
21 ottobre 2025
L’UPC è una “common court” tra gli Stati membri ed è conforme al diritto dell’Unione
La decisione della Corte d'AppelloCon decisione del 6 ottobre, la Corte d'Appello si è pronunciata sul ricorso proposto da un colosso nel settore dello streaming contro i provvedimenti resi dalla Divisione Locale di Monaco nel marzo dello scorso anno, con i quali erano state rigettate le preliminary objections proposte dalla stessa società.
La vicenda trae origine da tre azioni per contraffazione promosse in primo grado da due titolari di brevetti operanti nel settore audiovisivo. Costituitasi in giudizio, la società convenuta aveva sollevato diverse eccezioni preliminari ai sensi della Rule 19.1 RoP, contestando, tra l’altro la competenza territoriale della Divisione di Monaco, la compatibilità tra UPCA e diritto dell’Unione europea e la violazione del diritto ad essere giudicati da un giudice precostituito per legge. Il Tribunale di primo grado aveva dichiarato ammissibile, seppur infondata, la sola eccezione relativa alla competenza, ritenendo che le ipotesi previste dalla Rule 19.1 avessero natura tassativa e precludessero quindi l’esame di preliminary objections non espressamente previste. Innanzi ai giudici di seconde cure, l’appellante ha impugnato i provvedimenti emessi sul punto in primo grado, domandando la loro revoca o, in subordine, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia affinché quest’ultima si pronunciasse sul ruolo dell’UPC nel quadro del diritto dell’Unione europea.
In particolare, il primo motivo d’appello riguarda l'incompatibilità tra UPCA (artt. 31 e 32) e diritto dell’Unione europea (artt. 19 TUE e 267 TFUE), tema che è stato ritenuto dalla Corte d’Appello presupposto imprescindibile per l’esercizio delle funzioni dell’UPC, al punto da ammettere l’esame nel merito della relativa preliminary objection. Secondo l’appellante, la competenza internazionale dell’UPC – che trova fondamento negli articoli 31 UPCA, 71 bis e ter del Regolamento Bruxelles I bis – solleva dubbi di legittimità nell’ambito del diritto dell’Unione europea.
L'art. 71 bis, infatti, definisce l’UPC come “common court” tra gli Stati membri e, in quanto tale, il Tribunale Unificato è equiparato, ai sensi del Regolamento, a un organo giurisdizionale nazionale. Tale qualifica si rivela fondamentale, in quanto consente di mantenere l’equilibrio previsto dagli artt. 19 TUE e 267 TFUE tra Corte di Giustizia – custode dei Trattati – e, per l’appunto, organi giurisdizionali nazionali, i quali possono adirla con rinvio pregiudiziale.
Tuttavia, secondo l’appellante, assimilare l'UPC a un tribunale nazionale sarebbe una mera formalità e non permetterebbe di superare i limiti imposti dal diritto dell’Unione europea. Dunque, l’UPC, istituito con trattato internazionale – ossia l'UPCA – non sarebbe organo di uno Stato membro e minerebbe pertanto il quadro istituzionale volto a garantire l’uniforme applicazione del diritto unionale.
Facendo eco alla giurisprudenza della CGUE, la Corte d’Appello ha tuttavia ribadito che l’UPC è a tutti gli effetti una “common court” a più Stati membri ai sensi dell’art. 71 bis del Regolamento Bruxelles I bis. In quanto tale, il Tribunale Unificato è pertanto legittimato a proporre rinvii pregiudiziali laddove mantenga un collegamento effettivo con gli ordinamenti nazionali e garantisca la cooperazione con la Corte di Giustizia. Ritenendo tali condizioni pienamente soddisfatte nel caso di specie, il Collegio ha escluso la necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia nei termini proposti dall’appellante.
Il secondo motivo d’appello si appunta, invece, sulla violazione del diritto ad essere giudicati da un giudice precostituito per legge, già oggetto – come si è visto – di una preliminary objection innanzi alla Divisione di Monaco. La Corte d’Appello, confermando l'interpretazione dei giudici di primo grado, ha dichiarato l’eccezione inammissibile e comunque infondata. Infatti, secondo l’appellante, la censura si baserebbe, da un lato, sull’incompetenza dell’UPC ai sensi del diritto dell’Unione, dall’altro lato, sulla sostituzione della Divisione Centrale di Londra (prevista in origine dall’UPCA) con quella di Milano. Il Tribunale di secondo grado, ribadita la competenza e la legittimità dell’UPC ai sensi del diritto unionale in virtù delle ragioni già esposte, ha altresì escluso che potesse sussistere la pretesa violazione degli articoli 47 della Carta dei Diritti fondamentali e dell’art. 6 CEDU, precisando che il diritto a un giudice precostituito per legge riguarda l’indipendenza e l’imparzialità del magistrato, non la sua provenienza geografica.
Con questa pronuncia, la Corte d’Appello contribuisce a chiarire la natura dell’UPC come common court pienamente inserita nell’ordinamento giuridico dell’Unione e compatibile con i principi sanciti dai Trattati e rafforza la stabilità del sistema giurisdizionale europeo in materia di brevetti.



