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31 gennaio 202328 minuti di lettura

Innovazione e diritto: le novità della settimana

Eventi

Nuovi procedimenti di decadenza e nullità dei marchi

In Italia, le azioni di cancellazione del marchio (sia di decadenza che di nullità) sono state finora decise esclusivamente da giudici specializzati in procedimenti giudiziari civili. A partire dal 29 dicembre 2022, le azioni possono essere presentate all'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, a seguito dell'attuazione delle modifiche al Codice della Proprietà Industriale. Questo nuovo percorso alternativo consente alle parti interessate di scegliere tra il procedimento civile e quello amministrativo, diminuendo il carico di lavoro dei tribunali specializzati e riducendo la durata e i costi delle azioni. Ne discutanno i professionisti di DLA Piper il 2 febbraio in un webinar i cui dettagli sono disponibili qui.

Il presente e il futuro del settore del gambling: Web 3.0

I regimi di regolamentazione del gambling sono in costante mutamento, ma ora devono affrontare il ritmo dell'innovazione che sta rapidamente aumentando. Ciò è particolarmente evidente con l'avvento del Web 3.0, della NFT, del metaverso, delle criptovalute e dell'IA, che sollevano una serie di interrogativi su come le autorità di regolamentazione cercheranno di affrontarli nel contesto delle attività di gioco. Ne discutanno il 6 febbraio, il giorno prima dell’inizio della ICE Gambling conference, presso l’ufficio di Londra di DLA Piper i professonisti dello studio di Italia, Spagna, Germania, Olanda, Belgio, Portogallo, Ungheria,  Austria e India, con anche un keynote speaker. I dettagli dell’evento sono disponibili qui.

 

Podcast

L’intelligenza artificiale generativa tra sfide legali ed enormi prospettive

Il lancio negli ultimi mesi del 2022 di sistemi di intelligenza artificiale generativa come GPT-3 promette di cambiare velocemente le nostre vite. Come ogni rivoluzione però si porta dietro delle criticità legali. Ne parla Giulio Coraggio nell’episodio del podcast Dirottare il Futuro di Panorama.it disponibile qui.

 

Data protection & cybersecurity

Parere del Garante privacy sugli obblighi informativi di cui al Decreto Trasparenza

Dop più di cinque mesi dall’entrata in vigore del D.lgs. 27 giugno 2022, n. 104 (il c.d. Decreto Trasparenza), il Garante per la protezione dei dati personali si è espresso sulle disposizioni di legge del decreto che presentano profili rilevanti in materia di protezione dei dati, in quanto, l’impiego dei c.d. sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati dà luogo a trattamenti di dati, riferiti a interessati, nel contesto lavorativo.

Il Garante si è principalmente espresso sulle informazioni ulteriori che il datore di lavoro deve fornire all’interessato, e sul loro rapporto con gli articoli 13, 14 e 22 del Regolamento UE 2016/679 (il GDPR). In particolare, il Garante specifica che la portata delle disposizioni del Decreto Trasparenza non sono da valutarsi come in contrasto con le informazioni minime dovute all’interessato ai sensi degli articoli 13 e 14, ma si tratta invero solo di un ulteriore livello di dettaglio in più rispetto a quanto previsto dalla normativa privacy.

Tra i rilievi più significativi, si segnala quanto segue:

  • Il contenuto degli obblighi informativi rispetto ai sistemi decisionali ai sensi del Decreto Trasparenza

Tra gli elementi che il datore di lavoro deve fornire, vi rientrano gli elementi riguardanti l’utilizzo dei sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati, tra cui: gli aspetti del lavoro sul quale incide il sistema, il funzionamento di questi, i parametri utilizzati per programmare o addestrare il sistema, e gli altri elementi indicati all’articolo 4 del Decreto Trasparenza, che sono intesi come nuovi e aggiuntivi rispetto a quelli richiesti dal GDPR. Vi sono poi due elementi (i) la logica dei sistemi; e (ii) l’indicazione delle categorie di dati trattati, che il Garante ritiene essere solo specifiche degli articoli 13 e 14 del GDPR.

  • Il momento entro il quale devono essere assolti gli obblighi informativi

Il Garante interpreta le disposizioni del Decreto Trasparenza come applicabili sia ai rapporti lavorativi già instaurati, sia in ambito di selezione del personale (e.g., se vengono utilizzati sistemi di screening automatizzati di CV). In ragione di quanto espresso, il Garante ritiene che non vi siano dei termini precisi da rispettare per l’assolvimento degli obblighi informativi di cui al Decreto Trasparenza, ma che sia «auspicabile che tutte le informazioni siano complessivamente fornite al lavoratore prima dell’inizio del trattamento».

Inoltre, per quanto attiene ai sistemi nello specifico, il Garante precisa che, considerato che l’impiego di tali sistemi può comportare il trattamento di informazioni relative ai dipendenti, occorre in ogni caso che il titolare verifichi la sussistenza di un idoneo presupposto di liceità – a tale proposito, deve essere sempre verificata la sussistenza dei presupposti di liceità stabili dall’articolo 4 della l. 20 maggio 1970, n. 300 (lo Statuo dei Lavoratori), nonché il rispetto delle norme in tema di minimizzazione del trattamento.

Infine, occorre valutare se i sistemi impiegati danno luogo anche a un processo decisionale automatizzato: in questi casi troverà applicazione l’articolo 22 del GDPR, che stabilisce le ipotesi in cui l’interessato può decidere di non essere sottoposto a tali trattamenti.

  • L’Impatto per le aziende

Nonostante la tardività del parere, il Garante ha inteso sottolineare l’importanza delle disposizioni di legge del Decreto Trasparenza, evidenziando che non sono da valutarsi in contrasto con la normativa privacy, ma solo come una ulteriore specifica.

Il parere ci fa pensare che le autorità abbiano tardato l’enforcement del Decreto Trasparenza, nonostante la norma sia entrata in vigore ad agosto, per consentire alle aziende di avere più tempo per conformarsi. Tuttavia, vista l’attenzione che il Garante ha ora posto ora su tali disposizioni di legge, da un punto di vista privacy, sarà necessaria una conformità al più presto rispetto agli obblighi informativi di cui al Decreto Trasparenza.

Maggiori approfondimenti sugli obblighi privacy derivanti dal Decreto Trasparenza sono disponibili in questo articolo: “Decreto Trasparenza: Nuovi obblighi anche privacy di informazione su utilizzo di sistemi decisionali automatizzati”

Nuovi obblighi di notifica degli incidenti ai sensi della normativa sul perimetro nazionale di sicurezza cibernetica

Il 10 gennaio 2023 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la determina del Direttore Generale dell'Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) che estende ulteriormente gli obblighi di notifica previsti in capo ai soggetti rientranti nel Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica. A partire dal 25 gennaio 2023, dovranno essere comunicati all'ACN – nello specifico al Computer Security Incident Response Team (il CSIRT) – anche gli incidenti aventi un impatto su reti, sistemi informativi e servizi informatici diversi dai beni ICT rientranti nel Perimetro.

L'attuale quadro normativo prevede che i soggetti inclusi nel Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica siano tenuti a segnalare al CSIRT gli incidenti indicati dalla tassonomia di cui all'Allegato A del DPCM n. 81/2021 che abbiano un impatto su:

a)     un bene ICT di rispettiva pertinenza, ovvero sull'"insieme di reti, sistemi informativi e servizi informatici, o parti di essi, di qualunque natura, considerato unitariamente ai fini dello svolgimento di funzioni essenziali dello Stato o per l’erogazione di servizi essenziali", oppure

b)     un sistema informativo o un sistema informatico, o parte di essi che condivide con un bene ICT funzioni di sicurezza, risorse di calcolo o memoria, ovvero software di base, quali sistemi operativi e di virtualizzazione.

L'ulteriore obbligo di notifica introdotto con la determina del Direttore Generale dell'ACN estende gli obblighi informativi anche a quegli incidenti che hanno un impatto su reti, sistemi e servizi informativi e servizi informatici di pertinenza dei soggetti rientranti nel Perimetro diversi dai beni direttamente conferiti sotto il Perimetro stesso. L'obiettivo del provvedimento è di rafforzare ulteriormente il Perimetro estendendo l’ambito delle notifiche obbligatorie in caso di incidenti informatici anche a beni diversi rispetto a quelli attualmente protetti dal Perimetro. La determinazione tecnica contiene la tassonomia degli incidenti oggetto di segnalazione, distinguendo tra eventi che devono essere obbligatoriamente notificati al CSIRT (Sezione 1 dell'Allegato A) ed eventi la cui comunicazione rimane facoltativa e finalizzata a fornire all'ACN un quadro di valutazione delle minacce più completo (Sezione 2 dell'Allegato A).

Il provvedimento non interviene sulla nozione di incidente che continua ad essere definito come "ogni evento di natura accidentale o intenzionale che determina il malfunzionamento, l’interruzione, anche parziali, ovvero l’utilizzo improprio delle reti, dei sistemi informativi o dei servizi informatici". Le notifiche degli incidenti che riguardano questi beni informatici dovranno essere effettuate entro 72 ore dal momento in cui il soggetto colpito viene a conoscenza dell'incidente, mentre le tempistiche attualmente previste per le notifiche degli incidenti relativi ai beni conferiti sotto il Perimetro rimarranno invariate (da 1 a 6 ore in relazione al tipo e alla gravità dell'evento).

In conclusione, dal 25 gennaio 2023, la portata degli obblighi di comunicazione dei soggetti rientranti nel Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica si è estesa ulteriormente, andando a ricomprendere anche gli incidenti che colpiscono beni e servizi informatici non espressamente inclusi nel Perimetro. Su un simile argomento, può essere interessante l'articolo "Obblighi di certificazione per i fornitori ICT di società del perimetro nazionale di sicurezza cibernetica".

 

Intellectual Property

L’intelligenza artificiale (AI) generativa e la tutela dei prompt ai sensi della normativa sulla proprietà intellettuale

Anche chi è abituato a frequentare da vicino il mondo della tecnologia e dell’innovazione e rimasto stupito dalla travolgente accelerazione dello sviluppo delle tecnologie e dei sistemi di intelligenza artificiale cd. generativa.

Tra di essi quello oggi più in voga, per quanto riguarda i contenuti testuali, è ChatGPT e più in generale i modelli che appartengono alla famiglia GPT-3, sviluppati dalla società OpenAI. Il medesimo soggetto è anche all’avanguardia nel campo dei sistemi AI dedicati alla creazione di immagini a partire da dati testuali con il modello Dall-E 2. Altrettanto note la piattaforme Stable Difffusion, recentemente resa disponibile al grande pubblico dalla società Stability AI, e MidJourney, accessibile tramite Discord.

La diffusione di questi sistemi, sempre più perfezionati, pone una serie di interessanti questioni per chi si occupa di proprietà intellettuale, tra cui il tema della natura delle opere create con l’ausilio di tali strumenti, dell’attribuzione di eventuali diritti su di esse, dei rapporti tra tali diritti e quelli sulle opere impiegate per il training dei sistemi di intelligenza artificiale, già per altro oggetto di vertenze, almeno negli Stati Uniti.

Un tema per il momento meno esplorato, almeno dai giuristi, ha a che fare con la natura e la tutela delle istruzione fornite ai sistemi di intelligenza artificiale per generare un risultato specifico, i cd. prompt.

Ad esempio, una immagine come quella qui accanto è stata creata fornendo ad un sistema che impiega il modello Stable Diffusion il prompt “a female lawyer in court, in front of the judge's bench, explaining a complex case, sepia drawing style”, selezionando successivamente l’immagine tra le diverse proposte del sistema. Sottoponendo a ChatGPT il prompt “Compose a very short story about a lawyer trying to explain a difficult technical issue in court, resorting to un unexpected solution” si ottiene, dopo qualche passaggio, il testo che segue : “The lawyer stood nervously before the jury, trying to explain the intricacies of a computer programming issue at the heart of the case. The technical language and jargon left the jury confused and disengaged. In order to make the jury understand the issue, the lawyer comes up with an unexpected solution of using a simple, childlike drawing of a computer with a big red button labeled "run program" to explain the problem. This simple illustration helps the jury understand the technical issue, and the lawyer was able to make his point.

Quali che siano le valutazioni e le conclusioni in merito alla possibilità, per immagini e testi creati con l’ausilio di sistemi di intelligenza artificiale, di accedere alla tutela di diritto di autore, l’analisi deve necessariamente essere estesa alla possibilità di proteggere i relativi prompt.

In questa valutazione è bene tenere conto di alcuni elementi:

a)     la formulazione dei prompt deve rispettare (anche) requisiti di natura tecnica. Ciascuna piattaforma ha predisposto e pubblica manuali che indicano i parametri e i comandi che possono essere utilizzati nella predisposizione dei prompt;

b)     il rapporto tra prompt e risultato non è necessariamente univoco; il sistema di intelligenza artificiale presenta infatti di regola un coefficiente di opacità che impedisce di istituire un collegamento diretto e deterministico tra prompt e opera.

c)     la maggior parte dei modelli restituiscono molteplici risultati per ciascun prompt, lasciando all’utente la possibilità di selezionare quello o quelli preferiti ed elaborarli ulteriormente, se del caso tramite un vero e proprio dialogo (che infatti è il tratto caratteristico di ChatGPT); e

d)     sono già disponibili raccolte di prompt, che gli autori -sempre che si possa impiegare questo termine- cedono dietro corrispettivo direttamente o tramite apposite piattaforme, come ad esempio PromptBase

In prima approssimazione le circostanze appena elencate inducono a valutare con favore la possibilità di tutelare i prompt tramite il sistema della proprietà intellettuale: si tratta infatti di opere riconducibili alla creatività e personalità del loro autore, che hanno un valore economico e che sono facilmente riproducibili.

Ammettere i prompt alla tutela d’autore comporta tuttavia, nel nostro sistema, alcuni importanti corollari. Il primo attiene al livello di creatività dell’opera, che deve superare una soglia minima, per quanto bassa. Il secondo attiene alla estensione della tutela, che non potrà mai consentire all’autore di monopolizzare soluzioni ed accorgimenti tecnici, che debbono restare nella disponibilità di tutti. La tutela deve quindi essere in linea di principio conformata sulla falsariga di quella prevista per i programmi per elaboratore, che ha per oggetto la forma esteriore dell’opera e non le idee e le soluzioni tecniche che ne determinano il funzionamento.

Ammettendo che vi sia uno spazio di tutela per i prompt, è utile riflettere sul rapporto tra tale opera e quella generata tramite il sistema di intelligenza artificiale, che si pone verosimilmente in termini di elaborazione e di opera derivata. Altrettanto utile ricostruire -di nuovo in termini di derivazione ed elaborazione-il rapporto tra prompt ed opere dell’ingegno preesistenti, impiegate come prompt o per predisporre prompt (si pensi al testo di un’opera musicale o di una poesia utilizzato per predisporre un prompt da cui ricavare una o più immagini o video).

Una volta messi a fuoco questi rapporti sarà possibile anche disciplinare le relative transazioni, verosimilmente in termini di cessione o licenza, tenendo conto che l’impiego di un’opera dell’ingegno come prompt per un sistema di intelligenza artificiale non rientrava tra gli usi prevedibili sino a poco tempo fa, e che l’autorizzazione all’impiego di un prompt per la generazione di determinate opere o su determinate piattaforme non si estende necessariamente ad opere di natura diversa o a piattaforme diverse (e forse neppure ad ulteriori versioni della medesima piattaforma).

Questi interrogativi, e i molti altri che i sistemi di intelligenza artificiale generativa pongono, aprono scenari per la più parte inesplorati; in mancanza di un affidabile supporto normativo e giurisprudenziale è bene muoversi con cautela, facendo ricorso sia ad esperienze passate - di qui il richiamo ai principi elaborati in materia di tutela del software delle banche dati e più in generale delle cosiddette creazioni utili- sia alle pattuizioni contrattuali, chiarendo quanto prima diritti ed obblighi di tutti i soggetti coinvolti nella generazione (creazione?) di opere tramite i sistemi di intelligenza artificiale a partire da prompt.

Pubblicazioni giornalistiche online: AGCOM approva il Regolamento per l’equo compenso agli editori

Il 19 gennaio 2023 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (l’AGCOM) ha approvato il Regolamento in materia di determinazione dell’equo compenso per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico. Il Regolamento attua quanto previsto dall’art. 43-bis della Legge sul diritto d’autore n. 633/1941, che, nel recepire l’art. 15 della Direttiva Copyright UE 2019/790, ha stabilito che agli editori di pubblicazioni di carattere giornalistico debba essere riconosciuto un equo compenso per lo sfruttamento i loro contenuti.

Con l’introduzione del meccanismo dell’equo compenso, sia il legislatore europeo sia quello italiano sono intervenuti per favorire l’equa distribuzione del valore generato dallo sfruttamento online di una pubblicazione di carattere giornalistico tra editori, ossia i titolari dei diritti, e le piattaforme che utilizzano e re-distribuiscono tali contenuti. Lo obiettivo del Regolamento è quello di colmare il c.d. value gap, ossia l’assenza di equilibrio rispetto ai ricavi ottenuti dai titolari dei diritti delle pubblicazioni giornalistiche e quelli ottenuti dalle piattaforme online.

Il Regolamento ha, quindi, individuato modelli e criteri finalizzati a garantire il riconoscimento e lo sfruttamento dei diritti di riproduzione e comunicazione al pubblico degli editori, rispondendo allo stesso tempo alla necessità di effettuare un adeguato bilanciamento dei diversi interessi coinvolti. Infatti, in una prospettiva pubblicistica, deve essere garantita la tutela della libertà di espressione, il pluralismo dell’informazione, oltre fornendo, allo stesso tempo, incentivi per il mantenimento di un elevato livello di investimenti nell’innovazione, inclusa quella tecnologica. In un’ottica privatistica, è salvaguardata la libertà negoziale delle parti e la stipulazione di accordi reciprocamente vantaggiosi.

Per quanto riguarda i prestatori di servizi della società dell’informazione, il Regolamento identifica come base di calcolo per la determinazione dell’equo compenso “i ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore”. Su questa base, gli editori delle pubblicazioni giornalistiche possono vedersi riconosciuta una quota fino al 70%, quantificata secondo i criteri predeterminati dal Regolamento. L’aliquota massima determina una certa flessibilità nella definizione dell’equo compenso, che può essere adattato alle diverse esigenze delle parti, oltre che alle caratteristiche dei prestatori e degli editori.

Integrando i criteri già prospettati all’art. 43-bis Della legge sul diritto d’autore, l’AGCOM ha stabilito che la determinazione dell’equo compenso debba essere effettuata sulla base di:

a)       il numero di consultazioni online delle pubblicazioni (calcolati con riferimento alle pertinenti metriche di riferimento);

b)      la rilevanza dell’editore sul mercato (ossia, l’audience che questo raggiunge online);

c)       il numero di giornalisti, inquadrati ai sensi di contratti collettivi nazionali di categoria;

d)      i costi comprovati sostenuti dall’editore per investimenti tecnologici e infrastrutturali destinati alla realizzazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online;

e)      i costi comprovati sostenuti dal prestatore per investimenti tecnologici e infrastrutturali dedicati esclusivamente alla riproduzione e alla comunicazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online;

f)        l’adesione e la conformità, dell’editore e del prestatore, a codici di autoregolamentazione (compresi i codici deontologici dei giornalisti) e a standard internazionali in materia di qualità dell’informazione e di fact-checking; e

g)       gli anni di attività dell’editore in relazione alla storicità della testata.

Tali criteri dovranno essere applicati in modo cumulativo e con rilevanza decrescente (Art. 4, co. 3 del Regolamento).

Per quanto riguarda l’equo compenso dovuto dalle imprese che svolgono attività di media monitoring e rassegna stampa, il Regolamento ha individuato criteri specifici che rispecchiano le peculiarità del modello di business del settore e dei relativi servizi offerti. La base di calcolo è il fatturato che deriva dalle attività connesse a quelle di media monitoring e rassegna stampa. Non è stata indicata un’aliquota, ma dovranno essere considerate quelle adottate da consolidate prassi di mercato. L’assenza di determinazione dell’aliquota dovrebbe assicurare una flessibilità sufficiente per garantire equità, tenendo conto delle diverse caratteristiche di editori e società di media monitoring e rassegna stampa, oltre che delle differenze delle pubblicazioni di carattere giornalistico, come ad esempio la fonte online, la presenza di una clausola di riproduzione riservata o la libera riproducibilità di un articolo.

Partendo dalle pratiche commerciali e dai modelli di business adottati nel settore di riferimento, il Regolamento stabilisce, quindi, le aliquote e i criteri su cui la determinazione dell’equo compenso deve essere effettuata, con lo scopo di incentivare la stipulazione di accodi tra editori e prestatori di servizi della società dell’informazione, comprese le entità che prestano servizi di media monitoring e rassegne stampa. Qualora le parti in trattativa non trovino un accordo entro 30 giorni sull’ammontare dell’equo compenso che deve essere corrisposto agli editori, l’AGCOM può essere coinvolta per la determinazione. Entro 60 giorni, sulla base dei criteri stabiliti dal Regolamento, l’AGCOM determina quale delle proposte è conforme o, nel caso le indicazioni date dalle parti non siano soddisfacenti stabilisce d’ufficio l’ammontare dell’equo compenso. Resta comunque valida la possibilità delle parti di rivolgersi all’autorità giudiziaria ordinaria.

 

Technology Media & Telecommunications

La normativa sulla accessibilità dei siti Internet cambia con la circolare AgID

Con la Circolare n. 3 del 2022, AgID fornisce importanti chiarimenti interpretativi rispetto all'ambito di applicazione della normativa sull'accessibilità dei siti Internet di cui alla Legge Stanca.

Il 5 gennaio 2023 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Circolare n. 3 del 2022 dell’Agenzia per l’Italia digitale (AgID), adottata con determinazione n. 352 del 2022, circa i criteri interpretativi sull’ambito di applicazione della Legge 9 gennaio 2004, n. 4 (la c.d. Legge Stanca), che aveva portato molti professionisti a domandarsi se fosse necessario conformarsi agli obblighi in tema di accessibilità dei siti Internet, o meno.

  • Ambito di applicazione della normativa sull'accessibilità dei siti Internet

Ma facciamo un passo indietro. Il Decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120, aveva esteso l’applicazione degli obblighi in materia di accessibilità della Legge Stanca anche ai soggetti privati che (i) offrono servizi al pubblico (ii) attraverso siti web o applicazioni mobili (iii) con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro”, chiamati ad adeguarsi entro il 5 novembre 2022.

Tuttavia, prima della pubblicazione della Circolare, non era chiaro quale fosse esattamente l’ambito di applicazione della Legge Stanca, e sembravano rientrare – e di conseguenza, doversi conformare – tutti i soggetti privati che offrivano i loro servizi, ad un gruppo indeterminato di utenti, attraverso siti web e applicazioni mobili.

La Circolare finalmente delimita l’ambito di applicazione della Legge Stanca, anche alla luce del Decreto legislativo 27 maggio 2022, n. 82 di recepimento del c.d. Accessibility Act, applicabile a partire dal 2025. In particolare, la Circolare chiarisce che i privati assoggettati agli obblighi di accessibilità, sono i soggetti erogatori di:

  • siti web e applicazioni mobili;
  • contenuti extranet e/o intranet, pubblicati a partire dal 23 settembre 2019; e
  • contenuti che si trovano su dispositivi mobili per gruppi chiusi di utenti – o utilizzati per determinati contesti – usati però da un ampio numero di utenti,

che offrono servizi al pubblico, intesi dall’AgID come i servizi c.d. essenziali di seguito indicati:

·       energia;

·       gas;

·       acqua;

·       trasporto di passeggeri;

·       servizi postali ed attività di corriere;

·       servizi di sanità ed assistenza sociale;

·       servizi di istruzione;

·       raccolta dei rifiuti;

·       servizi delle comunicazioni elettroniche;

·       servizi bancari;

·       servizi funebri;

·       servizi veterinari;

·       servizi media basati sulle trasmissioni in diretta che sono mantenuti on line o ripubblicati dopo la trasmissione e, più in generale, media basati sul tempo preregistrati, pubblicati dal 23 settembre 2020;

·       servizi di commercio elettronico, aventi ad oggetto “beni di prima necessità”, ovvero quei prodotti senza i quali non sarebbe possibile svolgere una dignitosa esistenza.

 

Per evitare ulteriori confusioni, AgID fornisce una serie di esempi anche su cosa si deve intendere per beni di prima necessità (in questo caso, si tratta però di un elenco non esaustivo):

·       generi alimentari e bevande;

·       apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni, elettronica di consumo audio e video, elettrodomestici;

·       tabacco;

·       ferramenta, vernici, materiale elettrico e termoidraulico;

·       articoli igienico-sanitari;

·       articoli per l'illuminazione;

·       farmaci, articoli medicali e ortopedici;

·       articoli di profumeria, prodotti per toletta e per l'igiene personale;

·       materiale per ottica e fotografia;

·       combustibile per uso domestico e per riscaldamento;

·       prodotti per l’igiene della casa.

La normativa si applica ai gruppi che hanno un fatturato medio annuo nei 3 anni precedenti di almeno 500 milioni di euro e che offrono i loro servizi a un numero indefinito di utenti.  A questo proposito, la circolare AgID chiarisce che il fatturato va calcolato rispetto al gruppo, che "è considerato un'unica impresa".

  • Obblighi per i soggetti erogatori

I soggetti erogatori, ai quali si applicano le disposizioni della Legge Stanca, erano chiamati ad adeguarsi entro il 5 novembre 2022. In particolare, questi devono:

  1. entro il 23 settembre di ogni anno, compilare la Dichiarazione di Accessibilità, (lo strumento con il quale si rende pubblico lo stato di accessibilità di ogni sito web e app); e
  2. implementare i requisiti tecnici come richiesti dalle Linee guida sull'accessibilità per i privati e in particolare dagli standard tecnici illustrati nel documento EN 301 549.

In caso di violazione degli obblighi di cui sopra, la Legge Stanca prevede l’irrogazione di sanzioni fino al 5% del fatturato.

Sul medesimo articolo, il seguente articolo può essere interessante "Le modifiche del Codice del Consumo richiedono urgenti azioni correttive per le aziende".

Commercial

Crypto ed NFT regolati nelle nuove FAQ sulle manifestazioni a premio

È stata pubblicata la versione aggiornata al 18 gennaio 2023 delle FAQ del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (“Mimit”) sulla normativa relativa alle manifestazioni a premio.

In Italia, il d.P.R. n. 430/2001 disciplina due categorie principali di manifestazioni: (i) i concorsi a premio, in cui l’attribuzione dei premi dipende dalla sorte/alea o dall’abilità/capacità dei concorrenti e (ii) le operazioni a premio, in cui le offerte di premi o regali dipendono di regola dall’acquisto o vendita di prodotti o servizi.

Il decreto è accompagnato dalle FAQ del Ministero (prima Mise, ora Mimit), nelle versioni di volta in volta aggiornate, le quali giocano un ruolo fondamentale nel chiarimento della normativa di settore e nella risoluzione dei dubbi interpretativi nascenti dall’evoluzione del fenomeno delle manifestazioni a premio e dal progresso tecnologico.

Non a caso, la nuova versione delle FAQ affronta una delle tematiche più dibattute al momento, relativamente alla quale risultava necessario dipanare i dubbi sorti o quantomeno definire un indirizzo da seguire per gli operatori coinvolti: nelle manifestazioni a premio è ammissibile prevedere premi in criptovaluta o in oggetti digitali unici e.g., gli NFT?

Da un lato, il Mimit riporta che i premi in criptovaluta NON sono ammissibili in quanto risultano, a tutti gli effetti, equiparabili al denaro e il DPR 430/2001 vieta premi in denaro. Dall’altro, dichiara ammissibili gli oggetti digitali unici, quindi NFT (Non Fungible Token) o altri con caratteristiche simili.

Nel primo caso, il Ministero ritiene pertanto che le criptovalute debbano essere equiparate al denaro e si rifà all’esclusione di quest’ultimo tra i premi che possano essere messi in palio nell’ambito di una manifestazione di cui all’art. 4 del decreto. A questo si potrebbe però obiettare che da un punto di vista normativo le criptovalute non sono equiparate alla fiat, al denaro e quindi la conclusione raggiunta dal Mimit è priva di fondamento legale e in un eventuale contenzioso l’esito sarebbe quantomeno incerto.

Relativamente invece agli oggetti digitali unici, quali gli NFT, il Ministero – sempre prendendo come riferimento normativo l’art. 4 del decreto – considera gli stessi come beni immateriali suscettibili di valutazione economica e soggetti ad imposizione fiscale, tanto al momento della emissione, quanto durante la circolazione sul mercato, allorché è possibile attribuire loro, come a qualsiasi bene oggetto di transazione commerciale, un “valore normale” (i.e., valore commerciale per i consumatori ovvero valore orientativo di mercato).

Il Mimit sembra quindi focalizzarsi sulla natura unica ed infungibile di questi strumenti digitali, contrariamente a quanto discusso per le criptovalute. C’è da chiedersi tuttavia se tali gettoni digitali possano anche assolvere funzioni di intercambiabilità, determinando la necessità di una più profonda riflessione sul punto da parte del Ministero. Un’ulteriore criticità pare inoltre emergere con riferimento alla determinazione del valore del premio (e quindi della cauzione), essendo gli NFT, tra gli altri, soggetti alle fluttuazioni di prezzo legate all’andamento del mercato.

Oltre al tema dei premi in criptovaluta o in oggetti digitali unici, nell’ambito della versione aggiornata delle FAQ, il Ministero è intervenuto anche su altri punti che dal 2020 (ultimo aggiornamento) ad oggi hanno fatto sorgere dei dubbi interpretativi in chi opera nel settore.

Il Mimit conferma infatti che le imprese aventi sede legale in uno degli Stati appartenenti all’Unione Europea possono svolgere manifestazioni a premio applicando la normativa italiana oppure quella propria dello Stato di appartenenza, nel qual caso l’Italia vigilerà ai soli fini della tutela degli interessi dei consumatori.

Inoltre, con riferimento all’ubicazione del server di cui si avvale il sito Internet dell’impresa promotrice per lo svolgimento di una manifestazione a premio, il Ministero riporta che qualsiasi impresa, anche non appartenente all’UE e senza sede in Italia, che intenda svolgere in territorio italiano una manifestazione a premio via web, possa avvalersi, per la raccolta dei dati dei partecipanti, “di qualunque piattaforma, anche allocata all’estero”, purché le fasi eliminatorie e le operazioni di individuazione dei vincitori/assegnazioni premi, “comunque realizzate, per le ovvie ragioni legate all’operatività della normativa nazionale ed alla legittimità di intervento dei soggetti chiamati ad applicarla, avvengano in Italia ai sensi dell’art. 1, comma 6, e dell’art. 9 del d.P.R. n. 430/2001”, Pertanto, in territorio italiano, “deve essere ubicato il server in cui opera il software”, che permette di gestire sistemi di preferenza, sistemi randomici di individuazione, sistemi di interazione tra utenti, sistemi che sfruttano abilità di gioco e similari, e “il soggetto promotore dovrà provvedere al trasferimento in sicurezza, con un sistema di tipo mirroring o analogo, su un server italiano, dei dati necessari per lo svolgimento delle attività d’individuazione dei vincitori (come, ad esempio, eventuali prove/giochi a carico dei concorrenti, operazioni di estrazione, ecc.) e la conseguente assegnazione dei premi in palio, per i concorsi a premio, dandone conto, ai sensi dell’art. 9, comma 1, del d.P.R. n. 430/2001, tramite la produzione di una relazione tecnica peritale, da mettere a disposizione delle figure di garanzia (notaio o delegato della Camera di Commercio competenti per territorio) che dovranno essere presenti alle fasi di assegnazione dei premi in palio”.

Ancora, con riguardo al concetto di premio (bene o servizio) di minimo valore, il quale rileva ai fini della possibile esclusione dell’iniziativa in questione dall’applicazione della normativa sulle manifestazioni a premio, il Mimit chiarisce che, nonostante la prolungata interlocuzione avuta negli anni con l’Agenzia delle Entrate, non si è giunti ad individuare una cifra che aggiornasse le posizioni generali già contenute nelle normative in vigore. Per questo, l’applicabilità dell’esclusione di cui alla lettera d), comma 1, dell’art. 6 del d.P.R. n. 430/2001 dall’applicabilità della normativa sulle manifestazioni a premi “si ritiene ammissibile quando la manifestazione a premio non preveda la condizione dell’acquisto di beni e/o servizi oggetto della promozione, rimandando, per l’importo di ogni singolo premio promesso”, all’interpretazione fornita con Circolare Ministeriale 28 marzo 2002 n. 1/AMTC, la quale rinvia all’esemplificazione contenuta nell’art. 107 del Regolamento sui servizi del lotto approvato con regio decreto-legge n. 1077/1940, nella parte in cui detto valore era assimilato a quello del lapis, della bandierina, del calendario e di oggetti ad essi similari.

Infine, in tema di normativa di riferimento delle sanzioni previste per le manifestazioni a premio vietate o irregolari, il Mimit specifica che, oltre alla normativa generale sulle sanzioni amministrative, rappresentata dalla L. n. 689/1981 e ss.mm.ii., opera specificamente l’articolo 124 del regio decreto-legge n. 1933/1938, come sostituito dall’articolo 19, comma 5, lett. c), della L. n. 449/1997, poi modificato dall’art. 12, comma 1, lett. o), del D.l. n. 39/2009, convertito, con modificazioni, nella L. n. 77/2009, ed infine modificato dall’art. 1, comma 924, della L. n. 208/2015. Per maggiore facilità di comprensione, l’art. 12, comma 1, lett. o), del D.l. n. 39/2009 stabilisce che, in caso di effettuazione di concorsi ed operazioni a premio di cui è vietato lo svolgimento, si applica la sanzione amministrativa da euro 50.000 a 500.000. La sanzione è raddoppiata nel caso in cui i concorsi e le operazioni a premio siano continuati quando ne è stato vietato lo svolgimento. La sanzione è altresì applicabile nei confronti di tutti i soggetti che in qualunque modo partecipino all’attività distributiva di materiale di concorsi a premio e di operazioni a premio vietati. Il Ministero dispone che sia data notizia al pubblico, a spese del soggetto promotore e attraverso i mezzi di informazione individuati dal Ministero stesso, dell'avvenuto svolgimento della manifestazione vietata.

L’art. 1, comma 924, della L. n. 208/2015 aggiunge poi al comma 1 dell’art. 12 suddetto un comma 1-bis, il quale prevede che le sanzioni previste dal comma 1, lett. o), e dal relativo decreto di attuazione del Ministero dell'Economia e delle Finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, si applichino esclusivamente ai concorsi a premio per i quali sia stata accertata la coincidenza con attività di gioco riservate allo Stato o l'elusione del monopolio statale dei giochi. Per le altre violazioni resta ferma la disciplina sanzionatoria anteriormente vigente in materia.

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