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29 maggio 202517 minuti di lettura

Innovation Law Insights

29 maggio 2025
Webinar

Conto alla rovescia per il Data Act: obblighi, impatti, opportunità – 4 giugno 2025

Il nuovo Data Act europeo è alle porte e cambierà profondamente il modo in cui i dati vengono generati, condivisi e utilizzati, soprattutto nel mondo dell’Internet of Things (IoT). Questo webinar, organizzato da IoTItaly in collaborazione con Servitly e DLA Piper, è pensato per tutte le aziende, startup, professionisti e stakeholder che operano in ambito digitale e vogliono capire cosa cambierà concretamente a livello normativo, operativo e strategico. Per informazioni e iscrizioni QUI.

 

Evento

La comunicazione della sostenibilità alla luce della Proposta di Direttiva Green Claims e del Regolamento Ecodesign – 5 giugno 2025

In occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, il 5 giugno 2025 siamo lieti di ospitare presso il nostro studio di Milano il terzo appuntamento del ciclo “The Green Way: Sustainability Across Sectors”, dedicato alla comunicazione della sostenibilità. Focus dell’evento sarà l’impatto della Proposta di Direttiva Green Claims e del nuovo Regolamento Ecodesign sulla promozione delle caratteristiche ambientali dei prodotti. Un’occasione per approfondire come gestire in modo efficace e conforme i green claim, evitando rischi legali e reputazionali. Per partecipare e scoprire di più QUI.

 

Podcast

Legal Leaders Insights | Ronan Davy, Associate General Counsel di Anthropic

Immergetevi in una conversazione approfondita sul futuro della legislazione, della conformità e dell’innovazione nel campo dell’AI tra Giulio Coraggio di DLA Piper e Ronan Davy, Associate General Counsel di Anthropic, uno dei maggiori fornitori di AI generativa al mondo. Scoprite il percorso professionale di un alto dirigente legale che ha saputo navigare con successo nel panorama in continua evoluzione dell’intelligenza artificiale. Potete guardarlo QUI.

 

Artificial Intelligence

Il “Take It Down Act” negli Stati Uniti: carcere per chi diffonde immagini intime non consensuali, anche deepfake

Il 19 maggio 2025, negli Stati Uniti è stato approvato il “Take It Down Act”, una legge che criminalizza la diffusione di immagini intime non consensuali, comprese quelle create con l’intelligenza artificiale. Le piattaforme online dovranno rimuoverle entro 48 ore dalla segnalazione.

Cosa sono i deepfake?

I deepfake sono contenuti audiovisivi manipolati tramite l’intelligenza artificiale (IA) per far sembrare che una persona stia dicendo o facendo qualcosa che in realtà non è mai avvenuto. Attraverso sofisticati algoritmi di machine learning, è possibile sovrapporre volti, modificare movimenti labiali o ricreare voci umane con una precisione sempre maggiore. Anche se queste tecnologie hanno usi legittimi (come nel cinema o nell’intrattenimento), sono sempre più sfruttate per creare immagini e video pornografici non consensuali, che colpiscono in particolare donne e minori.

Cosa è successo e perché serviva questa legge?

Negli ultimi anni, la diffusione non consensuale di immagini intime (note anche come revenge porn o image-based abuse) è esplosa, complice l’accessibilità delle tecnologie deepfake e la viralità dei social media. Migliaia di persone, spesso donne, si sono ritrovate vittime di contenuti sessuali falsificati o rubati, con conseguenze devastanti sul piano psicologico, lavorativo e relazionale.

La risposta del legislatore federale statunitense è arrivata con l’approvazione del Take It Down Act. La legge criminalizza la pubblicazione o condivisione di immagini intime senza il consenso della persona raffigurata, sia che si tratti di contenuti reali che generati artificialmente. La pena prevista è fino a 3 anni di carcere più sanzioni pecuniarie. Inoltre, obbliga le piattaforme social a rimuovere i contenuti segnalati entro 48 ore e a fare “sforzi ragionevoli” per eliminare eventuali copie.

Un tema bipartisan ma non senza critiche

La legge ha ricevuto ampio supporto bipartisan e l’approvazione di attivisti, genitori e persino della first lady. Tuttavia, importanti organizzazioni per i diritti civili digitali, come Electronic Frontier Foundation (EFF) e Center for Democracy and Technology (CDT), hanno criticato la legge per la sua formulazione vaga e per il potenziale di abuso.

Mary Anne Franks, presidente della Cyber Civil Rights Initiative (CCRI), ha avvertito che le disposizioni potrebbe rivelarsi una “pillola avvelenata” per le vittime. Il rischio è duplice: da un lato, le piattaforme vicine all’amministrazione potrebbero ignorare le segnalazioni; dall’altro, piattaforme più piccole potrebbero essere travolte da segnalazioni false, compromettendo la libertà d’espressione e la tutela della privacy (in particolare nei sistemi criptati).

La situazione in Italia

In Italia, il Garante della Privacy ha pubblicato una scheda informativa per sensibilizzare sui rischi del deepfake, ma al momento non esiste una normativa specifica. Le condotte possono rientrare in reati esistenti come diffamazione, sostituzione di persona, truffa, frode informatica, estorsione o diffusione illecita di contenuti sessualmente espliciti. Poiché spesso coinvolgono dati personali, si applica anche il GDPR.

Il 23 aprile 2024 il Governo ha approvato un disegno di legge che introduce il nuovo reato di deepfake (art. 612-quater c.p.), punito con la reclusione da 1 a 5 anni. Si configura quando contenuti (immagini, video, audio) falsi, generati o manipolati con l’IA, vengono diffusi inducendo in inganno e arrecando un danno ingiusto.

Conclusione

Dall’Italia agli Stati Uniti, i governi stanno rafforzando la propria risposta normativa ai rischi posti dalle tecnologie di manipolazione digitale. Con l’introduzione del nuovo reato di deepfake nel Codice penale italiano e l’entrata in vigore del Take It Down Act negli Stati Uniti, il messaggio è inequivocabile: l’abuso dell’intelligenza artificiale per ledere la dignità e i diritti delle persone comporterà conseguenze penali concrete.

Su un argomento simile può essere d'interesse l'articolo: “Rafforzata la strategia degli Stati Uniti sull’intelligenza artificiale”.

Autrice: Dorina Simaku 

 

Intellectual Property

Il Consiglio di Stato sul confine tra pubblicità lecita e ambush marketing

L’11 aprile 2025, il Consiglio di Stato ha emesso una sentenza di particolare rilievo in materia di concorrenza sleale e pubblicità parassitaria. La decisione rappresenta un importante chiarimento sui limiti della comunicazione commerciale lecita e sulle condotte riconducibili all’ ambush marketing.

All’origine della controversia vi è un’inserzione pubblicitaria affissa nei pressi del Football Village di UEFA Euro 2020, che è costata a un primario ecommerce una sanzione di 100.000 euro per mano dell'AGCM. Il manifesto raffigurava una maglietta bianca con il logo dell’azienda, circondata dalle bandiere delle 24 nazioni partecipanti al torneo, accompagnata dallo slogan “Chi sarà il vincitore?”. Secondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, tale insieme di elementi avrebbe indotto il pubblico a ritenere, erroneamente, che il primario ecommerce fosse uno degli sponsor ufficiali dell’evento sportivo.

L’intervento dell’Autorità si fonda sull’art. 10 del D.L. 16/2020, che vieta «le attività di pubblicizzazione e commercializzazione parassitarie, fraudolente, ingannevoli o fuorvianti poste in essere in relazione all'organizzazione di eventi sportivi o fieristici di rilevanza nazionale o internazionale, non autorizzate dai soggetti organizzatori e finalizzate a ottenere un vantaggio economico o concorrenziale».

A seguito della sanzione, il primario ecommerce ha dapprima proposto ricorso al TAR Lazio, che lo ha rigettato con la sentenza n. 13478/2023, ritenendo legittima la decisione dell’Autorità. Il Tribunale ha sottolineato come il messaggio pubblicitario, nel suo complesso, fosse idoneo a generare confusione nel consumatore medio, configurando un classico esempio di ambush marketing.

La società ha quindi appellato la sentenza davanti al Consiglio di Stato, sostenendo, tra l’altro, l’assenza di un collegamento ingannevole tra il proprio marchio e l’evento sportivo, e lamentando la violazione dell’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), poiché la campagna promuoveva valori inclusivi e la sua rimozione avrebbe costituito un’indebita compressione della libertà di espressione.

Il giudice amministrativo di ultima istanza ha tuttavia escluso la violazione della CEDU, rilevando che la sanzione ha colpito non il contenuto del messaggio, ma le modalità e il contesto della sua diffusione.

A giudizio del Collegio, la campagna pubblicitaria della società risultava idonea a creare un collegamento ingannevole con UEFA Euro 2020, in considerazione di diversi fattori: la prossimità fisica dell’affissione al Football Village; la presenza del marchio della società su una maglietta calcistica; l’inclusione delle bandiere delle nazioni partecipanti; e lo slogan evocativo. In altre parole, tali elementi, valutati nel loro insieme, hanno generato un framing comunicativo tale da indurre in errore il consumatore medio, facendogli ritenere che la società fosse un partner ufficiale della manifestazione.

Infatti, come ribadito nella decisione in parola e come già chiarito dalla magistratura civile, «la pratica dell “ambush marketing”:

  • consiste nell’associazione di un marchio o di un prodotto ad un evento di grande risonanza mediatica, effettuata senza l’autorizzazione dell’organizzatore dell’evento […];
  • è considerata ingannevole, poiché induce in errore il consumatore medio sull’esistenza di rapporti di sponsorizzazione ovvero di affiliazione o comunque di collegamenti con i titolari di diritti di proprietà intellettuale invece, insussistenti e costituisce un’ipotesi particolare di concorrenza sleale contraria alla correttezza professionale che può trovare tutela nell’alveo generale dell’art. 2598, comma 3, c.c.
  • [induce il concorrente sleale ad associare] abusivamente l’immagine ed il marchio di un’impresa ad un evento di particolare risonanza mediatica senza essere legato da rapporti di sponsorizzazione, licenza o simili con l’organizzazione della manifestazione; in tal guisa lo stesso si avvantaggia dell’evento senza sopportarne i costi, con conseguente indebito agganciamento all’evento ed interferenza negativa con i rapporti contrattuali tra organizzatori e soggetti autorizzati […]».

Il Consiglio di Stato ha quindi stabilito che, ai sensi dell’art. 10 del D.L. 16/2020, è sufficiente anche un collegamento indiretto tra un marchio e un evento per integrare una condotta sanzionabile, se tale associazione risulta idonea a trarre in inganno il pubblico. Non è necessario, infatti, l’uso esplicito di loghi o denominazioni ufficiali: è sufficiente l’effetto percettivo complessivo generato dal messaggio promozionale.

Su un argomento simile può essere d'interesse l'articolo: “La normativa italiana sull’ambush marketing è stata adottata”.

Autrice: Noemi Canova

 

Tutela del diritto d’autore per le opere di arte applicata: i chiarimenti dell’Avvocato Generale

Con l'opinione resa l'8 maggio 2025 nei casi Mio e Konektra, l'Avvocato Generale (AG) Szpunar ha aggiunto un tassello importante al processo – tuttora in evoluzione – di definizione della tutela autoriale delle opere di arte applicata a livello europeo. I due rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) offrono infatti l'occasione per fare chiarezza su alcuni nodi irrisolti, quali i criteri da applicare nella valutazione dell'originalità, l'estensione della protezione offerta dal diritto d'autore e il rapporto tra diritto d'autore e diritto dei disegni e modelli.

Si tratta di temi piuttosto spinosi, che riflettono la natura ibrida delle opere di arte applicata che si collocano al confine tra opere d'arte “pure e invece oggetti di uso comune, condividendo tratti con entrambe le categorie senza però aderire pienamente a nessuna. Inoltre, la categoria stessa di “opere d'arte applicata” è tutt'altro che uniforme ed omogenea, rendendo ancora più difficile l'individuazione di criteri applicabili in modo coerente per valutarne l'originalità e, di conseguenza, la proteggibilità.

Background

Il primo caso, C-580/23, nasce da una controversia svedese tra la società Mio AB e la Galleri Mikael & Thomas Asplund Aktiebolag, in merito alla proteggibilità autoriale della serie di tavoli denominata “Palais Royal” e che, secondo Mio, non avrebbe incontrato gli standard di originalità richiesti per accedere alla tutela autoriale. Sul punto la corte d'appello svedese competente in materia di marchi e brevetti ha pertanto sottoposto alla CGUE quattro articolate questioni pregiudiziali.

  1. Viene anzitutto chiesto alla Corte di Giustizia quali siano i criteri per stabilire se un'opera di arte applicata possa beneficiare della protezione accordata alle opere dell’ingegno ai sensi degli articoli da 2 a 4 della Direttiva 2001/29/CE. In particolare, quali fattori rilevino nella valutazione dell'originalità, per capire se un’opera di arte applicata rifletta la personalità del suo autore attraverso scelte libere e creative. Occorre concentrarsi sugli elementi legati al processo creativo e alle spiegazioni dell’autore riguardo le scelte effettivamente compiute, oppure focalizzarsi sulle caratteristiche dell’opera finale, e sull'effetto artistico che essa genera?
  1. In secondo luogo, sempre rispetto alla valutazione di originalità, viene richiesto alla CGUE quale rilevanza debba attribuirsi ai seguenti fattori:
  • il fatto che l'opera includa elementi comunemente utilizzati anche in design preesistenti;
  • il fatto che l'opera costituisca una variazione di un design già noto o che si inserisca in una sorta di trend giù esistente;
  • l'esistenza di opere identiche o simili, create prima o dopo in modo indipendente e senza che vi fosse conoscenza dell'opera in questione.
  1. Viene inoltre domandato come debba essere effettuata la valutazione del grado di somiglianza tra un’opera di arte applicata e un’opera asseritamente contraffatta al fine di determinare se vi sia una violazione del diritto esclusivo riconosciuto all’autore ai sensi degli articoli da 2 a 4 della Direttiva. In particolare, si chiede se l’esame debba basarsi su:
  • il fatto che l’opera originaria sia riconoscibile nell’opera contestata;
  • il fatto che le due opere producano una medesima impressione d’insieme;
  • o se debbano essere applicati altri criteri.
  1. Infine, in connessione alla domanda precedente viene chiesto quale rilevanza assumano le seguenti circostanze:
  • il grado di originalità dell’opera, ai fini della determinazione dell’ambito di protezione;
  • il fatto che entrambe le opere contengano elementi comuni nel design o rappresentino variazioni di design preesistenti o di tendenza;
  • l’esistenza di altre opere identiche o simili, realizzate in modo indipendente.

Il secondo caso, C- 795/23 nasce da una controversia insorta tra la società svizzera USM e l'impresa tedesca Konetra, in merito al celebre sistema di arredamento modulare “USM Haller”, per il quale USM rivendicava la protezione autoriale. Il Bundesgerichtshof (Corte federale tedesca) ha chiesto alla CGUE di chiarire:

  1. se esista un rapporto “regola-eccezione” tra la tutela dei design e quella autoriale, e se, in ragione della loro natura funzionale, le opere di arte applicata debbano soddisfare un requisito di originalità più elevato rispetto ad altre categorie di opere protette;
  2. se e in che misura rilevi la percezione soggettiva dell’autore riguardo al processo creativo, ossia se, ai fini del riconoscimento dell’originalità, sia necessario che l’autore sia consapevole di aver compiuto scelte libere e creative al momento della realizzazione dell’opera;
  3. se, nella valutazione dell'originalità, sia lecito considerare elementi successivi alla creazione dell’opera, come l’inclusione in mostre o il riconoscimento da parte di esperti del settore.

L'Opinione dell'Avvocato Generale

  1. Il rapporto tra diritto d'autore e tutela dei design

Rispetto all'esistenza di un rapporto “regola-eccezione” tra la tutela dei design e quella riconosciuta dal diritto d'autore, l'AG ritiene che la decisione della Corte sul punto debba essere negativa, nel senso di sostenere la non esistenza di un rapporto “regola-eccezione” tra le due tutele che sia tale da giustificare l'applicazione di un criterio di originalità più stringente per le opere di arte applicata, in considerazione della loro natura funzionale.

Tale posizione si fonda, tra l'altro, sull'interpretazione del principio affermato nella sentenza Cofemel (C-683/17) spesso citata come punto di riferimento sul tema della tutela cumulativa tra design e diritto d'autore. Secondo l'AG tale sentenza non ha introdotto alcun rapporto gerarchico o di regola ed eccezione tra i due regimi di protezione. Al contrario, il paragrafo 52 della sentenza avrebbe la mera finalità di ricordare ai giudizi nazionali che non sussiste alcun nesso automatico tra la concessione della tutela prevista dalla normativa in materia di disegni e modelli e quella prevista dalla normativa in materia di diritto d'autore e che le condizioni di tale tutela, vale a dire, da un lato, la novità e il carattere individuale e, dall'altro, l'originalità, non devono essere confuse. Infatti, un oggetto non deve necessariamente essere originale, ai sensi della normativa sul diritto d'autore, per essere considerato nuovo e dotato di carattere individuale ai fini della normativa sul diritto dei disegni e modelli. Al contrario, sebbene nella pratica tale situazione si verifichi meno frequentemente, un oggetto originale può non avere carattere individuale se non è sufficientemente distintivo, in termini di aspetto visivo, rispetto a forme esistenti.

Ne consegue che non è possibile sostenere che, per il solo fatto di avere una funzione pratica, alle opere di arte applicata debba essere riservato un livello più elevato di originalità rispetto ad altre categorie di opere dell’ingegno.

  1. I criteri per valutare l'originalità

Rispetto alla questione inerente ai criteri da prendere in considerazione nella valutazione dell'originalità l'AG propone che tale requisito, ai sensi degli articoli 2(a), 3(1) e 4(1) della Direttiva 2001/29, sia soddisfatto solo quando l’opera rifletta la personalità dell’autore, espressa attraverso scelte effettivamente libere e creative. Scelte imposte da vincoli tecnici o funzionali, o comunque prive della capacità di conferire all’opera un’impronta personale, non sono considerate creative. La semplice possibilità di compiere scelte libere non è sufficiente: occorre che esse si traducano concretamente in un risultato originale.

Elementi come le intenzioni dell’autore, le fonti di ispirazione, l’impiego di forme note, la possibilità di creazioni indipendenti simili o il riconoscimento da parte degli esperti possono essere considerati nell’analisi dell’originalità, ma non rivestono mai carattere determinante. Spetta al giudice verificare in concreto che l’opera presenti un carattere originale, distinto da quello richiesto per la tutela come disegno o modello.

L’AG sottolinea inoltre che l’originalità non implica alcuna valutazione estetica: non è una questione di gusto o di merito artistico, bensì di accertare l’esistenza di un’effettiva impronta personale. Quanto al processo creativo e alle intenzioni dell’autore, rileva esclusivamente il risultato espresso nell’opera. Tali elementi soggettivi possono essere presi in considerazione dal giudice solo se contribuiscono a dimostrare, in modo oggettivo, l’originalità dell’opera stessa.

  1. La valutazione della violazione

In merito ai criteri per accertare la violazione del diritto d'autore, l'AG ha fornito una risposta che, pur rimanendo generale rispetto alla specificità delle domande poste dalla corte del rinvio, ribadisce alcuni principi fondamentali. In particolare, l'AG propone che, ai sensi degli artt. 2(a), 3(1) e 4(1) della Direttiva 2001/29, il giudice debba verificare se elementi creativi dell’opera protetta siano stati riprodotti in modo riconoscibile nell’opera contestata. La semplice assenza di un’impressione d’insieme diversa non è sufficiente a dimostrare la violazione. Il grado di originalità dell’opera non rileva ai fini dell’accertamento, così come la mera possibilità di una creazione indipendente non esclude la tutela, se la riproduzione di elementi creativi è comunque accertata.

Conclusione

L'opinione dell'AG Szpunar, se recepita dalla Corte, potrebbe avere un impatto significativo sull'interpretazione della nozione di originalità e sull'equilibrio tra design e diritto d'autore. Sarà dunque interessante vedere quale posizione adotterà la CGUE. Sebbene molto spesso la corte segua le indicazioni dell'AG, in questo specifico sarebbe auspicabile ricevere indicazioni più puntuali sui criteri di originalità e sulla valutazione della violazione, in caso contrario il contributo interpretativo rischia di rimanere limitato, lasciando irrisolti punti che necessitano invece di chiarezza.

Su un argomento simile può essere d'interesse l'articolo: “La Cassazione sulla qualificazione delle opere di arte figurativa similare”.

Autrici: Valentina Mazza, Maria Vittoria Pessina

 


La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Edoardo BardelliCarolina BattistellaCarlotta Busani, Noemi CanovaMaria Rita CormaciCamila CrisciCristina CriscuoliTamara D’AngeliChiara D’OnofrioFederico Maria Di VizioEnila EleziNadia FeolaLaura GastaldiVincenzo GiuffréNicola LandolfiGiacomo LusardiValentina MazzaLara MastrangeloMaria Chiara MeneghettiDeborah ParacchiniMaria Vittoria PessinaTommaso RicciRebecca RossiDorina SimakuRoxana SmeriaMassimiliano TiberioFederico Toscani, Giulia Zappaterra.

Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea, Flaminia Perna, Matilde Losa e Arianna Porretti.

Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena VareseAlessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.

Scoprite Prisca AI Compliance, il tool di legal tech sviluppato da DLA Piper per valutare la maturità dei sistemi di intelligenza artificiale rispetto alle principali normative e standard tecnici qui.

È possibile sapere di più su “Transfer”, il tool di legal tech realizzato da DLA Piper per supportare le aziende nella valutazione dei trasferimenti dei dati fuori dello SEE (TIA) qui, consultare una pubblicazione di DLA Piper che illustra la normativa sul Gambling qui, e il nostro magazine mensile Diritto Intelligente interamente dedicato all'AI qui.

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