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19 dicembre 2025

UPC: la Corte d'Appello si pronuncia sul risarcimento del danno reputazionale

Lo scorso 9 dicembre, la Corte d’Appello ha reso una decisione in materia di risarcimento del danno, soffermandosi in particolare sulla risarcibilità di danni non patrimoniali.

La controversia trae origine da un’azione di contraffazione promossa innanzi alla Divisione Locale di Milano da un'azienda attiva nel settore tessile, titolare di un brevetto relativo a un macchinario per la testurizzazione e l'avvolgimento, nei confronti di una concorrente attiva nel medesimo settore. L'attrice aveva agito chiedendo, tra l'altro, che il risarcimento dei danni tenesse conto del pregiudizio reputazionale, asseritamente sofferto in conseguenza tanto dell’esposizione del prodotto contestato in occasione di una fiera di rilevanza mondiale, quanto della pubblicazione di alcune dichiarazioni della società convenuta che enfatizzavano il successo commerciale ottenuto grazie all'evento.

I giudici di prime cure, accertata la violazione, hanno ritenuto sussistente il danno reputazionale lamentato dalla titolare del brevetto e condannato la convenuta al pagamento di € 15.000 a titolo di risarcimento provvisorio ai sensi della Rule 119 RoP (c.d. interim award of damages). In particolare, nella decisione di primo grado, il Tribunale ha dato rilevanza al fatto che si fosse trattato di una delle fiere di settore più importanti al mondo, che aveva visto la partecipazione di oltre centomila visitatori, ritenendo dunque giocoforza sussistente un danno reputazionale derivante dall'esposizione di beni interferenti con i diritti di privativa dell'attrice.

Impugnata la decisione, l'appellante ha contestato la sussistenza di un pregiudizio morale in capo all'attrice, ed evidenziato in ogni caso che la risarcibilità di quest'ultimo avrebbe dovuto essere esclusa giacché la condotta non sarebbe stata posta in essere con la consapevolezza della sua illiceità. Ciò, in applicazione dell'art. 68, comma 4, UPCA, che prevede, quando il contraffattore abbia agito inconsapevolmente, la sola restituzione dei profitti o il pagamento di un indennizzo.

La Corte d'Appello ha tuttavia escluso in radice l'applicabilità di quest'ultima disposizione, atteso che, essendo l'appellante una società attiva nel settore, ci si poteva ragionevolmente aspettare che si accertasse dell'insussistenza di eventuali brevetti che potessero precludere l'offerta del proprio prodotto sul mercato. Corretto, dunque, il ricorso ai generali criteri di cui ai primi tre paragrafi dell'art. 68 UPCA, norma che impone espressamente di tenere conto anche del pregiudizio morale subito dal titolare del diritto.

Allo stesso tempo, analizzati gli elementi probatori invocati dall'appellata a sostegno del danno sofferto, la Corte li ha però ritenuti eccessivamente generici e inidonei a fondare una condanna, limitandosi a dimostrare la partecipazione dell'appellante alla fiera e a spiegare il funzionamento del macchinario contestato.

La Corte d’Appello ha dunque riformato la decisione di primo grado nella misura in cui aveva condannato la convenuta al pagamento di un importo a titolo di risarcimento provvisorio del danno reputazionale.