deve essere valutata entro limiti della ragionevolezza e non comportare un onere sproporzionato per l'azienda.

Per le imprese, dunque, si rende necessario adottare un approccio analitico, prudente e documentato nella gestione delle assenze per malattia di lavoratori disabili che comprenda anche una valutazione individualizzata delle possibili soluzioni funzionali a evitare forme di discriminazione, prima di procedere al licenziamento per superamento del periodo di comporto nei confronti di un dipendente che versi, di fatto, in condizioni di disabilità nell'ampia nozione del diritto euro-unitario.

La determinazione dell'eventuale maggior durata del periodo di comporto dovrà pertanto essere accompagnata dalla verifica di tutte le altre misure organizzative possibili, tenendo conto che, in un eventuale contenzioso, il datore di lavoro sarebbe tenuto a dimostrare di avere identificato proattivamente e adottato (o, quanto meno, proposto al lavoratore disabile), tutti gli accomodamenti possibili, sostenibili ed efficaci.

A conferma della centralità della materia è interessante notare come l'11 settembre 2025 sia stata pubblicata anche un'ulteriore pronuncia della Corte di Giustizia UE, nella causa C 38-24, relativa al divieto di discriminazione per i dipendenti che assistono familiari disabili, c.d. "caregiver", con cui viene sancito l'obbligo del datore di lavoro di adottare accomodamenti ragionevoli anche in loro favore, valutando in particolare misure quali, per esempio, la rimodulazione dell'orario o l'assegnazione di mansioni diverse che agevolino lo svolgimento delle attività assistenziali.

Nel rinnovato e complesso contesto normativo e giurisprudenziale sopra delineato, la contrattazione collettiva e le prassi aziendali potranno aiutare a definire linee guida coerenti con i principi euro-unitari, fermo restando che sarà comunque necessario seguire un approccio individualizzato al fine garantire la piena attuazione delle tutele previste per i lavoratori in condizioni di disabilità e minimizzare i rischi per le imprese.