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9 dicembre 2025

Innovation Law Insights

9 dicembre 2025
Legal Break

Verifica del requisito dell’età minima in Italia: cosa devono fare ora i siti di contenuti per adulti
Nella nostra serie di video “Legal Break” analizziamo l’impatto del Decreto Caivano, che introduce un cambiamento significativo: dal 12 novembre i siti pornografici sono tenuti ad adottare sistemi di verifica dell’età per impedire l’accesso ai minori.
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Artificial Intelligence

L’intelligenza artificiale negli appalti pubblici: indicazioni dalla sentenza del Consiglio di Stato

La sentenza n. 8092/2025 del Consiglio di Stato rappresenta un contributo rilevante al dibattito sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale ("IA") negli appalti pubblici e sul ruolo della pubblica amministrazione nell’autorizzare e controllare tali tecnologie. Pur respingendo le censure sollevate dall’appellante, il giudice amministrativo coglie l’occasione per delineare i criteri e i principi che devono guidare le stazioni appaltanti quando un operatore economico propone l’impiego di sistemi automatizzati nella formulazione dell’offerta e nell’esecuzione del contratto.

1. Il caso: IA nell’offerta tecnica e discrezionalità della commissione

La vicenda trae origine da una gara per servizi di pulizia e sanificazione presso enti del Servizio Sanitario Nazionale, all’interno della quale l’aggiudicataria aveva dichiarato di voler utilizzare strumenti di IA come supporto operativo. L’appellante sosteneva che la commissione avesse attribuito un peso eccessivo a tale elemento e ne contestava l’attendibilità valutativa. Il Consiglio di Stato ha però chiarito che la commissione aveva fondato il proprio giudizio su una pluralità di elementi dell’offerta tecnica e che l’utilizzo dell’IA, pur innovativo, non aveva assunto un ruolo determinante.

Questo passaggio è significativo perché indica che l’innovazione tecnologica non può essere considerata aprioristicamente come un valore aggiunto né come un fattore di sospetto. Spetta alla stazione appaltante valutare se la tecnologia proposta sia coerente con gli obiettivi contrattuali e se sia compatibile con gli obblighi normativi cui è soggetta l’amministrazione.

2. Il quadro normativo: autorizzazione, conoscibilità e supervisione umana

L’impiego dell’IA negli appalti pubblici è oggi disciplinato da un complesso intreccio normativo che parte dal D.Lgs. 36/2023 pubblici ("Codice dei contratti" o "Codice") e giunge fino alla più recente Legge n. 132/2025 sull’IA nella pubblica amministrazione. L’art. 30 del Codice ammette espressamente la possibilità per le amministrazioni di ricorrere a soluzioni automatizzate, comprese quelle basate su IA, purché nel rispetto di specifici principi. L’utilizzo di sistemi automatizzati deve essere trasparente e comprensibile, a beneficio sia della stessa amministrazione sia degli operatori economici coinvolti. Le decisioni algoritmiche non possono essere esclusive: la supervisione umana resta obbligatoria e indefettibile. Inoltre, è richiesto che le stazioni appaltanti garantiscano la conoscibilità delle logiche di funzionamento dei sistemi impiegati, mettendo a disposizione codice sorgente e documentazione tecnica, almeno nei limiti compatibili con la tutela della proprietà intellettuale.

La Legge n. 132/2025 rafforza ulteriormente tale impianto, stabilendo che l’IA può svolgere solo una funzione di supporto alla decisione amministrativa. La responsabilità del procedimento resta sempre in capo alla persona fisica, a conferma che la delega totale a sistemi automatizzati è giuridicamente inammissibile. Da ciò deriva che l’introduzione di tecnologie di IA negli appalti non può avvenire senza una verifica preventiva della stazione appaltante, chiamata ad autorizzarne l’uso solo dopo averne compreso logica, funzionalità e implicazioni operative.

3. Il ruolo del consenso e dell’autorizzazione della pubblica amministrazione

Quando l’utilizzo dell’IA comporta trattamento di dati personali, come avviene nei servizi sanitari oggetto della sentenza, la disciplina si arricchisce di ulteriori requisiti. L’art. 35, comma 5-bis, del Codice prevede che gli operatori economici trasmettano alla stazione appaltante il consenso al trattamento dei dati tramite il fascicolo virtuale. Tuttavia, questo adempimento non è sufficiente nei casi in cui la tecnologia proposta incida sulla gestione di dati sensibili. In tali situazioni è la pubblica amministrazione che deve autorizzare esplicitamente l’uso dell’IA, dopo aver verificato la compatibilità del sistema con i principi di neutralità tecnologica, trasparenza, sicurezza informatica e protezione dei dati personali, richiamati dall’art. 19 del Codice.

L’autorizzazione della stazione appaltante assume quindi un valore centrale. Essa non rappresenta un mero atto formale, ma il momento nel quale l’amministrazione esercita il proprio ruolo di garante dell’interesse pubblico, valutando il livello di controllo che sarà effettivamente in grado di mantenere sul sistema durante l’esecuzione del contratto.

4. La trasparenza algoritmica e il controllo sui processi automatizzati

Un tema strettamente collegato all’autorizzazione è quello della trasparenza algoritmica. L’art. 30 del Codice impone alle amministrazioni di assicurare la possibilità di comprendere le logiche di funzionamento dei sistemi automatizzati utilizzati nei procedimenti che coinvolgono operatori economici. Ciò significa che la stazione appaltante non può limitarsi ad accettare la dichiarazione di un concorrente sulla natura e sulle capacità della tecnologia proposta, ma deve poter accedere alle informazioni tecniche necessarie per valutarne il funzionamento e garantirne la supervisione.

La giurisprudenza in materia di accesso agli atti, come confermato dalla sentenza del TAR Lazio n. 11335/2018, stabilisce inoltre che un generico riferimento alla riservatezza tecnica non può impedire il diritto di accesso, specie quando la trasparenza è funzionale alla verifica della correttezza dell’azione amministrativa. Ne deriva che anche le soluzioni di IA devono essere sottoposte a un controllo conoscitivo effettivo, compatibile con i diritti di proprietà industriale ma idoneo a garantire la piena accountability amministrativa.

5. Protezione dei dati personali e responsabilità della stazione appaltante

L’utilizzo dell’IA negli appalti implica inevitabilmente il trattamento di dati personali. La Legge n. 132/2025 richiede che tale trattamento sia lecito, corretto e trasparente, e che agli interessati siano fornite informazioni chiare e comprensibili. Nei servizi che coinvolgono dati particolarmente sensibili, come quelli sanitari, l’amministrazione deve inoltre assicurare che l’operatore economico utilizzi sistemi conformi alle finalità per cui i dati sono stati raccolti e che eventuali rischi siano adeguatamente mitigati. La responsabilità della stazione appaltante non si esaurisce quindi nella fase autorizzativa, ma si estende al monitoraggio in corso di esecuzione, verificando che le tecnologie adottate non producano effetti indesiderati, discriminatori o non conformi alle garanzie poste dal legislatore.

6. Innovazione tecnologica, valutazione tecnica e limiti del sindacato giurisdizionale

La sentenza evidenzia anche come l’innovazione tecnologica possa essere valorizzata nell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Tuttavia, l’introduzione dell’IA non può sottrarsi ai criteri di valutazione oggettiva previsti dall’art. 108 del Codice né ai limiti del sindacato del giudice amministrativo. La giurisprudenza, come ricorda la decisione del TAR Lombardia-Brescia n. 1039/2016, considera le valutazioni tecniche della commissione sottratte al controllo giurisdizionale, salvo evidenti profili di illogicità, irrazionalità o travisamento dei fatti. L’impiego dell’IA deve quindi essere analizzato con la stessa attenzione attribuita agli altri elementi dell’offerta, senza attribuire alla tecnologia un ruolo automaticamente prevalente ma senza nemmeno demonizzarne l’uso.

7. Conclusioni

La sentenza n. 8092/2025 del Consiglio di Stato conferma che l’integrazione dell’IA negli appalti pubblici non è una scelta unilaterale dell’operatore economico, ma un processo che richiede la consapevole autorizzazione e il costante controllo della pubblica amministrazione. L’amministrazione resta l’unica responsabile dei processi automatizzati implementati nell’ambito del contratto, e deve quindi essere in grado di comprendere, valutare e monitorare le soluzioni tecnologiche proposte.

La sfida dei prossimi anni sarà quella di sviluppare competenze interne adeguate per affrontare questa nuova frontiera tecnologica, coniugando l’esigenza di innovazione con i principi di trasparenza, protezione dei dati, sicurezza e responsabilità che caratterizzano l’azione amministrativa. L’IA può costituire un elemento di valore nelle gare pubbliche, ma solo se inserita in un quadro regolatorio chiaro e sorvegliata da un’amministrazione capace di governarne davvero il funzionamento.

Su un argomento simile: L'Italia ha la sua legge sull’intelligenza artificiale: approvato DDL AI

Autrice: Dorina Simaku

 

Blockchain and Cryptocurrency

L’UE ridisegna le regole contro frodi e opacità con PSR e PSD3

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione Europea hanno raggiunto un accordo politico sul nuovo Regolamento sui Servizi di Pagamento ("PSR") e sulla Terza Direttiva sui Servizi di Pagamento ("PSD3"), con l’obiettivo di modernizzare il quadro europeo sui servizi di pagamento, rafforzare la lotta contro le frodi e aumentare la trasparenza per consumatori e imprese. L’intesa, annunciata il 27 novembre 2025, conclude i negoziati tecnici e introduce un pacchetto di misure che ridisegna la responsabilità dei prestatori di servizi di pagamento nonché dei grandi intermediari digitali e fornitori di soluzioni tecnologiche.

Il nuovo impianto normativo nasce dalla crescente diffusione di forme di frode sempre più sofisticate intervenendo anche sulle piattaforme online e sui motori di ricerca, ponendo per la prima volta un collegamento diretto con gli obblighi di due diligence previsti dal Regolamento sui Servizi Digitali ("DSA"). Le piattaforme che non rimuovono contenuti fraudolenti dopo una segnalazione saranno responsabili nei confronti dei Prestatori di Servizi di Pagamento ("PSP") che hanno rimborsato i clienti danneggiati. Inoltre, solo gli operatori debitamente autorizzati in uno Stato membro potranno pubblicizzare servizi finanziari online.

Parallelamente, PSR e PSD3 rafforzano la trasparenza delle commissioni, garantendo che gli utenti ricevano informazioni chiare prima di ogni transazione e introducono misure strutturali per migliorare l’accesso al contante, in particolare nelle aree rurali, autorizzando i negozi a fornire servizi di prelievo senza obbligo di acquisto.

Infine, l’accordo mira a stimolare la concorrenza nel settore dei pagamenti, imponendo alle banche di garantire un accesso non discriminatorio ai conti per i prestatori di open banking e obbligando produttori di dispositivi mobili e fornitori di sistemi operativi a consentire, a condizioni eque, l’uso delle funzionalità tecniche necessarie alla prestazione dei servizi di pagamento.

1. La nuova infrastruttura antifrode europea

Il pacchetto PSR-PSD3 ridisegna in profondità il rapporto tra utenti, prestatori di servizi di pagamento e piattaforme digitali. Le due istituzioni europee convergono su un messaggio molto chiaro: la lotta alla frode digitale non può più essere lasciata all’iniziativa dei singoli operatori. Servono regole comuni, responsabilità chiare e un’impostazione sistemica, capace di anticipare gli abusi prima che si traducano in un danno economico o reputazionale. È proprio su queste nuove forme di ingegneria sociale che il legislatore interviene, attribuendo ai prestatori di servizi un ruolo attivo e non più meramente reattivo.

1.1. Verifica degli IBAN, SCA e blocco delle operazioni sospette

La prima linea di difesa passa da obblighi tecnici chiari e non negoziabili. I PSP dovranno verificare che nome del beneficiario e numero di conto bancario internazionale ("IBAN") coincidano, rifiutando l’operazione in caso di discrepanza e informando immediatamente il pagatore. Allo stesso tempo, tutte le operazioni dovranno essere sottoposte a strong customer authentication ("SCA") e a una valutazione del rischio che non potrà più essere meramente formale.

A questo si aggiunge l’obbligo per il PSP ricevente di congelare qualunque transazione che presenti elementi di anomalia: un meccanismo preventivo che consente di interrompere la catena della frode prima che il denaro venga disperso. Gli utenti, dal canto loro, avranno la possibilità di impostare limiti di spesa e strumenti di blocco, introducendo un ulteriore livello di protezione personalizzabile.

1.2. L’impersonation fraud

Uno degli interventi più innovativi riguarda proprio le truffe da impersonificazione. Quando un criminale induce l’utente ad autorizzare un pagamento fingendosi un operatore del suo PSP, l’operazione viene qualificata come non autorizzata in senso pieno.

La conseguenza è radicale: il PSP è responsabile del rimborso integrale, purché l’utente denunci l’accaduto alla polizia e informi tempestivamente il proprio prestatore di servizi. È un ribaltamento del paradigma tradizionale: si riconosce che, nelle dinamiche digitali odierne, la linea tra legittimo operatore e impostore è sempre più sottile, e che la tutela del consumatore passa inevitabilmente da un presidio tecnologico avanzato.

1.3. Il ruolo delle piattaforme digitali

Il Parlamento ottiene un risultato di peso: per la prima volta, le piattaforme online e i motori di ricerca assumono una responsabilità indiretta nella catena antifrode in modo tale che, se informate della presenza di contenuti fraudolenti e non li rimuovono, diventano responsabili verso i PSP che hanno rimborsato l’utente danneggiato.

In parallelo, gli inserzionisti di servizi finanziari dovranno dimostrare alle Very large online platforms ("VLOP") e ai Very large online search engines ("VLOSE") di essere autorizzati nello Stato membro in cui operano, o di agire per conto di soggetti autorizzati: un filtro essenziale per impedire la promozione di servizi “fantasma”.

Il pacchetto introduce infine un principio di buon senso, troppo spesso trascurato. L’utente deve poter parlare con una persona reale. I PSP saranno quindi tenuti a garantire un servizio clienti umano e non esclusivamente chatbot-based.

2. Trasparenza delle commissioni e accesso al contante: riportare chiarezza nell’esperienza di pagamento

L’altro pilastro dell’accordo PSR-PSD3 parla direttamente alla quotidianità dei cittadini europei: capire quanto si sta pagando e poter accedere al proprio denaro anche quando gli sportelli sono lontani.

Se la prima sezione del pacchetto interviene sul rischio digitale, questa affronta invece la dimensione più concreta e spesso problematica dei pagamenti: costi opachi, commissioni inattese, barriere all’uso del contante.

2.1. Una nuova grammatica della trasparenza

Per anni, il costo reale di un pagamento è rimasto avvolto in una certa opacità: commissioni trattenute dagli sportelli automatici ("ATM"), spread applicati ai tassi di cambio, oneri dei circuiti di carte non sempre esplicitati.

Il nuovo regolamento cambia radicalmente approccio. Prima di ogni transazione, il cliente deve sapere esattamente (i) i costi applicati, (ii) l'eventuale commissione di conversione valutaria e (iii) qualunque altro importo che verrà addebitato. Non importa chi gestisce l'ATM, né quale circuito venga utilizzato: il principio è che il prezzo deve essere noto prima di autorizzare il pagamento, non dopo.

È un ritorno all’essenza della protezione del consumatore, in un settore che per troppo tempo ha fatto leva sulla complessità tecnica per giustificare asimmetrie informative. L’obbligo vale anche per gli operatori che offrono servizi di accettazione carte ai commercianti, i quali dovranno dettagliare chiaramente le commissioni applicate.

2.2. Il contante come diritto di cittadinanza economica

Il pacchetto introduce poi una misura tanto semplice quanto cruciale: i negozi potranno offrire prelievi di contante fino a 150 euro (ma almeno 100), senza obbligo di acquisto. Per molte aree rurali e comunità periferiche, dove gli ATM si riducono di anno in anno, questo non è un dettaglio ma un presidio di inclusione finanziaria.

2.3. Ridurre la distanza tra consumatori e addebiti

C’è un ultimo tassello che rafforza il quadro della trasparenza: il nome commerciale del merchant dovrà coincidere con quello che appare sull’estratto conto del cliente. È un dettaglio evidente solo in apparenza. Molti casi di contestazione nascono infatti da pagamenti legittimi che l’utente non riconosce perché il nome visualizzato dal prestatore non coincide con quello del punto vendita.

3. L'apertura del mercato dei pagamenti: un nuovo equilibrio competitivo

Se la lotta alle frodi rappresenta la difesa dell’infrastruttura, la terza anima del pacchetto PSR–PSD3 guarda invece al futuro dell’innovazione finanziaria. È qui che si gioca la partita più delicata: come rendere più aperto il mercato europeo dei pagamenti senza sacrificare sicurezza, concorrenza leale e fiducia degli utenti.

3.1. Rimuovere le briglie che frenano l’open banking

Dal 2018 l’open banking europeo ha preso forma solo a metà. Le API spesso non erano davvero interoperabili, gli Account-Servicing Payment Service Providers ("ASPSP") erigevano ostacoli impliciti o espliciti, e i Payment Inititiation Service Providers ("PISP") e Account Information Service Providers ("AISP") faticavano a ottenere accesso stabile ai conti dei clienti.

PSR e PSD3 affrontano frontalmente questa distorsione di mercato: le banche non potranno più discriminare i prestatori di servizi di open banking, che dovranno poter accedere ai dati dei conti alle stesse condizioni previste per i servizi tradizionali. Il regolatore introduce persino una lista di ostacoli all'accesso ai dati vietati, per evitare che la concorrenza venga soffocata tramite soluzioni tecniche formalmente lecite ma sostanzialmente escludenti.

3.2. Un cruscotto unico per i propri dati

In parallelo, l’utente ottiene un potere che fino a pochi anni fa sembrava inconcepibile: una dashboard per monitorare e revocare i consensi dati ai vari prestatori.

È un’estensione naturale dei principi del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati Personali ("GDPR"): non basta concedere l’accesso, bisogna poterlo richiamare in ogni momento, con un’interfaccia semplice e immediata. Questo meccanismo rafforza la trasparenza e riduce uno dei rischi più sottovalutati dell’open banking: autorizzazioni dimenticate, mai revocate, lasciate attive per anni in background.

3.3. Un ecosistema più aperto, anche dalla prospettiva tecnologica

L’apertura non riguarda solo l’accesso ai conti di pagamento. Le nuove norme impongono anche ai produttori di dispositivi mobili e ai fornitori di servizi elettronici di permettere alle app di pagamento di accedere ai dati necessari per avviare e autorizzare transazioni, a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie.

3.4. Accesso ai conti per i prestatori di pagamento non bancari

I negoziatori hanno anche stabilito che le banche dovranno garantire ai PI l’accesso ai conti a condizioni non discriminatorie. È un altro tassello che avvicina gradualmente banche e non-banche, riducendo lo squilibrio regolatorio e favorendo un mercato in cui tutti gli attori – vecchi e nuovi – competono sulla qualità del servizio e non sulle rendite di posizione.

4. Semplificazione delle autorizzazioni: verso un regime più fluido, anche per i CASP

Accanto alla protezione dei consumatori e all’apertura dei mercati, il pacchetto PSR-PSD3 interviene su un terzo snodo strategico: rendere più semplice, più uniforme e più prevedibile il percorso autorizzativo per gli operatori dei servizi di pagamento. Non si tratta di un dettaglio tecnico, ma di un passaggio che può determinare chi riuscirà davvero a competere nel nuovo ecosistema europeo.

4.1. Un’autorizzazione più chiara, più rapida, più proporzionata

Il legislatore europeo ha preso atto di un problema cronico: sotto la Seconda Direttiva sui Servizi di Pagamento ("PSD2"), ottenere l’autorizzazione come Istituto di Pagamento ("PI") era un processo lungo, costoso e spesso eterogeneo tra Stati membri.

Il risultato era un mercato in cui la concorrenza veniva frenata già nella fase di ingresso.

Con PSD3, la logica cambia: l’autorizzazione resta rigorosa, ma diventa più lineare, più armonizzata e calibrata sul rischio dell’operatore.

Quattro sono gli elementi che emergono come chiave di volta:

  • Requisiti prudenziali solidi, ma più proporzionati all’effettivo rischio dei servizi prestati.
    Il capitale iniziale è scalato in funzione del modello di business, evitando che il processo autorizzativo scoraggi gli operatori più piccoli o altamente specializzati.
  • Calcoli dei fondi propri più accurati, così da prevenire sottostime del rischio ma anche eccessi regolatori.
  • Timeline armonizzate tra gli Stati membri, per evitare divergenze ingiustificate che rendano più conveniente stabilirsi in alcune giurisdizioni rispetto ad altre.
  • Previsioni di budget più affidabili, richieste come parte integrante del fascicolo autorizzativo: un modo per anticipare non solo la solidità finanziaria, ma anche la sostenibilità operativa dell’operatore.

Il risultato è un regime autorizzativo che non rinuncia alla prudenza, ma che, per la prima volta, riconosce che l’ingresso nel mercato è esso stesso un fattore di competitività.

4.2. La grande novità: il “canale accelerato” per i CASP già autorizzati sotto MiCAR

Un punto decisivo è l’impatto del nuovo pacchetto sul mondo delle cripto-attività. Le fonti ufficiali lo dicono chiaramente: i Prestatori di Servizi per le Cripto-Attività ("CASP") già autorizzati nel perimetro del Regolamento sui Mercati delle Cripto-Attività ("MiCAR") avranno accesso a una procedura semplificata per ottenere l’autorizzazione come payment institution.

Non si tratta di un’esenzione, né di un automatismo. Il controllo del rischio rimane, così come l’obbligo di rispettare tutti i presidi prudenziali e operativi richiesti ai PSP tradizionali. Tuttavia, il legislatore riconosce che i CASP hanno già attraversato un percorso di vigilanza stringente e che molte verifiche - governance, solidità finanziaria, AML, competenze degli esponenti, cybersecurity etc. - non devono essere duplicate.

È una scelta che manda un segnale chiaro ai mercati: l’Europa non considera più il settore degli asset digitali un corpo estraneo, ma un segmento che può contribuire alla competitività del mercato dei pagamenti purché operi entro un quadro regolato e vigilato.

4.3. Un equilibrio tra rigore e apertura

Tutto questo conferma la filosofia di fondo della strategia europea: rafforzare i controlli dove servono davvero togliendo attrito regolatorio dove il rischio non giustifica più il peso amministrativo e regolamentare.

Al netto delle sfide tecniche ancora aperte - tempi di attuazione, coordinamento con le norme nazionali, uniformità dei sistemi antifrode - il pacchetto PSR-PSD3 rappresenta una dichiarazione politica chiara: l’Europa vuole un settore dei pagamenti che sia sicuro come un’infrastruttura critica, aperto come un mercato concorrenziale e comprensibile come un servizio di base.

Autori: Andrea Pantaleo & Giulio Napolitano

 

Intellectual Property

Segni che descrivono l'oggetto di prodotti e / o servizi: la nuova prassi comune dell'EUIPO

La recente adozione della prassi comune ("common practice") CP16 – “Signs Describing the Subject Matter of Goods and/or Services”, pubblicata pochi giorni fa, contribuisce a fare chiarezza sulla descrittività del segno in relazione a specifici beni o servizi. Circostanza, questa, da cui scaturisce l'impossibilità di registrare il segno come marchio. L’iniziativa risponde all’esigenza, sempre più avvertita nell'era digitale, di uniformare i criteri con cui gli uffici marchi europei valutano segni che alludono al tema, all’argomento o al contenuto di un prodotto o servizio. Tale necessità si manifesta con maggiore evidenza in settori come software, pubblicazioni, giochi, servizi educativi e pubblicitari, in cui il contenuto rappresenta una componente essenziale dell’offerta.

A livello normativo, il riferimento è l’articolo 4(1)(c) della Direttiva Marchi (2015/2436), che esclude dalla registrazione i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che nel commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio.

In questo contesto, la CP16 concentra la propria analisi sull' oggetto del bene o servizio e chiarisce in quali casi la natura del bene o servizio dia rilevanza al "subject matter" del marchio. Nei prodotti, ciò si verifica quando essi sono concepiti per trasmettere informazioni o contenuti – si pensi a libri, riviste, software, pubblicazioni elettroniche, giochi. Nei servizi, accade quando la loro funzione consiste nel creare, diffondere o elaborare contenuti, come nei servizi educativi, editoriali, di scrittura o pubblicitari. In tali categorie, il contenuto non rappresenta un semplice elemento accessorio, bensì un fattore determinante nella percezione del consumatore.

La CP16 propone inoltre un metodo di valutazione basato su quattro elementi: la definizione del pubblico di riferimento, l’individuazione del significato del segno, l’analisi della natura del bene o servizio e, infine, la verifica dell’esistenza di un nesso diretto tra il significato del segno e il contenuto tematico del prodotto o servizio. L’aspetto decisivo è accertare se il segno venga percepito dal pubblico, senza alcuno sforzo interpretativo, come una descrizione immediata e rilevante dell’argomento del bene o del servizio. Qualora tale collegamento sia diretto e commercialmente significativo, il segno non può essere registrato come marchio.

Gli esempi offerti dalla CP16 sono particolarmente eloquenti. Segni come “Rock Music” per CD e DVD musicali, “Crosswords” per riviste o “Ancient History” per software educativi sono considerati descrittivi poiché indicano chiaramente il contenuto del prodotto e riflettono le aspettative del mercato. Al contrario, segni come “Nights” per libri o espressioni creative quali “Angry Plumbers” per giochi da tavolo non sono percepiti come descrittivi, in quanto non riconducibili a un tema abituale o prevedibile per tali categorie merceologiche.

Particolare attenzione è dedicata ai servizi pubblicitari. La CP16 chiarisce che l’oggetto della pubblicità – il prodotto, il servizio o il settore promosso – può costituire “subject matter” dei servizi stessi, ma solo laddove esistano effettive segmentazioni di mercato o strutture specializzate tali da rendere immediato per il pubblico il collegamento tra segno e contenuto. Così, termini come “Fashion” o “Food & Wine” risultano descrittivi per servizi pubblicitari in quanto nel mercato operano agenzie specializzate nei rispettivi settori; diversamente, un termine come “Lipstick” non assume carattere descrittivo, non configurandosi un ambito pubblicitario autonomo dedicato esclusivamente ai rossetti.

In conclusione, la CP16 non modifica il quadro normativo esistente, ma introduce criteri interpretativi condivisi che mirano a rafforzare la prevedibilità delle decisioni e a supportare professionisti e imprese nella gestione strategica dei marchi. La percezione del pubblico, valutata alla luce della natura del bene o servizio e delle prassi di settore, assume un ruolo centrale nella nuova impostazione. Per gli studi legali e gli operatori della proprietà intellettuale, ciò si traduce in uno strumento prezioso per prevenire contestazioni, migliorare la qualità delle domande e assistere i clienti in modo più efficace. La CP16 rappresenta, in questo senso, un ulteriore passo verso una maggiore armonizzazione nell’applicazione della disciplina dei marchi a livello europeo.

Autrice: Noemi Canova

 

Technology, Media and Telecommunications

Osservatorio sulle comunicazioni dell’AGCom relativo al primo semestre del 2025

L'AGCom ha pubblicato l'Osservatorio sulle Comunicazioni n. 3/2025, contenente i dati relativi al primo semestre del 2025.

I dati riportati nell'Osservatorio mostrano che il numero totale di accessi diretti in rete fissa su base trimestrale a fine giugno 2025 non presenta sostanziali variazioni rispetto al dato registrato a giugno 2024, attestandosi su un valore pari a circa 20,54 milioni di linee. Su base trimestrale si è registrato un aumento quantificabile in 29.000 accessi e anche rispetto al corrispondente periodo del 2024 si è registrata una leggera crescita quantificabile in 62.000 accessi (pari allo 0,3% in più rispetto al giugno 2024).

L'AGCom osserva inoltre che le linee basate su tecnologie in rame si sono ridotte di circa 150.000 unità su base trimestrale e di poco meno di 650.000 unità rispetto al mese di giugno 2024. Nell’ultimo quadriennio, invece, si è registrata una diminuzione di poco meno di 3,7 milioni di unità.

Rispetto alle linee basate su tecnologie più avanzate, si sono osservati aumenti su base trimestrale, sebbene i valori risultino in calo rispetto allo scorso anno. Infatti, le linee broadband complessive sono stimate in circa 19,24 milioni di unità a giugno 2025, con un aumento su base trimestrale stimabile in 81.000 mila accessi e una diminuzione su base annua quantificabile in 158.000 accessi. 

Gli accessi alla rete in tecnologia FTTC – Fiber To The Cabinet registrati a giugno 2025 sono pari a 8,74 milioni, con una flessione su base annua quantificabile in 754.000 linee, e quindi con una diminuzione del 7,9%, rispetto al corrispondente mese del 2024. Gli accessi in tecnologia FTTH – Fiber To The Home, pari a 6,5 milioni a giugno 2025, sono aumentati su base trimestrale di oltre 320.000 unità e di 1,26 milioni su base annua, mentre rispetto al mese di giugno 2021 l’incremento è di poco superiore a 4,1 milioni di linee. In aumento (di circa 237.000 unità su base annua), risultano anche le linee FWA – Fixed Wireless Access, che, alla fine del mese di giugno 2025, erano pari a circa 2,48 milioni di accessi.

Questa tendenza dimostra un consistente aumento delle prestazioni in termini di velocità di connessione commercializzata, in quanto nel periodo compreso tra giugno 2021 e giugno 2025 il peso delle linee con velocità pari o superiori ai 100 Mbit/s è salito dal 57,2% all'80,8% rispetto al totale. Tra giugno 2021 e giugno 2025, le linee commercializzate con capacità trasmissiva pari o superiore a 1GB/s sono invece passate dal 10,8% al 31,2% del totale.

I dati dell'Osservatorio confermano il trend in aumento del consumo di dati. Il traffico medio giornaliero in termini di volume complessivo nel corso del primo semestre del 2025 ha segnato un'ulteriore crescita dell'8,4% rispetto al corrispondente valore del 2024 e del 45% rispetto al corrispondente valore del 2021. Questi dati si riflettono sul traffico giornaliero per linea broadband: i dati unitari di consumo, infatti, sono aumentati del 40,2% rispetto al 2021, passando da 7,18 a 10,07 GB per linea in media al giorno.

Con riferimento al segmento della rete mobile, l’AGCom riporta che il numero complessivo di SIM attive a fine giugno 2025 (sia human, ossia “solo voce”, “voce+dati” e “solo dati” che prevedono interazione umana, che M2M, ossia “machine-to-machine”) sono stimate in poco più di 110 milioni, in crescita di 1.773.000 unità su base annua. In particolare, le SIM M2M sono aumentate di 616.000 unità su base annua, attestandosi a 30,7 milioni di unità. Le SIM human, pari a 79,3 milioni a giugno 2025, hanno registrato un aumento di circa 1.157.000 unità rispetto al corrispondente periodo del 2024. Secondo i dati riportati dall'AGCom, il 14,6% delle SIM human a giugno 2025 era costituito da SIM per la clientela "affari" (cd. business) e, per il restante 85,4% da SIM destinate alla clientela residenziale (cd. consumer).

Secondo quanto riportato dall'AGCom, le SIM human che hanno prodotto traffico dati nel corso del primo semestre del 2025 sono valutabili in poco meno di 61 milioni. Questi dati mostrano che il traffico dati medio giornaliero relativo alla telefonia mobile continua la sua crescita; infatti, il traffico registrato a giugno 2025 è aumentato dell'12,2% rispetto al corrispondente periodo del 2024 e di oltre il 113% rispetto al 2021. Corrispondentemente, il consumo medio unitario giornaliero nel primo semestre dell’anno è stimabile in circa 0,94 GB.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Rapporto di monitoraggio sulle comunicazioni dell'AGCom - Primo trimestre 2025”.

Autori: Massimo D'Andrea, Matilde Losa

 


La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Edoardo BardelliCarolina Battistella, Noemi Canova, Giovanni Chieco, Maria Rita CormaciCamila CrisciCristina CriscuoliTamara D’AngeliChiara D’OnofrioFederico Maria Di Vizio, Enila Elezi Laura GastaldiVincenzo GiuffréNicola LandolfiGiacomo LusardiValentina MazzaLara MastrangeloMaria Chiara Meneghetti, Giulio Napolitano, Andrea Pantaleo, Deborah ParacchiniMaria Vittoria PessinaTommaso Ricci, Marianna Riedo, Rebecca RossiRoxana SmeriaMassimiliano Tiberio, Federico Toscani, Giulia Zappaterra.

Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea, , Matilde Losa e Arianna Porretti.

Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena VareseAlessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.

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