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27 giugno 20259 minuti di lettura

Labour News - Le novita della settimana

27 giugno 2025
In evidenza

Corte di Cassazione, 17 giugno 2025, n. 619 - Il datore non è responsabile per l’infortunio solo in caso di comportamento abnorme del lavoratore

Con la sentenza in commento, la sezione penale della Suprema Corte ha ribadito che la responsabilità penale del datore di lavoro, in caso di infortunio sul lavoro, sono escluse solo ove il dipendente ponga in essere un comportamento abnorme che va oltre la sfera di controllo del datore. 

Infatti, ricorda la Corte, il datore di lavoro ricopre una posizione di garanzia e, pertanto, è chiamato a valutare preventivamente tutti i possibili rischi prevedibili, cui i lavoratori sono esposti durante l’attività lavorativa. 

Sulla base di tali premesse, la Corte ha ritenuto responsabile un datore per l’infortunio occorso a un lavoratore che, di propria iniziativa, aveva utilizzato un macchinario pericoloso situato nei pressi della propria postazione, benché non fosse necessario per lo svolgimento delle mansioni affidategli. 

A prescindere da tale circostanza, ad avviso della Corte la condotta imprudente del lavoratore non rientra nella nozione di comportamento abnorme in quanto non imprevedibile e, dunque, il datore di lavoro avrebbe dovuto impartire al dipendente la formazione obbligatoria e informarlo sui rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'utilizzo del macchinario. 

Corte di Cassazione, 4 giugno 2025, n. 15029 - Licenziamento per abuso dei permessi di cui alla Legge 104/1992 

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento intimato per giusta causa a un lavoratore, che aveva utilizzato una giornata di permesso ex art. 33, comma 3, L. 104/1992, per attività ricreative del tutto estranee all'assistenza da prestare al genitore disabile. 

I giudici di legittimità hanno ribadito che il permesso ex art. 33, Legge 104/1992 è concesso esclusivamente per la cura del disabile e deve essere fruito in modo coerente con tale finalità, non in funzione meramente compensativa delle energie impiegate per tale assistenza. Il suo utilizzo per scopi ricreativi costituisce dunque un abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, oltre a integrare un'indebita percezione della indennità da parte dell'INPS. 

Nel caso di specie, inoltre, la Corte territoriale aveva evidenziato la gravità dell’impatto patito dall’azienda a seguito della fruizione di tale permesso, considerato che era stato necessario approntare un'organizzazione diversa, particolarmente onerosa, per far fronte all'assenza durante un turno domenicale. 

Dimissioni per fatti concludenti: arrivano i chiarimenti del Ministero del Lavoro 

Il 24 giugno 2025 il Ministero del Lavoro ha aggiornato le FAQ in materia di dimissioni presenti sul proprio sito web, precisando come i termini previsti dai CCNL per il licenziamento per assenza ingiustificata non si applichino automaticamente alle dimissioni di fatto, che richiedono invece un termine più lungo, comunque non inferiore a 15 giorni. 

Secondo il dicastero, il legislatore ha scelto un termine più ampio rispetto a quelli, più brevi, previsti per il licenziamento dalla contrattazione collettiva, proprio per garantire che la volontà del lavoratore, di interrompere il rapporto per fatti concludenti, sia chiara e inequivocabile.  

Il Ministero sottolinea inoltre che un termine più esteso per le dimissioni di fatto è necessario per evitare incertezze e contenziosi atteso che per queste, a differenza del licenziamento, non è prevista una procedura di tutela come quella disciplinata dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori, che consente di valutare le ragioni di entrambe le parti e di controllare la legittimità della decisione. 

 

Le altre novità
Giurisprudenza

Corte di Cassazione, 20 giugno 2025, n. 16604 - Il danno da lucro cessante prescinde da un'eventuale inerzia del dipendente 

La Corte di Cassazione ha affermato che, in caso di perdita del lavoro a seguito di lesioni personali, il giudice deve prima accertare l’effettiva compromissione della capacità lavorativa e stimare il danno patrimoniale, e solo successivamente può valutarne una eventuale riduzione in base alla possibilità di reimpiego. Non è legittimo respingere la domanda risarcitoria esclusivamente perché la vittima non ha dimostrato di essersi attivata nella ricerca di una nuova occupazione: tale elemento può rilevare solo in un secondo momento, come possibile causa di aggravamento colposo del danno, ai sensi dell’art. 1227, co. 2, c.c. La mancata prova di una ricerca attiva di nuova occupazione non preclude, di per sé, la liquidazione del danno. 

Nel caso di specie, una dipendente addetta alle pulizie era stata licenziata per superamento del periodo di comporto dopo un grave incidente stradale. Questi agiva quindi in giudizio per ottenere il risarcimento del danno da lucro cessante, deducendo di non essere più in grado di svolgere il proprio lavoro e di aver perso opportunità future di impiego.  

La Suprema Corte ha chiarito che il danno patrimoniale da perdita del lavoro non può essere escluso in base alla sola inerzia della vittima, senza prima accertare se e quanto le lesioni abbiano compromesso la sua capacità lavorativa specifica. Solo dopo tale verifica è possibile valutare se le residue capacità lavorative siano tali da consentire un reimpiego, e in quale misura ciò incida sulla quantificazione del risarcimento. Sebbene il danno da lucro cessante causato dall’incapacità di lavoro possa dimostrarsi anche col ricorso alle presunzioni semplici, deve escludersi ogni automatismo tra il grado percentuale di invalidità permanente e l’esistenza del suddetto danno. 

Legislazione

Decreto-legge del 17 giugno 2025, n. 84: l’obbligo di tracciabilità delle spese di trasferta si applica solo alle trasferte in Italia 

In data 17 giugno 2025 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.L. 84/2025, contenente disposizioni urgenti in materia fiscale. 

Una novità rilevante riguarda l’obbligo, introdotto dalla Legge di Bilancio 2025, di effettuare le spese di trasferta esclusivamente attraverso strumenti di pagamento tracciabili. 

In particolare, l'art. 1, comma 1, lett. e), n. 2), del D.L. 84/2045, introducendo un nuovo comma 6-bis all'art. 54-septies del D.P.R.917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi), comporta ora che tale obbligo si applichi unicamente alle spese sostenute in relazione alle trasferte effettuate all’interno del territorio nazionale. 

Circolari e Prassi

INPS, messaggio del 18 giugno 2025, n. 1935 - Bonus giovani under 35 

Con il messaggio n. 1935/2025 l'INPS ha chiarito che, in seguito al confronto tra la Commissione Europea e il Ministero del Lavoro, l’accesso al cd. bonus giovani - l’esonero contributivo previsto dall’art. 22, comma 1, del D.L. 60/2024 (cd. Decreto Coesione) - sarà possibile per le assunzioni o trasformazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2025, a patto che sia rispettato il requisito dell’incremento netto dell’occupazione. 

Pertanto, a partire da tale data tutte le assunzioni di giovani under 35, ovunque si trovi la sede di lavoro, potranno beneficiare dell’incentivo in esame solo previa verifica dell’effettivo aumento occupazionale. 

IA e Lavoro: le indicazioni emerse dalla consultazione pubblica

In data 17 giugno 2025 il Ministero del Lavoro ha pubblicato in un rapporto gli esiti della consultazione pubblica avviata sulle Linee guida per l’uso dell’Intelligenza Artificiale nel mondo del lavoro, pubblicate lo scorso 14 aprile.

Il documento raccoglie le indicazioni pervenute tramite questionario dai partecipanti alla consultazione, che si ricorda era stata aperta a tutti i cittadini (imprese, lavoratori autonomi, associazioni di categoria, organizzazioni sindacali, istituti di formazione, centri di ricerca, esperti in tecnologie digitali e IA, qualsiasi altra figura professionale coinvolta o interessata dagli impatti dell'implementazione dell’IA nel contesto lavorativo).

Fra le varie considerazioni riflesse nel report, i partecipanti hanno evidenziato la necessità di prevedere una responsabilità legale condivisa tra chi sviluppa e chi utilizza i sistemi di IA, in caso di errori o bias. A tal fine, è stato affermato che le decisioni automatizzate che incidono sui diritti dei lavoratori – come assunzioni o licenziamenti – non possano essere affidate esclusivamente all’algoritmo, ma richiedano una supervisione umana effettiva.

Inoltre, i partecipanti alla consultazione hanno posto rilevante attenzione all’inserimento dello stress da automazione nella valutazione dei rischi e nella redazione del DVR.

Anche la formazione è risultata un tema centrale della consultazione e, al riguardo, i partecipanti hanno evidenziato il ruolo cruciale che dovrebbero giocare i fondi interprofessionali nel finanziamento di corsi sull’IA, proponendo di destinare almeno il 10% dei piani formativi a questi temi.

 
Tema della Settimana

Permessi ex L. 104/1992: quando vi è un abuso da parte del dipendente e quando, invece, nonostante l'assistenza al disabile non sia "assidua", la condotta non è disciplinarmente rilevante?

L’accesso ai permessi retribuiti previsti dall’art. 33 della Legge n. 104/1992 rappresenta una misura fondamentale per garantire al lavoratore il diritto di assistere un familiare disabile.
Negli anni, però, non sono mancati casi di utilizzi impropri di tale beneficio, tanto da rendere necessario l’intervento chiarificatore della giurisprudenza, che ha progressivamente definito i confini tra uso legittimo e abuso del beneficio, con importanti ricadute, per i lavoratori interessati, sul piano disciplinare e - nei casi più gravi - su quello penale.

La fruizione dei permessi per finalità del tutto estranee all’assistenza, infatti, può integrare una condotta gravemente lesiva del rapporto fiduciario con il datore di lavoro, fino a legittimare il licenziamento per giusta causa.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha in più occasioni chiarito che l’accertamento dell’abuso non è automatico e richiede un’analisi rigorosa del nesso causale tra l’assenza dal lavoro e l’effettiva attività di assistenza. Secondo la giurisprudenza, nel caso in cui tale nesso manchi totalmente, la condotta è da considerarsi illecita (fra le tante, cfr. Cass. n. 19580/2019; 1394/2020; n. 8351/2025).

Diversamente, quando l’assistenza viene effettivamente prestata, anche se combinata con esigenze personali, non si configura automaticamente un abuso. La normativa, infatti, non impone un’assistenza ininterrotta, bensì con continuità e in via esclusiva, da intendersi come un’assistenza costante, ma compatibile con un certo grado di autonomia gestionale da parte del lavoratore.

Un esempio recente di questa impostazione è dato dall’ordinanza n. 14763 del 1° giugno 2025, con cui la Corte di Cassazione ha escluso l’illegittimità della condotta di una lavoratrice che, durante la fruizione del permesso retribuito, aveva praticato un’ora di attività sportiva, prestando comunque assistenza al familiare disabile per il resto della giornata. Secondo la Corte, l’attività svolta non avrebbe compromesso le finalità assistenziali legate al permesso, confermando l'ormai consolidato orientamento secondo il quale brevi momenti di gestione personale non integrano di per sé un abuso, purché l’assistenza al disabile resti sostanzialmente assicurata.

Anche in ulteriori pronunce (cfr., ad esempio, Cass. n. 24130/2024), la giurisprudenza di legittimità ha ammesso la possibilità di svolgere, durante i permessi, attività non strettamente legate all’assistenza - come uscite per commissioni o acquisti personali - a condizione, però, che la maggior parte della giornata sia effettivamente dedicata alla cura del familiare.

In definitiva, l’equilibrio tra il diritto all’assistenza e la necessità di prevenire abusi richiede un’interpretazione flessibile ma rigorosa dell'istituto, che consenta al lavoratore di conciliare esigenze personali e assistenziali, senza compromettere il rapporto fiduciario con il datore di lavoro né snaturare la finalità del beneficio.