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15 febbraio 202342 minuti di lettura

Innovazione e diritto: le novità della settimana

Speciale Festival di Sanremo - Rubrica “Musica Legalissima”

Questa settimana troverete otto articoli della rubrica “Musica Legalissima”, che le professioniste e i professionisti del dipartimento Intellectual Property and Technology di DLA Piper hanno scritto durante il Festival di Sanremo 2023, esplorando le tendenze e i fenomeni più recenti del mondo della musica e le relative problematiche legali.

Buona lettura!

Intro - “Che sarà” – Intervista a Enzo Mazza, CEO di FIMI

Enzo Mazza, CEO di FIMI illustra i trend del mondo della musica quale parte della serie di articoli su questioni legali relativi al diritto e il settore musicale.

In questo primo articolo, intervistiamo Enzo Mazza, CEO di FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) sui trend più recenti che stanno interessando il settore musicale, quali il successo dello streaming come principale modello di consumo di brani e la scalata delle classifiche musicali grazie alla promozione sui social. Enzo Mazza ci illustra anche le previsioni per il futuro della musica sulle nuove tecnologie, quali metaverso e AI.

D: Alla luce della crescita dei consumi digitali nel settore della musica, si prevede che lo streaming andrà a costituire la maggior parte dei ricavi raccolti da editori. Quali sono, a tuo avviso, le opportunità di monetizzazione e nuovi modelli di sfruttamento per i titolari dei diritti si possono immaginare e come questi saranno influenzati dalle nuove tecnologie, come ad esempio metaverso e NFT (non-fungible token)?

R: “Attualmente in Italia lo streaming rappresenta l’83% del mercato. Rimarrà sicuramente il modello di consumo principale con cui ascoltare musica online, preferito dal pubblico per tutte le sue diverse forme: in abbonamento, in modalità ad-supported (ossia con l’inserimento di inserzioni pubblicitarie) e streaming video, sia short form, come ad esempio TikTok, sia nei canali più tradizionali come YouTube. Oltre a questo formato si stanno sviluppando nuovi segmenti, come ad esempio il gaming e, in prospettiva più ampia, il metaverso. Già oggi piattaforme come Roblox o Fortnite consentono nuove forme di monetizzazione, come ad esempio l’organizzazione di eventi virtuali, in passato praticamente impensabile. Da questo punto di vista, il metaverso offrirà molte nuove opportunità per la creazione di contenuti creativi adattati a questo specifico segmento. Gli NFT, invece, possono essere considerati come un’innovativa forma di merchadising virtuale: danno la possibilità di costruire un’offerta esclusiva di contenuti digitali in grado di generare nuove forme di consumo, anche più sofisticate, per un pubblico di appassionati e i prodotti commercializzati posso avere anche valori economici elevati”.

D: I social media, come TikTok e Instagram, hanno assunto un ruolo preponderante nelle strategie di promozione di brani musicali, compresi quelli presentati a Sanremo. In quale modo l’utilizzo sui (e finalizzato ai) social ritieni possa impattare, in positivo e in negativo, la produzione e messa disposizione del pubblico di brani musicali, soprattutto considerata la tendenza alla realizzazione di tracce brevi, con una vita media breve, con ritornelli orecchiabili e idonei a diventare virali?

R: “Le piattaforme social, quali Instagram, Twitch, ma anche quelle per la pubblicazione di short form come TikTok o gli stessi Instagram Reel e YouTube Shorts, non sono solo strumenti promozionali, ma vere e proprie piattaforme di consumo di musica. Già oggi tramite TikTok vengono portati al successo non solo brani nuovi o inediti, ma anche di catalogo. Alcune caratteristiche dei social fanno sì che i brani vengano adattati alle varie piattaforme con versioni ad hoc. Oltre ovviamente a rappresentare delle opportunità di monetizzazione, la viralità di questi servizi genera traffico anche sulle piattaforme streaming aumentando i consumi tradizionali, la riscoperta di un catalogo o il repertorio di un artista”.

D: Uno degli argomenti principali degli ultimi mesi è l’impatto dell’AI (artificial intelligence) nel settore della musica. Se è vero che l’emotività umana non può essere replicata e che la capacità dell’artista sta anche nel distaccarsi dalle produzioni passate, ci sono ambiti in cui l’AI potrebbe inserirsi colmando alcuni spazi o permettendo di bypassare il sistema degli accordi con le collecting societies. Quali sono, a tuo avviso, gli utilizzi più interessanti dell’AI per il settore della musica e quali i più rischiosi?

R: “L’evoluzione dell’AI sta assumendo diverse forme offrendo interessanti opportunità ma anche sfide per il settore della musica. Una parte centrale dello sviluppo sarà costituita dall’ausilio alla produzione creativa, cosa che in parte sta avvenendo anche con piattaforme come ChatGPT. In ogni caso, l’AI è già molto presente nella costruzione di playlist, dei c.d. mood, e opera integrata in servizi di audio, come gli smart speaker che sono in questo momento il più evidente esempio di utilizzo di machine learning nella musica. In prospettiva futura, sarà certamente centrale definire gli aspetti legati alla tutela della proprietà intellettuale e del rischio che tramite l’AI si possano adattare o riutilizzare contenuti protetti, sia audio che video. Infine, dovrà essere definita la collocazione normativa della produzione basata interamente sull’AI della quale si sta discutendo in varie sedi internazionali”.

Su di un simile argomento, può essere interessante l’articolo “NFT, diritto d’autore e musica: cosa cambia per gli artisti musicali digitali?”.

Traccia n. 1 - “L’immagine che ho di te”: Quando l’intelligenza artificiale ci mette la faccia (e la voce) con gli avatar

Gli avatar virtuali sul palco di Sanremo: una prospettiva tecnicamente non più così utopistica grazie ai progressi dell’intelligenza artificiale, ma creano delle problematiche legali.

In questo articolo analizziamo le problematiche legali legate alla creazione, tramite sofisticati sistemi di intelligenza artificiale (AI), di avatar di artisti che potranno esibirsi in concerti ed eventi virtuali.  Queste nuove forme di intrattenimento e la creazione di controfigure digitali di artisti attuali o passati, impongono riflessioni etiche e giuridiche, a partire dall’utilizzo massiccio di dati personalissimi.

Cantanti tremate. Il palco di Sanremo potrebbe presto ripopolarsi di grandi autori del passato, come Dalla e Battisti, pronti a gareggiare per il podio contro i colleghi più giovani. Come? Attraverso l’utilizzo di avatar virtuali. Una prospettiva inquietante per molti, ma tecnicamente non più così utopistica grazie ai progressi dell’AI.

Lo sviluppo di tecnologie in grado di rendere in maniera sempre più realistica movimenti e fattezze umane sta dando nuovo slancio al business dei “concerti virtuali”, in cui cantanti reali sono sostituiti sul palco da propri alter ego digitali che si muovono, cantano e interagiscono con il pubblico esattamente come loro.

La creazione di queste controfigure virtuali richiede l’analisi e l’utilizzo di grandi quantità di dati personali, che in alcuni casi possono configurarsi come dati biometrici, dati “personalissimi” che permettono da soli di identificare univocamente un individuo (si pensi al timbro della voce o determinate espressione del viso). Gli avatar 3D possono nascere quindi dalla rielaborazione digitale di dati rappresentativi del linguaggio del corpo, movimenti facciali e gesti distintivi raccolti attraverso telecamere e sensori posizionati sul corpo dell’artista performer. Ma, in mancanza di un corpo fisico, possono essere generati anche mediante l’utilizzo di tecnologie basate su machine learning che consentono di creare immagini e video che risultano tanto reali, quanto indistinguibili dalle loro rappresentazioni nel mondo fisico (si vedano per esempio i c.d. “deepfake”).

Per “concerti virtuali” non si intendono solo performance virtuali, in cui cantanti-avatar 3D si esibiscono sui palchi del metaverso, regalando ai propri fan una nuova esperienza multisensoriale e immersiva, fruita comodamente dal salotto di casa (diversi i nomi illustri dei meta-concerts, a cui si è aggiunto di recente anche Sir Elton John). Si parla anche di veri e propri “hologram tours” che vogliono riprodurre l’esperienza di un concerto live proiettando però sul palco le proiezioni tridimensionali delle superstar (esemplare il tour che ha riunito gli avatar virtuali degli ABBA). Tra le applicazioni più sorprendenti e criticate di queste nuove tecnologie si può includere la – per così dire – resurrezione di cantanti del passato, con l’organizzazione di concerti “postumi” che portano sul palco gli avatar di star scomparse ma amatissime dal pubblico, come è avvenuto per le apparizioni di Elvis Presley, di Maria Callas o del rapper Tupac (questo già nel 2012) fino alle più recenti di Whitney Huston. 

Anche il Sanremo del 2021, nel suo piccolo, ha sperimentato le potenzialità di queste nuove tecniche presentando al grande pubblico un ospite-ologramma d’eccezione, senza spingersi però alle prodezze dei colleghi americani.

Se la tecnologia muove spedita verso nuovi orizzonti, l’indiscriminato e sregolato utilizzo di strumenti in grado di manipolare la realtà, creando doppelganger pericolosamente ingannevoli e riportando in vita artisti e un performer ormai deceduti, solleva un ampio spettro di questioni giuridiche, che si affiancano ad altrettanti temi etici.

Nel caso di artisti e cantanti, le prime questioni nascono dal complesso intreccio di problematiche legali relative ai diritti di proprietà intellettuale che devono essere conciliati per la creazione e il successivo utilizzo di avatar per concerti ed eventi virtuali. I diritti d’autore e connessi di autori, interpreti, produttori si intrecciano con i diritti dei creatori dell’avatar o ologramma, a sua volta opera tutelabile (come software? Come opera cinematografica?). E qui, si aprono a loro volta ulteriori difficili quesiti sull’ampiezza di tutela della performance dell’avatar stesso e, quando le tecniche di creazione sono basate su AI, rispetto ai limiti di protezione di prodotti generati da tecnologie AI.

Allo stesso modo, la tutela dei diritti della personalità degli artisti “virtualizzati”, dal diritto all’immagine, al diritto all’identità e alla protezione dei dati personali, è fortemente impattata dall’utilizzo di tecnologie che non solo riescono a rendere la fedele riproduzione delle fattezze di un individuo, ma riescono ormai a farlo a partire da foto e video pubblicamente accessibili, senza controllo o consenso da parte dei soggetti raffigurati.

Se l’utilizzo di synthetic media, come i deepfake, può portare a forme di creatività più o meno innocue (spopolano per esempio i deepfake – iperrealistici – di Keanu Reeves e Tom Cruise su Tik Tok, protagonisti di sketch parodia sui loro originali analogici), si rafforza la consapevolezza di una crescente perdita di controllo da parte di celebrities (e persone comuni) sui propri dati, l’utilizzo del proprio nome, dell’immagine e ora anche della voce. Non, quindi, solo una perdita patrimoniale per gli artisti, incapaci di limitare lo sfruttamento e la riproduzione di quei tratti caratteristici che li hanno resi tali, ma una violazione dei più profondi diritti all’autodeterminazione (anche informativa) e alla propria rappresentazione sociale. A ciò si aggiungono problematiche legali relative al rischio reale di utilizzo improprio di falsi digitali, che sfocia in veri e propri furti di identità in cui il travisamento di identità ingenerato dall’avatar virtuale viene sfruttato per truffare i malcapitati “creduloni” o per screditare e compromettere lo stesso rappresentato.

Le cose si complicano ulteriormente se il soggetto rappresentato è un artista ormai defunto, poiché alle questioni di sfruttamento (o esaurimento) dei diritti d’autore patrimoniali post mortem, si aggiungono tematiche relative all’azionabilità da parte degli eredi dei diritti della personalità dell’artista deceduto, a difesa della sua immagine e dignità contro creazioni che seppur creative (come ologrammi postumi) siano ritenuti lesivi della sua personalità.

Resta da vedere se ologrammi, 3D avatar e deepfake rivoluzioneranno il modo di fare e usufruire della musica. Certo è che l’avanzata di tecnologie dirompenti (molte strettamente connesse all’evoluzione dell’AI) richiede uno sforzo collettivo per colmare le lacune di un sistema giuridico che se a volte è in grado di adattarsi velocemente a fenomeni emergenti (es. introduzione di clausole per l’acquisto dei diritti post mortem sulla riproduzione virtuale dell’immagine di un artista), in altri casi risulta ancora inadeguato (es. regolamentazione dei deepfake).

Su di un simile argomento, può essere interessante l’articolo: ”L’intelligenza artificiale (AI) generativa e la tutela dei prompt ai sensi della normativa sulla proprietà intellettuale

Traccia n. 2 - “Ti regalerò una rosa”: l’immagine digitale floreale della scenografia di Sanremo protetta da diritto d’autore

È stato riconosciuto il diritto d’autore dell’immagine digitale raffigurante un fiore utilizzata come scenografia di Sanremo senza autorizzazione.

In questo articolo, analizziamo una recente pronuncia della Corte di Cassazione sul riconoscimento della tutela del diritto d’autore su un’opera digitale raffigurante un fiore, realizzata tramite l’uso di software, che è stata utilizzata in una passata edizione del Festival di Sanremo.

Nell’ormai lontano 2007, Simone Cristicchi vinse il Festival di Sanremo con il brano “Ti regalerò una rosa”, ma non tutti i fiori sono uguali e nove anni più tardi, su quello stesso palco, l’utilizzo da parte della RAI di una scenografia floreale avrebbe segnato l’inizio di una lunga vicenda giudiziaria.

Nel 2016 la RAI, infatti, ha scelto come fulcro della scenografia di Sanremo un’opera digitale raffigurante un fiore, denominata “The scent of the night” e reperita sul web. Tale opera grafica, tuttavia, è stata utilizzata senza l’autorizzazione dell’autrice: l’immagine è di titolarità di un’architetta nota con lo pseudonimo di Lindelokse che la aveva realizzata qualche tempo prima attraverso l’impiego di un software. Per tale motivo, due anni più tardi, l’architetta ha citato in giudizio la RAI davanti al Tribunale di Genova, lamentando la violazione dei propri diritti d’autore sull’opera.

Il Tribunale ha accertato ai sensi del diritto d’autore la paternità dell’immagine digitale in capo all’autrice e la violazione del diritto d’autore da parte della RAI, condannando quest’ultima al risarcimento del danno, liquidato equitativamente in Euro 40.000. Secondo il Tribunale, la titolarità dell’opera digitale poteva essere ricondotta all’architetta sulla base delle stampe dei siti internet da questa prodotte e di una rapida ricerca online, nonché di un libro che conteneva l’immagine e ne attribuiva la paternità alla stessa. Le determinazioni del giudice di primo grado sono state confermate anche in appello.

Recentemente è intervenuta la pronuncia della Corte di Cassazione, che ha rigettato il ricorso proposto dalla RAI e confermato quanto statuito dai giudici di merito circa la titolarità dell’opera digitale. La Corte si è soffermata sul concetto giuridico di creatività, ritenendo che questo non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta. La creatività tutelata dalla normativa italiana è data dalla personale e individuale espressione di un contenuto oggettivo appartenente alle categorie elencate all’art. 1 della legge sul diritto d’autore (L. n. 633/1941). Pertanto, un’opera dell’ingegno riceve protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esterno.

Infatti, secondo quanto statuito dalla Corte, la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee e nozioni semplici e non è costituita dall’idea in sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività. La stessa idea può essere alla base di diverse opere, che sono o possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori impiega e che, in quanto tale, rileva ai fini della protezione.

Come osservato dai giudici di merito, l’immagine digitale utilizzata nella scenografia del Festival di Sanremo non rappresentava semplicemente una riproduzione di un fiore, ma era una vera e propria rielaborazione, meritevole di tutela ai sensi del diritto d’autore, poiché idea originale e creativa proveniente dalla sua autrice. La stessa RAI ha attribuito questo valore all’opera e al fiore rappresentato, valorizzandola come simbolo della manifestazione e facendola apparire sul palco del Festival privo delle tradizionali decorazioni floreali. L’immagine ha poi raggiunto un buon grado di notorietà online, raccogliendo visualizzazioni e commenti.

Infine, nella pronuncia della Corte di Cassazione emerge in ultima battuta un tema molto interessante e attuale, ossia la possibilità di utilizzare un software per generare contenuti tutelabili dal diritto d’autore. Tale circostanza, a detta della RAI, sarebbe stata sufficiente per escludere la creatività dell’opera digitale rivendicata. L’immagine sarebbe infatti stata creata tramite un programma che ne avrebbe elaborato forma, dettagli e colori tramite algoritmi matematici, riproducendone e ripetendone le forme su diverse scale di grandezza (c.d. “frattale”). Il processo dell’autrice si sarebbe, quindi, limitato alla scelta di un algoritmo e all’approvazione del risultato generato dal software.

Pur ritenendo inammissibile tale motivo di contestazione poiché non era mai stato mai sollevato nelle precedenti fasi del giudizio, la Corte di Cassazione ha precisato che l’uso di un software non esclude l’elaborazione di un’opera dell’ingegno tutelabile dal diritto d’autore, il cui tasso di creatività andrebbe solo scrutinato con maggior rigore. In ogni caso, se tale eccezione fosse stata rilevata davanti ai giudici di merito, si sarebbe reso necessario un accertamento di fatto più stringente per verificare se e in qual misura l’utilizzo dello strumento ha assorbito l’elaborazione creativa dell’artista che l’ha utilizzata.

Nonostante la Corte non sia riuscita a pronunciarsi estensivamente sulla questione, il tema della digital art, ossia delle opere realizzate impiegando tecnologie digitali, è particolarmente rilevante, soprattutto alla luce della proliferazione dell’utilizzo di nuove tecniche e sistemi nei processi creativi. Infatti, la categoria della digital art ricomprende non solo le opere create con i tradizionali software di design, ma anche le innovative tecniche di produzione di contenuti affermatesi in tempi recentissimi, come ad esempio lo sfruttamento di procedimenti automatizzati e dell’intelligenza artificiale. Pertanto, è auspicabile che le corti italiane abbiano altre possibilità analizzare la tematica per fare chiarezza sulla tutela delle opere digitali e per assicurare certezza ad autori e artisti, che potranno quindi vedersi riconosciuti i propri diritti in caso di sfruttamento non autorizzato.

Su di un simile argomento, può essere di interesse l’articolo “È possibile registrare come marchio il ritratto di una persona?”.

Traccia n. 3 - “Uno su mille ce la fa”: L’intelligenza artificiale può indovinare il vincitore di Sanremo?

Ci si è domandati se l’intelligenza artificiale può facilitare frodi nelle scommesse, indovinando ad esempio il vincitore di Sanremo?

In questo articolo, analizziamo la possibilità di utilizzare strumenti di intelligenza artificiale (AI), compresi modelli generativi come Chat GPT, per pronosticare i risultati di un evento come ad esempio il vincitore del festival della canzone italiana che si celebra a Sanremo, e quale impatto può avere nel contesto delle scommesse, agevolando anche delle frodi.

Questo esperimento fu condotto per la prima volta per l’edizione del 2020, senza però l’utilizzo di uno strumento di AI vero e proprio: in tale occasione, fu condotta un’analisi attraverso un complesso studio, grazie al quale uno strumento di calcolo aveva tentato di anticipare l’esito della competizione dedicata alla musica italiana. Lo studio fu condotto basandosi su un set di dati e cercando al suo interno dei pattern che si ripetessero. In particolare, il punto di partenza furono i testi delle canzoni vincitrici dal 1951 al 2019, e i sostantivi presenti all’interno di questi, associando a ciascuna di queste parole un valore numerico: la somma finale di tali valori, avrebbe dovuto anticipare l’esito della competizione svoltasi nel 2020. Tuttavia, in tale occasione, lo strumento che avrebbe dovuto avvicinarsi ad un modello di machine learning fallì: Diodato, con “Fai rumore” fu infatti classificato penultimo dallo strumento, risultando invece il vincitore di quell’edizione.

Tornando al Festival dell’anno corrente, si è chiesto proprio a Chat GPT di riproporre l’esperimento e di formulare un pronostico rispetto alla vittoria del Festival. Il prompt utilizzato è stato il seguente: “Stando ai dati ed alle statistiche in tuo possesso, secondo te, chi tra questi cantanti ha maggiore probabilità di vincere il Festival di Sanremo? E per quale motivo?”

Chat GPT, il più chiacchierato sistema di intelligenza artificiale, pur disponendo di un dataset aggiornato non oltre il 2021 (e pertanto, non conoscendo le preferenze degli spettatori rispetto alla presente edizione del Festival), ha ritenuto che i favoriti possano essere Elodie, Giorgia e Marco Mengoni, e che il vincitore di Sanremo potrebbe rinvenirsi proprio in quest’ultimo. Tale previsione è sorprendente perché è perfettamente in linea con quello che è il sentire della stampa, nonché del pubblico, che, già ben prima dell’inizio del Festival, avevano individuato nei tre cantanti i favoriti di questa edizione.

Chat GPT ha probabilmente analizzato le performance delle canzoni e dei cantanti in passato, e più nello specifico, potrebbe aver esaminato le statistiche sulle votazioni e i risultati dei festival passati per identificare i fattori che hanno contribuito alla vittoria di una canzone o di un cantante in particolare. Ha poi applicato tali valutazioni sui cantanti in gara nell’edizione di riferimento, individuando in Marco Mengoni il cantante vincitore.

Altri elementi che possono essere risultati utili nel pronostico, oltre all’analisi dei dati storici, sono le tecniche di deep learning per esaminare la melodia, il ritmo e le parole delle canzoni per identificare i tratti distintivi e le caratteristiche che hanno avuto successo in passato. In questo modo, i modelli possono formulare previsioni sulla base della qualità e dell’appeal delle canzoni, anche prima che vengano eseguite sul palco.

Tale esperimento fu condotto recentemente anche all’interno del contesto dei mondiali FIFA che si sono svolti in Qatar.

I modelli predittivi di AI fanno sorgere domande in merito al loro utilizzo nel settore delle scommesse, avendolo già influenzato in maniera decisiva: l’insieme di questi strumenti offre infatti agli scommettitori sportivi e non un controllo senza precedenti sulle loro puntate e consente loro di massimizzare le probabilità di successo. Al contempo, tuttavia, gli algoritmi di apprendimento automatico possono determinare quali cantanti, squadre o giocatori hanno maggiori probabilità di vittoria e suggerire di conseguenza ai bookmakers le quote più appropriate da offrire.

Pertanto, la vera rivoluzione nel mondo delle scommesse consiste nell’utilizzare gli strumenti predittivi di AI per l’individuazione di frodi, prevenire fenomeni di riciclaggio, corruzione e match-fixing. Mentre tali strumenti sono già in uso per i bookmakers già da un paio d’anni, sarà compito delle Autorità di regolamentazione dotarsene ed adottarli al fine di garantire la liceità e la supervisione sugli eventi oggetti di scommessa, anche nel caso di eventi diversi da quelli sportivi, come per il Festival di Sanremo.

In ogni caso, bisognerà attendere domani sera per scoprire se le previsioni di Chat GPT si sono avverate.

Su di un simile argomento, può essere di interesse l’articolo “Le nuove regole sulle scommesse sportive introducono notevoli miglioramenti”.

Traccia n. 4  - “La musica è finita”: Se l’intelligenza artificiale compone musica, chi è l’autore?

L’uso sempre più frequente dei sistemi di intelligenza artificiale nell’industria della musica fa sorgere punti interrogativi sulla tutela del diritto d’autore.

In questo articolo analizziamo le opportunità e le problematiche legali in termini di diritto d’autore legate alla musica generata da o con l’ausilio di sistemi, strumenti e tecniche di intelligenza artificiale (AI) – ossia l’abilità di una macchina di riprodurre parte delle capacità creative del cervello umano – sempre più spesso usati nella creazione di musica, video e testi.

Il rapido e inarrestabile sviluppo dell’AI fa sorgere numerosi punti interrogativi nell’ambito del diritto della proprietà intellettuale. I processi di realizzazione e sviluppo delle opere creative sono, infatti, disciplinati dalla legge sul diritto d’autore e sono strettamente legati alle trasformazioni tecnologiche e commerciali. Non sorprende quindi che i progressi relativi alle tecnologie dell’AI e il loro impiego nel settore creativo facciano sorgere nuove opportunità di sviluppo e di business, ma anche nuove problematiche giuridiche, in particolar modo legate all’individuazione dell’autore dell’opera e all’attribuzione dei relativi diritti.

Una delle ragioni di tale successo è che i sistemi di AI offrono le più disparate possibilità di applicazione, semplificando e velocizzando processi lunghi e dispendiosi: dalla composizione della musica alla masterizzazione, dagli strumenti di identificazione dei brani alla creazione di playlist altamente personalizzate. Questa nuova tecnologia sta, quindi, cambiando il modo in cui la musica viene creata dagli artisti e ascoltata dal pubblico.

Tra le applicazioni e piattaforme capaci di creare musica online troviamo, ad esempio, AIVA, Endel, Xhail, Boomy, Score/Amper, Jukebox, MuseNet, ChatGPT e, sebbene non ancora disponibile, MusicLM di Google. Il nuovo sistema di AI creato da Google, ad esempio, sembrerebbe in grado di produrre musica di qualsiasi genere partendo da una semplice descrizione testuale. Sebbene non si tratti del primo sistema di intelligenza artificiale generativa per la musica, è invece il primo a creare brani e melodie ad “alta fedeltà” (HiFi), ovvero ad alta risoluzione (con suoni generati a 24KHz). Questo algoritmo inoltre è capace di generare musica dalla “composizione complessa”, essendo stato addestrato con i dati di oltre 280.000 ore di musica. MusicLM può basarsi su suoni, melodie e brani esistenti, indipendentemente da come questi siano riprodotti, ovvero anche se fischiettati, cantati o suonati con uno strumento, risultando così potenzialmente in grado di sostituirsi a gran parte dei compositori di colonne sonore.

Il problema principale di questo e degli altri sistemi di intelligenza artificiale capaci di creare musica sta nel fatto che i dati con cui tali sistemi sono stati addestrati potrebbero contenere materiale protetto dal diritto d’autore, con la conseguente violazione del diritto d’autore su tali opere musicali.

Ad ogni modo, anche quando la musica realizzata dall’AI non violi altri materiali protetti dal diritto d’autore e sia, dunque, di per sé nuova, si discute del livello di tutela che possa essere concesso a queste opere.

Come anticipato, anche quando si parla di creazioni dell’AI è necessario fare riferimento alle norme in materia di diritto d’autore. Occorre però distinguere tra (i) brani musicali ottenuti dall’intelligenza artificiale con l’assistenza dell’uomo e (ii) brani generati in autonomia dall’AI.

Nel primo caso, l’opera implica uno sforzo creativo umano, pertanto alla persona fisica – l’autore – che ha dato origine a tali composizioni spetterà la tutela giuridica concessa dal diritto d’autore; emergono, invece, maggiori criticità nel secondo scenario in quanto le norme in materia autorale stabiliscono che l’intervento dell’uomo sia necessario al fine di dare vita a un’opera creativa tutelabile.

A livello nazionale, ma anche comunitario e internazionale, al fine di godere della titolarità di un diritto è necessario essere in possesso della capacità giuridica; da qui deriva la complessità di riconoscere una qualche tutela in capo alle “macchine” che, benché in grado di realizzare brani musicali in autonomia, sarebbero per ovvi motivi incapaci di esercitare o rivendicare i propri diritti, qualora concessi. Inoltre, nel nostro ordinamento l’art. 6 della Legge sul Diritto d’Autore prevede che il titolo originario dell’acquisto del diritto d’autore è costituito soltanto dalla creazione dell’opera “quale particolare espressione del lavoro intellettuale” e proprio l’esplicito richiamo al concetto di “lavoro intellettuale” viene da molti enfatizzato per sostenere che l’autore deve necessariamente essere una persona umana.

Quanto al contenuto realizzato dall’AI, per valutare se esso sia qualificabile come “opera” dal punto di vista del diritto dell’Unione Europea e, pertanto, tutelabile con il diritto d’autore, diversi studi e pubblicazioni sul tema hanno individuato – anche ai sensi della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea – un test suddiviso in quattro fasi e criteri.  In ambito musicale, un brano realizzato tramite l’AI dovrebbe essere: (i) una “produzione nel campo letterario, scientifico o artistico“; (ii) il prodotto di uno sforzo intellettuale umano; (iii) il risultato di scelte creative; e (iv) un output che esprime le scelte di cui al punto (iii).

È dunque necessario ricorrere ad una valutazione caso per caso per determinare chi sia l’autore dell’opera e dimostrare la presenza di quel livello di originalità e di sforzo intellettuale umano richiesto per ottenere la tutela ai sensi del diritto d’autore. Questo può essere fatto anche tramite operazioni di reverse engineering che riescano a qualificare gli interventi o i contributi umani nell’uso del sistema di AI che hanno portato ad ottenere quel particolare contenuto.

Le norme in materia di tutela autorale, infatti, potranno essere applicate alle opere create dall’AI nei casi in cui tale tecnologia è impiegata come strumento per assistere un autore nel processo creativo. Quando l’apporto umano è totalmente assente, o comunque molto limitato, e il frutto di uno sforzo intellettuale deriva esclusivamente dall’AI, sembra ancora doversi escludere l’applicazione della disciplina del diritto d’autore in virtù dei consolidati principi normativi che identificano come “autore” una persona fisica avente capacità giuridica.

Benché l’idea di una qualche tutela giuridica riconosciuta anche alle opere create autonomamente dall’AI sia ancora lontana, è di buon auspicio la proposta di Regolamento in materia di intelligenza artificiale volta a promuovere l’adozione dell’AI tramite regole comuni a tutti gli Stati Membri. Con tale Regolamento, ci si pone l’obiettivo di colmare le lacune normative attualmente presenti, create dall’irrefrenabile sviluppo tecnologico, promuovendo gli investimenti e l’innovazione nell’AI, migliorando la governance e l’applicazione effettiva della normativa esistente in materia di diritti fondamentali e sicurezza e facilitando lo sviluppo di un mercato unico per le applicazioni di intelligenza artificiale.

E quindi chissà, forse tra qualche anno a Sanremo non ascolteremo solo i “soliti” cantanti …

Su di un simile argomento, può essere di interesse l’articolo “Come sfruttare il potenziale dell’intelligenza artificiale (AI) generativa gestendo le problematiche legali”.

Traccia n. 5 - “Tracce di Te”: Sampling, interpolation o plagio? La musica che cita la musica

In questo articolo analizziamo le implicazioni giuridiche dell’utilizzo delle tecniche del sampling e interpolation, utilizzate frequentemente nel mondo della musica, chiarendo quali autorizzazioni sono necessarie, a chi vanno chieste e quando, invece, si rischia di commettere un plagio.

Anche quest’anno non sono mancati super ospiti internazionali ad intrattenere la kermesse sanremese e ieri sera e, tra Colapesce Dimartino e Madame, si sono esibiti i Black Eyed Peas, gruppo vincitore di ben 6 Grammy Awards, il cui ampio e per certi versi rivoluzionario repertorio ci dà l’occasione per affrontare uno dei temi più discussi nell’industria della musica degli ultimi decenni: il cd. sampling.

Sul palco di Sanremo i Black Eyed Peas hanno, infatti, cantato la loro nuova hit Simply the Best”. Anche ai meno preparati musicalmente, la canzone avrà sicuramente ricordato una sonorità già ascoltata: il brano, infatti, è stato realizzato con le tecniche del sampling interpolation, ossia inserendo nella melodia parti di diverse canzoni, più o meno conosciute, tra cui Coraçao” di Jerry Ropero, Denis the Menace & Sabor con JaquelineGet Get Down” di Paul Johnson, e la re-registrazione di Finally” di CeCe Peniston.

I Black Eyed Peas non sono nuovi all’utilizzo di questa tecnica: in uno dei loro pezzi più celebri, The Time, uscito nel 2010, erano state riutilizzate in maniera piuttosto massiccia parti della canzone The Time of My Life, colonna sonora del film cult Dirty Dancing. All’epoca, peraltro, la canzone ricevette recensioni molto contrastanti da parte della critica, che ne lodava l’orecchiabilità ma criticava proprio l’uso del sampling.

Oggi il sampling (o “campionamento”, in italiano), ossia la tecnica che consiste nel riutilizzare una parte di registrazione in un’altra incisione, fenomeno originato nella musica hip hop, è estremamente frequente, soprattutto nei generi dance e pop, anche perché la commistione tra vecchio e nuovo permette sia di cavalcare la vibe nostalgica della Gen Z che di accontentare le generazioni più mature con un tuffo nel passato.

Ma se samplinginterpolationcover e remix vari possono far discutere i critici del mondo della musica, queste tecniche impongono anche alcune riflessioni in materia di proprietà intellettuale. Quando si campiona qualcosa, infatti, si attinge alla registrazione originale di una certa opera. Per questa ragione è di norma necessario ottenere l’autorizzazione da due diversi soggetti:

  • da un lato, il titolare dei diritti di sfruttamento dell’opera sottostante (di norma, l’editore musicale, che ha ottenuto tali diritti dall’autore): l’editore della nuova opera stipulerà un contratto di co-edizione con l’editore dell’opera preesistente, in cui verrà disciplinato non solo l’utilizzo autorizzato, ma anche le eventuali quote di partecipazione alla co-titolarità della nuova opera e la conseguente partecipazione ai proventi;
  • dall’altro, il titolare dei diritti sulla registrazione (generalmente, una casa discografica), ossia il soggetto che ha assunto “l’iniziativa e la responsabilità della prima fissazione dei suoni provenienti da una interpretazione o esecuzione o di altri suoni o di rappresentazioni di suoni“(art. 78 LDA).

Nel caso in cui, invece, si inserisca una parte di un’opera di musica esistente all’interno di una nuova opera, senza tuttavia utilizzare la registrazione originaria (cd. interpolation), di norma sarà sufficiente ottenere l’autorizzazione dell’editore, mentre non sarà necessario stipulare un apposito contratto anche con la casa discografica, non essendo stata utilizzata la registrazione originale.

A fronte dell’utilizzo sempre più frequente di queste tecniche, anche la prassi contrattuale si è adeguata. Oggi, infatti, l’editore di norma richiede all’autore di informarlo, con largo anticipo rispetto alla pubblicazione dell’opera, della presenza di uno o più sample all’interno della stessa, identificando in maniera dettagliata il sample, i nomi degli autori/compositori, così come le modalità con cui l’autore intende utilizzare o ha utilizzato il sample (note, battute, linea melodica, armonica e ritmica). Inoltre, l’editore spesso prevede che tutti gli obblighi assunti ai sensi del contratto di edizione siano subordinati all’ottenimento da parte di quest’ultimo delle necessarie autorizzazioni da parte di tutti gli aventi diritto sui pezzi campionati (o “intepolati”), se presenti.

Ma nonostante la crescente attenzione di tutti gli operatori del mercato, non mancano casi in cui i sample non vengano dichiarati o autorizzati. In questi casi ci si chiede però quale sia il limite tra il lecito e l’illecito, anche in considerazione del fatto che – come spesso viene argomentato da chi è accusato di plagio – le note, in fondo, sono sette.

Anche se nella normativa italiana non esiste una vera e propria definizione di plagio, questo corrisponde sostanzialmente all’uso non autorizzato di un’opera altrui o parte di essa. Bisogna precisare che una canzone che presenta una mera assonanza con un’altra non costituisce plagio: la comparazione deve essere fatta alla luce della melodia delle due opere messe a confronto. Un accordo, infatti, non è tutelabile, ma l’armonia, quale combinazione di accordi, invece è proteggibile, purché questa, e l’opera che la contiene, abbiano un carattere creativo, ossia originalità e novità oggettiva, tale da meritare la protezione ai sensi del diritto d’autore.

La stessa Corte di Cassazione ha confermato tale approccio: nel pronunciarsi su una controversia relativa al plagio di una famosa canzone ha stabilito la tutela di un’opera musicale viene meno qualora manchi l’originalità delle composizioni o questa presenti specifiche caratteristiche di semplicità e banalità. Peraltro, la Corte ha condiviso la posizione dei giudici di merito, che hanno stabilito che nella musica leggera, dove sicuramente il fenomeno del sampling è più comune, non può escludersi l’originalità dei brani nonostante il “riecheggiamento” degli stessi suoni e intervalli ritmici.

In ogni caso, l’accertamento del plagio è spesso condizionato dall’esistenza di composizioni antecedenti all’opera che si ritiene plagiata, che utilizzano strutture melodiche simili ai frammenti utilizzati senza autorizzazione. Ad esempio, nel 2018 il Tribunale di Milano, chiamato a decidere sul plagio della canzone “Sunshine (Take Me To The Sunshine)”, ha sancito che la coincidenza di un frammento melodico non integra, di per sé, plagio, dal momento che deve essere verificata la creatività del frammento musicale che si assume plagiato e, soprattutto, se il plagio investe le componenti melodiche, armoniche e ritmiche del brano. Il nucleo melodico (molto breve di cinque note) di cui veniva contestato l’uso non autorizzato non era tutelabile, perché banale, diffusissimo e, addirittura, già utilizzato da compositori classici, quindi privo di effettiva originalità e creatività.

Sulla legittimità del sampling è intervenuta nel 2019 la Corte di Giustizia Europea (CGUE) nel caso Pelham, in cui è stato contestato l’uso di un campionamento di due secondi di una sequenza ritmica della canzone “Metall auf Metall” del 1977 utilizzato in loop nella canzone “Nur Mir“, pubblicata circa venti anni dopo. I produttori dei fonogrammi hanno lamentato la violazione dei loro diritti connessi e, in particolare, il loro diritto di riproduzione ex art. 2, lett. c) della Direttiva 2001/29/CE.

La CGUE ha sancito che i diritti connessi del produttore di fonogrammi, preposti alla tutela degli investimenti che questi effettuano sui contenuti, devono essere equamente bilanciati con i diritti fondamentali, quali la libertà di espressione artistica protetta a livello europeo, che viene ovviamente in rilievo quando si utilizza il sampling. Il bilanciamento operato dalla CJUE ha identificato come limite a tali diritti l’uso in una creazione artistica di sample che non siano riconoscibili all’ascolto. Il divieto indiscriminato del sampling comporterebbe, infatti, una compressione della libertà di espressione artistica non necessaria alla tutela degli investimenti del produttore di fonogrammi.

Sulla base del criterio elaborato dalla CGUE, poiché il frammento per essere utilizzato legittimamente senza autorizzazione non deve essere riconoscibile, non sarebbe possibile applicare l’eccezione di citazione al sampling. La citazione, infatti, presuppone necessariamente un’interazione o un confronto intellettuale con l’opera citata. Tale obiettivo non sarebbe presente nel sampling, dove il campionamento è spesso utilizzato senza scopo critico, semplicemente come fonte di elementi musicali che vengono sfruttati per creare una sonorità.

La legittimità del sampling e dell’interpolation è divenuta ancora più rilevante con l’avvento delle nuove tecnologie, che favoriscono l’uso e la “citazione” di brani più o meno conosciuti vista la massiccia produzione e l’enorme consumo di musica possibile tramite internet. Basti pensare che uno degli ultimi brani pubblicati da Beyoncé, “Alien Superstar”, vanta oltre 20 autori, molti dei quali sono stati indicati proprio per l’uso di sample nella canzone.

In conclusione, il sampling e l’interpolation non sembrano destinati a scomparire, anzi se ne può prevedere una sempre maggiore rilevanza nella musica del futuro. Cantanti e autori di canzoni dovranno riservare un’attenzione particolare all’ottenere le dovute autorizzazioni e consensi dai titolari dei diritti delle opere campionate.

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Traccia n. 6 - “Chiamami per nome”: Citare i marchi nelle canzoni è lecito?

L’uso dei marchi nelle canzoni è lecito quando è protetto dalla libertà di espressione artistica, dal diritto di critica, parodia e satira.

In questo articolo analizziamo le implicazioni giuridiche derivanti dall’utilizzo dei marchi di terzi nei testi delle canzoni, esaminando le fattispecie in cui la legge e la giurisprudenza considerano lecito tale uso.

Nelle ultime settimane nel mondo della musica e dello spettacolo non si è parlato d’altro: il Festival di Sanremo e l’ultima canzone di Shakira dedicata alla fine del suo matrimonio con il calciatore Piquè, che in poche ore ha fatto il giro del mondo. La cantante colombiana si è infatti lanciata in una polemica poco celata nei confronti della nuova compagna del calciatore, instaurando con quest’ultima una serie di paragoni attraverso l’uso di alcuni marchi univocamente associati a prodotti di lusso da un lato e prodotti di largo consumo dall’altro (“Hai scambiato una Ferrari con una Twingo, Hai scambiato un Rolex con un Casio“).

Oltre a domandarsi per quale team schierarsi, in molti si sono dunque chiesti se l’uso di marchi di terzi nei testi delle canzoni sia lecito. Ciò a maggior ragione nel caso di Peugeot e Casio, che vengono citati in senso chiaramente dispregiativo rispetto a quelli di Ferrari e Rolex, tanto che le due società in questione hanno dovuto prendere posizione sulla vicenda.

Il tema non è sicuramente nuovo e si era già posto in occasione di molti alti brani di artisti italiani e internazionali, che tra gli ultimi vedono la celebre Rolls Royce di Achille Lauro lanciata nel 2019 proprio in occasione della kermesse sanremese. Altri esempi sono Gucci Gang di Lil Pump, Gucci bag di Sangiovanni (Gucci è il brand più citato con 41.752 menzioni nella musica internazionale), Nikes on my feet del rapper americano Mac Miller, Versace on the floor di Bruno Mars, fino a Bollicine che inizia con “Bevi la Coca-Cola che ti fa bene…” del Vasco nazionale.

E allora, si possono citare marchi famosi nei testi delle canzoni? E se sì, entro quali limiti?

Secondo quanto previsto dall’art. 20 del Codice della proprietà industriale italiano (“c.p.i.”), la regola generale è che l’uso di marchi registrati da parte di un terzo è vietato, salvo il caso in cui il titolare del marchio abbia prestato il proprio consenso. Tuttavia, ciò non significa che tutti gli usi non autorizzati del marchio altrui siano necessariamente illeciti.

Infatti, il successivo art. 21 c.p.i. prevede che i diritti di marchio d’impresa registrato non permettono al titolare di vietarne ai terzi l’uso nell’attività economica, purché l’uso sia conforme ai principi della correttezza professionale. La norma in questione elenca alcuni usi ritenuti espressamente leciti (es. uso per indicare il nome di una persona fisica o pezzi di ricambio), ma la giurisprudenza prevalente interpreta tale previsione in senso ampio per consentire qualsiasi uso dei marchi registrati da terzi per scopi non commerciali.

Un’ulteriore conferma arriva dal Considerando 27 della Direttiva 2015/2436, che prevede che “L’uso di un marchio d’impresa da parte di terzi per fini di espressione artistica dovrebbe essere considerato corretto a condizione di essere al tempo stesso conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale“.

In base a questo principio, secondo parte della giurisprudenza è consentito menzionare i marchi altrui nel testo o nel titolo delle canzoni, in quanto si tratta di un uso protetto dalla libertà di espressione o dal diritto di critica, parodia e satira dell’artista e non vi è un rischio di confusione per il pubblico.

Così, ad esempio, nel 2002 la Corte federale degli Stati Uniti ha affermato che l’uso del marchio Barbie nel famoso brano Barbie Girl degli Aqua senza l’autorizzazione della casa produttrice delle famose bambole fosse lecito perché giustificato da una prevalente finalità di critica della società americana, di cui Barbie è certamente un’icona.

In Italia, nel 2009 il Tribunale di Milano si è pronunciato a favore di Elio e le Storie Tese per l’utilizzo di una versione modificata del logo della Deutsche Grammophon sulla copertina dell’album Gattini. Secondo il Tribunale, infatti, considerata la popolarità della band e il suo noto stile ironico e parodistico, tale uso, benché di chiara natura commerciale, non poteva creare confusione tra i potenziali acquirenti, in quanto “il consumatore medio che opera nel settore in questione appare dotato di intelligenza, diligenza, avvedutezza e cultura tali da far immediatamente percepire il vero scopo dell’operazione“. Per tali ragioni, è stato ritenuto che l’uso del segno sulla copertina dell’album in chiave parodistica non pregiudicasse la posizione del titolare del marchio e non arrecasse alcun vantaggio indebito al gruppo di cantanti.

Tuttavia, va considerato che per stabilire il confine tra tutela dei diritti sul marchio e libertà di espressione o finalità di critica è sempre necessario svolgere un’analisi caso per caso e l’uso non autorizzato di marchi di terzi nei testi delle canzoni risulterà difficilmente lecito quando sia tale da provocare un danno ingiustificato all’immagine e alla reputazione del titolare. Ogni brand resta poi libero di decidere quale sia la via migliore per tutelare i propri marchi, in quanto l’eco mediatica spesso scaturita dalle canzoni può anche aprire la strada a nuove sponsorship e collaborazioni, come nel caso del calciatore Piquè che pochi giorni dopo l’uscita del brano di Shakira si è presentato all’allenamento a bordo di una Twingo!

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Traccia n. 7 - “Insuperabile”: Dalle giacche di Amadeus alla tutela della forma con disegni e modelli

Analizziamo come tutelare la forma dei prodotti, attraverso la registrazione di disegni e modelli.

In questo articolo, spostiamo la nostra attenzione dalla musica alla moda, per analizzare se la forma di articoli di vestiario comuni ma dotati di elementi caratterizzanti che li differenziano dalla massa – e in particolare le giacche indossate da Amadeus nel corso del Festival della canzone – si possono tutelare attraverso la registrazione di disegni e modelli.

Audaci, ironiche e colorate, per le giacche di queste cinque serate Amadeus ha scelto il design e l’estro di Gai Mattiolo per accogliere i milioni di spettatori alle porte del Teatro dell’Ariston. Ma chi è Gai Mattiolo? Oltre alle giacche di Amadeus, lo stilista ha realizzato abiti sacerdotali per il Pontefice, abiti con fili di platino e migliaia di palle d’oro, nonché la famosissima “giacca da un milione di dollari” indossata da Naomi Campbell, adornata di smeraldi, rubini e diamanti ed entrata nel “Guinness dei primati” per il suo costo e per la sua unicità.

La creatività anticonvenzionale di Mattiolo e la sua capacità di utilizzare cristalli e pietre preziose hanno senza dubbio contribuito al successo del Festival. Ma come proteggere queste creazioni? Nel caso di specie, le giacche di Gai Mattiolo non sono registrate come disegni o modelli, ma avrebbero potuto esserlo?

A tal proposito, occorre ricordare che l’intero aspetto di un prodotto, come anche di una sua parte, quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale, dei materiali del prodotto stesso o del suo ornamento, può costituire oggetto di registrazione, nazionale o comunitaria, come disegno o modello, in presenza di alcuni requisiti. In particolare, un disegno ha carattere bidimensionale e può riguardare le linee e i colori di un prodotto o, ancora, un motivo grafico bidimensionale. Il modello, invece, ha carattere tridimensionale e può riguardare la forma di un prodotto.

Il design rappresenta uno degli strumenti di tutela legale cui poter ricorrere per rispondere all’esigenza di tutelare la forma delle proprie creazioni rispetto alla imitazione illecita, ossia un’imitazione che vada oltre la mera similitudine dettata dalle tendenze della moda. Pertanto, che si tratti di design di moda, di mobili o altro ancora, poco rileva: lo strumento dei disegni e modelli è utilizzabile per qualsiasi prodotto, al ricorrere di alcuni requisiti. E infatti, anche una giacca, dunque un capo di abbigliamento, può costituire oggetto di design, indipendentemente dall’apprezzamento estetico della stessa.

Acquisita la consapevolezza di poter tutelare la propria creazione e aver deciso di farlo, veniamo alla disamina dei requisiti necessari ai fini della registrazione. Innanzitutto, è necessario che l’aspetto del proprio prodotto (o di una sua parte) sia nuovo e sia dotato di carattere individuale.

Parliamo della novità. Un certo disegno è nuovo se nessun disegno o modello identico è stato divulgato anteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione o alla data di priorità, se rivendicata. Occorrerà chiedersi, quindi, se il proprio design presenti, o meno, dei particolari idonei a diversificarlo da design divulgati anteriormente agli occhi dell’osservatore.

Immaginando che nessun disegno o modello anteriore identico lo anticipi e che l’aspetto del proprio prodotto non si limiti a introdurre meri particolari estetico-formali non riscontrabili in prodotti anteriori, supponiamo che anche l’aspetto di questo ipotetico prodotto presenti dei dettagli che siano effettivamente idonei a diversificarlo agli occhi dell’osservatore, del c.d. utilizzatore informato.

Ciò deve restare vero anche a valle di una valutazione strettamente connessa al settore merceologico cui il prodotto (e dunque il disegno) appartiene, senza mai dimenticare il parametro della ragionevole conoscenza degli operatori di tale settore. Infine, supponiamo, altresì, che il disegno o modello non sia stato divulgato, quindi non sia stato reso accessibile al pubblico tramite registrazione o altro modo o, ancora, non sia stato esposto o messo in commercio.

Occorre poi che l’aspetto presenti anche un altro requisito, ossia il carattere individuale. La giurisprudenza europea, sul punto, ha chiarito che il carattere individuale risulta da un’impressione generale, dal punto di vista dell'utilizzatore informato, "di differenza o di assenza di «déjà vu» rispetto a qualsiasi anteriorità nell'ambito dell'insieme dei disegni o modelli già esistenti" (Tribunale I grado UE , sez. X , 10/11/2021 , n. 193). In altri termini, si tratta della capacità di distinguersi dai precedenti per le sue peculiarità, peculiarità idonee a istituire un contatto privilegiato tra il prodotto e l’utilizzatore informato, ovverosia un soggetto che abbia una conoscenza del settore tale da poter rilevare differenze non visibili a una rapida occhiata e comunque all’occhio del consumatore generico. Un disegno, quindi, è dotato di tale requisito quando è in grado di suscitare un’impressione generale diversa da quella suscitata da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato prima della data di presentazione della domanda di registrazione o, qualora si rivendichi la priorità, prima di quest’ultima. Il tutto, tenendo conto del margine di libertà con cui si è realizzato il disegno (o modello) rispetto ai margini di libertà tecnica e creativa consentiti dal prodotto in questione.

Infine, sebbene possa sembrare ovvio, il disegno o modello non dovrà essere contrario all’ordine pubblico o al buon costume.

Un altro elemento fondamentale è la durata della tutela del design registrato. Quanto dura la tutela garantita dalla registrazione di un disegno o modello nazionale o comunitario registrato? Una volta registrato, il disegno o modello, nazionale o comunitario, è protetto per cinque anni, che decorrono dalla data di deposito della domanda di registrazione. Tuttavia – per parafrasare la canzone di Rkomi menzionata nel titolo – la sabbia nella clessidra del design può continuare a scorrere ancora per un po’. La registrazione, infatti, può essere rinnovata e il termine della tutela prorogato per uno o più periodi di cinque anni, fino a un massimo di venticinque anni dalla data di deposito.

Prima che il sipario tocchi terra, ricordiamo che la forma di un prodotto potrebbe essere tutelata anche attraverso altri strumenti di tutela, quali il diritto d’autore o la registrazione come marchio di forma, "ma questa…è un’altra storia".

Su di un simile argomento, può essere di interesse l’articolo “Not Just a Label lancia una piattaforma per i diritti di proprietà intellettuale: sarà il futuro nella cessione dei diritti dei designer?”.


La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Arianna AngillettaGiordana BabiniCarolina Battistella, Carlotta Busani, Giorgia Carneri, Maria Rita Cormaci, Camila CrisciCristina Criscuoli, Tamara D’AngeliChiara D’Onofrio, Federico Maria Di Vizio, Enila EleziEmanuele Gambula, Laura Gastaldi, Vincenzo Giuffré, Filippo GrondonaNicola LandolfiGiacomo Lusardi, Noemi MauroValentina Mazza, Lara MastrangeloMaria Chiara Meneghetti, Deborah Paracchini, Tommaso Ricci, Rebecca Rossi, Massimiliano Tiberio, Alessandra Tozzi, Giulia Zappaterra

Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea e Flaminia Perna.

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