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6 settembre 20235 minuti di lettura

Brevetti e invenzioni dell'AI: la qualifica dell'AI come inventore

In un contesto in continua evoluzione come quello in cui viviamo, l’AI riveste un ruolo sempre più centrale nelle nostre vite e la sua capacità di contribuire alla realizzazione di invenzioni pare oggi indiscussa.

Tale aspetto, indubbiamente affascinante, impone alcune riflessioni giuridiche, che investono in luogo l’ordinamento brevettuale. Il presente contributo intende offrire una panoramica su alcuni dei temi più controversi in materia, tra cui la possibilità di qualificare l’AI come inventore, la titolarità dei diritti morali e patrimoniali derivanti dalle relative invenzioni, nonché le criticità e i vantaggi che potrebbero derivare dall’estensione della tutela brevettuale alle invenzioni generate autonomamente dall’AI.

 

La giurisprudenza sulla qualificazione dell’AI come inventore

In merito alla qualificazione dell’AI come inventore, si è pronunciato di recente l’Ufficio brevetti Europeo (EPO), il quale ha rigettato due domande di brevetto designanti quale inventore un sistema di AI denominato DABUS (Device for Autonomous Bootstrapping of Unified Sentience) e depositate dal creatore di quest’ultimo, Steven Thaler, nell’ambito dell’iniziativa Artificial Inventor Project, che persegue lo scopo di rivendicare i diritti di proprietà intellettuale per le invenzioni generate dall’AI in assenza di un apporto inventivo umano.

In particolare, l’EPO ha ritenuto che la designazione di DABUS quale inventore fosse contraria ad alcune disposizioni della Convenzione sul Brevetto Europeo, che a suo giudizio presupporrebbero che l’inventore sia una persona fisica. L’Ufficio ha inoltre ritenuto che il richiedente non potesse neppure essere considerato quale avente causa della macchina, giacché quest’ultima non ha personalità giuridica e non è in grado di trasferire alcun diritto.

Analoghe conclusioni sono state raggiunte da altri Uffici, segnatamente dall’Ufficio brevetti statunitense (USPTO) e dall’Ufficio brevetti inglese (UKIPO), mentre miglior sorte hanno incontrato le domande di brevetto “DABUS” presentate in Sudafrica e Australia, ove la possibilità di riconoscere l’AI come inventore è divenuta realtà.

 

La titolarità dei diritti morali e patrimoniali sull’invenzione generata da AI

È chiaro, dunque, che ad oggi non vi sono decisioni unanimi in materia, e gli aspetti che appaionoparticolarmente dibattuti sono molteplici, a partire dalla titolarità dei diritti morali e patrimoniali sull’invenzionegenerata dall’AI.

Quanto ai diritti morali, considerato che spettano a colui che ha conseguito l’invenzione, dovrebbero essere di titolarità ipso iure della macchina. Tuttavia, appare tutt’altro che ovvio che un sistema di AI possa rivendicare diritti morali in assenza di personalità giuridica. Al contempo, vi sarebbe da determinare a chi spettano i diritti patrimoniali nascenti dal brevetto e, a tal fine, tra i candidati si potrebbero annoverare il proprietario della macchina, il suo utilizzatore, la persona che l’ha programmata o, ancora, chi ne ha sviluppato l’algoritmo.

 

Le ricadute dell’estensione della tutela brevettuale alle invenzioni generate da AI

Numerose, inoltre, sarebbero le ricadute dell’estensione della tutela brevettuale alle invenzioni generate dall’AI.

Anzitutto, potrebbe rivelarsi più difficoltoso soddisfare i requisiti di brevettabilità previsti dalla legge, in particolare quelli di novità e altezza inventiva. Circa il primo requisito, il legislatore definisce come “nuova” un’invenzione che non è già ricompresa nello stato della tecnica preesistente al momento del deposito della domanda. Tuttavia, nel caso di creazioni dell’AI, in forza dell’incremento del numero di informazioni accessibili e, dunque, dell’allargamento del perimetro dello stato della tecnica, diventerebbe più arduo valutare il carattere di novità di un’invenzione. Al contempo, però, si potrebbe obiettare che il semplice accesso ad un numero sempre crescente di informazioni non implica automaticamente una maggiore ampiezza dello stato della tecnica, dal momento che è altresì necessario che il destinatario sia in grado di recepire tale conoscenza divulgata.

Per quanto concerne il requisito dell’altezza inventiva, in virtù del quale un’invenzione non deve risultare in modo evidente dallo stato della tecnica per l’esperto del ramo, in considerazione della maggiore ampiezza delle informazioni accessibili al momento del deposito della domanda, potrebbe essere necessario ripensare al parametro dell’esperto del ramo nel caso di invenzioni generate dall’AI, commisurandolo alle abilità di quest’ultima.

Ad altrettante sfide andrebbe inoltre incontro la valutazione della c.d. sufficiente descrizione. Il sistema brevettuale si fonda infatti su una sorta di patto tra l’inventore e la collettività: la facoltà di escludere i concorrenti deve essere bilanciata dal beneficio che i consociati traggono dalla condivisione chiara e completa delle caratteristiche dell’invenzione, così da arricchire il patrimonio scientifico comune e, una volta venuto meno il monopolio brevettuale, consentire lo sfruttamento dell’invenzione. Tuttavia, le creazioni dell’AI potrebbero rappresentare l’epilogo di un iter inventivo non necessariamente intelligibile  umano, con la conseguenza che la loro descrizionesufficientemente chiara e completa potrebbe rivelarsiopera non particolarmente agevole.

I rischi legati al mancato riconoscimento della brevettabilità delle creazioni di AI D’altro canto, non riconoscere la brevettabilità delle creazioni generate dall’AI potrebbe avere delle controindicazioni. Ad esempio, vi potrebbe essere il rischio che l’invenzione sia comunque generata dall’AI, ma che ciò non venga dichiarato e che persone estranee all’invenzione se ne assumano il merito.

Inoltre, negare tutela brevettuale alle invenzioni create dall’AI potrebbe comportare un maggiore ricorso alla tutela apprestata dalle norme in materia di segreti commerciali e, dunque, una minore condivisione del patrimonio conoscitivo con l’intera collettività.

In conclusione, v’è senz’altro da domandarsi se l’apparato normativo brevettuale sia attualmente equipaggiato in maniera adeguata a rispondere ai numerosi interrogativi che tale tematica pone. L’auspicio è che gli importanti risvolti che l’evoluzione tecnologica porta con sé vengano presi in considerazione, anche nel contesto di un dibattito politico, affinché possano trovare una adeguata risposta normativa.