|

Aggiungi un segnalibro per cominciare

Building_P_0021
28 aprile 202513 minuti di lettura

Antitrust Bites – Newsletter

Aprile 2025
Le conclusioni dell’AG Medina sulla decorrenza del termine di prescrizione nelle azioni follow-on

Lo scorso 3 aprile, l'Avvocato Generale Medina ha reso le proprie conclusioni in una causa avente ad oggetto un rinvio pregiudiziale in merito all'interpretazione dell’articolo 101 TFUE con particolare riferimento al dies a quo del termine di prescrizione delle azioni per il risarcimento del danno da violazione del diritto della concorrenza dell’Unione accertata da una decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza (c.d. azioni follow-on).

La causa trae origine da una domanda di risarcimento promossa dinanzi ai giudici spagnoli, fondata su una decisione dell’autorità nazionale garante della concorrenza che aveva accertato un’intesa restrittiva nel settore automobilistico, antecedente all’entrata in vigore della Direttiva 2014/104/UE (c.d. Direttiva Danni). Poiché la normativa unionale non risultava applicabile ratione temporis, il giudice del rinvio spagnolo ha formulato una domanda pregiudiziale volta a comprendere, in sostanza, se il termine di prescrizione per intentare azioni di risarcimento del danno per violazioni del diritto della concorrenza decorra dalla pubblicazione della decisione integrale dell’autorità nazionale della concorrenza o dal momento in cui tale decisione sia divenuta definitiva, eventualmente a seguito della sua conferma da parte dei giudici nazionali competenti.

L'AG distingue la fattispecie in esame da quella oggetto della sentenza Heureka (C-605/21), nella quale la Corte di Giustizia ha affermato che il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla pubblicazione della decisione della Commissione Europea nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, indipendentemente da un’eventuale impugnazione. Nella presente causa, invece, viene in rilievo una decisione adottata da un’autorità nazionale in un contesto non armonizzato dalla Direttiva Danni. 

Richiamando i principi di certezza del diritto e di effettività ex art. 19(1) del Trattato sull'Unione Europea, l'AG ribadisce che i rimedi nazionali devono non solo garantire la possibilità concreta di esercitare i diritti conferiti dal diritto comunitario, ma anche essere "accessibili, rapidi e avere costi contenuti".

In tale prospettiva, l'AG osserva come le decisioni delle autorità nazionali garanti della concorrenza siano frequentemente oggetto di ricorso giurisdizionale e possano essere annullate o modificate, e che – a differenza delle decisioni della Commissione – esse non dispongano di un effetto vincolante nei giudizi civili nazionali. Pertanto, secondo l'AG, il soggetto danneggiato non sarebbe in possesso di un quadro sufficientemente completo e attendibile per esercitare l’azione risarcitoria fino a quando la decisione dell’autorità nazionale non sia divenuta definitiva.

Per tali ragioni, l’AG Medina suggerisce alla Corte di Giustizia di rispondere che, nei casi in cui non si applichi la Direttiva Danni e l'accertamento della violazione derivi da una decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza, il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del danno debba iniziare a decorrere dal momento in cui la decisione diviene definitiva, in conformità con l’articolo 101 TFUE e con il principio di effettività.

 

La CEDU si pronuncia sulle ispezioni antitrust

Con la sentenza BRD – Groupe Société Générale S.A. c. Romania, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si è pronunciata sulla conformità delle ispezioni svolte dalle autorità antitrust in assenza di preventiva autorizzazione dell'autorità giudiziaria con le disposizioni della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e in particolare con l'art. 8 della Convenzione che tutela il diritto all'inviolabilità del domicilio. La norma prevede che le ingerenze dell'autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto siano consentite solamente quando necessarie per il perseguimento di interessi superiori, tra cui il benessere economico del Paese.

La Corte EDU, riprendendo un principio consolidato nella propria giurisprudenza, osserva che la mancanza di una preventiva autorizzazione giudiziaria all’ispezione può essere controbilanciata dalla possibilità per le parti coinvolte nell'ispezione di accedere a un controllo giurisdizionale effettivo ex post. Tale controllo, affinché i principi previsti dall'art. 8 della Convenzione siano rispettati, deve essere concreto, accessibile immediatamente dopo l’ispezione – e dunque non subordinato alla conclusione del relativo procedimento dell'autorità antitrust – e deve permettere una verifica puntuale sull'esercizio da parte dell'autorità del potere "di decidere sulla necessità, la durata e l'entità dell'ispezione" (§ 104).

La Corte – ponendosi nel solco tracciato anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'UE – afferma che non è necessaria la previsione di un rimedio ad hoc al fine di garantire l'effettività del controllo giurisdizionale e che, al contrario, è sufficiente la possibilità di ricorrere ai generali strumenti di tutela previsti dall'ordinamento nazionale, purché adeguati ed efficaci.

Oltre alla previsione di un adeguato controllo giurisdizionale successivo, risultano di particolare interesse gli ulteriori elementi concreti presi in considerazione dalla Corte nel valutare il bilanciamento tra gli interessi sottesi all’ispezione antitrust condotta in assenza di preventiva autorizzazione giudiziale e i diritti tutelati dalla Convenzione. Nel caso in esame la Corte EDU ha in particolare preso in considerazione i seguenti elementi ai fini di tale bilanciamento:

  • il fatto che l'ordine ispettivo, pur non contenendo indicazioni precise circa lo scopo e l'estensione dell'ispezione, fosse stato adottato dall'organo apicale dell'autorità di concorrenza che ha svolto l'ispezione oggetto del caso deciso dalla Corte;
  • l'esiguità del numero di documenti acquisiti dall'autorità;
  • la circostanza secondo cui le operazioni ispettive fossero state avviate solo dopo l’arrivo dei legali rappresentanti dell’impresa, i quali erano stati informati oralmente dello scopo e dell'estensione dell'ispezione;
  • il fatto che fosse stato redatto un rapporto dettagliato dell’ispezione, nonché una lista dei documenti acquisiti;
  • la previsione della facoltà per l'impresa di verificare la pertinenza dei documenti acquisiti e di opporsi all'acquisizione in caso di mancanza di pertinenza, nonché di richiedere la riservatezza dei documenti acquisiti contenenti informazioni confidenziali.

 

Accordi pay-for-delay nel settore farmaceutico: l’Avvocato Generale Rantos conferma l’approccio della Commissione e del Tribunale UE

Il 27 marzo 2025, l’Avvocato Generale Rantos ha presentato le proprie conclusioni nella causa avente ad oggetto l’impugnazione proposta alla Corte di Giustizia UE da Teva Pharmaceutical Industries Ltd e Cephalon Inc. avverso la sentenza del Tribunale dell’UE che, nell’ottobre 2023, aveva confermato la decisione della Commissione europea di accertamento di una violazione dell’art. 101 TFUE riguardante un accordo transattivo concluso dalle parti.

La vicenda trae origine da una controversia in materia brevettuale sorta nel 2005 tra Cephalon, titolare di brevetti sul principio attivo modafinil, e Teva, produttrice del corrispondente farmaco generico. Le parti avevano definito la controversia mediante un accordo transattivo che prevedeva la rinuncia da parte di Teva a commercializzare il farmaco generico fino al 2012, in cambio di trasferimenti monetari da parte di Cephalon e della conclusione di alcuni accordi commerciali.

Secondo la Commissione, l’intesa configurava una restrizione della concorrenza “per oggetto” in quanto diretta a ritardare l’ingresso sul mercato del concorrente e a prolungare il monopolio di Cephalon sul modafinil. Il Tribunale dell’UE, nel confermare l’approccio della Commissione, aveva evidenziato come le reciproche concessioni trovassero infatti come unica giustificazione “[l’]interesse commerciale sia del titolare del brevetto in questione sia del presunto contraffattore a non farsi concorrenza in base ai meriti” (sul punto si veda Antitrust Bites - Novembre 2023).

La vicenda si colloca quindi sulla scia delle cause definite con le sentenze Generics (UK) e a., Lundbeck e Servier in materia di qualificazione come restrizioni della concorrenza “per oggetto” ai sensi dell’art. 101 TFUE degli accordi di transazione stragiudiziale di controversie in materia di brevetti.

Nelle proprie conclusioni, l’AG Rantos ha proposto alla Corte di Giustizia di respingere l’impugnazione, ritenendo che il Tribunale avesse correttamente applicato i criteri sviluppati dalla giurisprudenza in materia di pay-for-delay (in particolare, nella sentenza Generics UK) che prevedono che un accordo di transazione stragiudiziale possa qualificarsi come restrizione della concorrenza “per oggetto” in presenza di due elementi:

  1. il trasferimento di valore previsto dall'accordo di transazione stragiudiziale trova unicamente spiegazione nell’interesse delle parti a non farsi concorrenza;
  2. l'accordo non è idoneo a generare effetti favorevoli per la concorrenza tali da far dubitare del suo carattere sufficientemente dannoso.

Con riferimento al test adoperato dal Tribunale, l'AG ha chiarito che quando si effettua un'analisi complessiva della transazione come restrizione “per oggetto” al fine di verificare se gli accordi commerciali inclusi nella transazione possano avere spiegazioni diverse dall’interesse delle parti a non farsi concorrenza, tale analisi – pur prendendo in considerazione il contesto dell'accordo – non costituisce un'analisi della restrizione della concorrenza “per effetto”. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle parti, per qualificare un accordo come restrizione della concorrenza “per oggetto”, è corretta una valutazione globale dello stesso che ne prenda in considerazione il grado di dannosità economica sul buon funzionamento della concorrenza nel mercato interessato.

Inoltre, l'AG ha precisato ulteriormente i criteri per accertare che un accordo di transazione stragiudiziale costituisce una restrizione della concorrenza per oggetto, poiché induce il produttore del generico a non fare concorrenza al produttore del farmaco originario. Tale circostanza si verifica quando:

  1. gli importi corrisposti per la fornitura di beni o servizi al produttore di farmaci originari si rivelano ingiustificati o eccessivi; oppure
  2. i trasferimenti di valore non corrispondono a un risarcimento dei costi associati alla controversia tra le parti;
  3. gli obblighi di non concorrenza previsti in un accordo di transazione stragiudiziale vanno oltre il mercato o l'ambito di applicazione del brevetto inizialmente contestato.

 

La prima decisione della CMA relativa a pratiche anticoncorrenziali nei mercati del lavoro

Con decisione del 21 marzo 2025, la Competition and Markets Authority (CMA) ha accertato per la prima volta una pratica anticoncorrenziale nei mercati del lavoro.

La CMA ha in particolare accertato che alcune delle principali società di produzione e trasmissione di contenuti sportivi nel Regno Unito hanno realizzato restrizioni della concorrenza per oggetto avendo scambiato informazioni commercialmente sensibili sulle retribuzioni dei lavoratori freelancer che forniscono i propri servizi nei settori della produzione e trasmissione di contenuti sportivi (quali, per esempio, assistenti di produzione, tecnici del suono, truccatori, ecc.).

Secondo quanto accertato dalla CMA, gli scambi di informazioni, avvenuti tra marzo 2014 e ottobre 2021, avrebbero integrato ben 15 distinte pratiche concordate aventi per oggetto la restrizione della concorrenza nel Regno Unito e, segnatamente, nel mercato dell'acquisto di servizi forniti da lavoratori freelancer in relazione alla produzione e alla trasmissione di contenuti sportivi.

Il procedimento si è concluso con l'irrogazione di sanzioni nei confronti di quattro tra le cinque società coinvolte nell'istruttoria, mentre un'impresa (che aveva segnalato alla CMA la sua partecipazione alla condotta illecita ai sensi del programma di clemenza dell'autorità britannica) ha beneficiato dell'immunità dalle sanzioni.

Nel comunicato stampa relativo alla decisione in commento, la CMA ha altresì informato che prossimamente concluderà una ulteriore istruttoria riguardante presunte condotte anticoncorrenziali relative al lavoro freelance e dipendente nell'ambito della produzione, creazione e/o trasmissione di contenuti televisivi – diversi da quelli sportivi – nel Regno Unito. La CMA ha inoltre informato che pubblicherà degli orientamenti per i datori di lavoro rispetto a come evitare comportamenti anticoncorrenziali nei mercati del lavoro.

La decisione in commento (e i prossimi interventi previsti dalla CMA) riflettono il ruolo sempre più centrale che sta assumendo il contrasto ad accordi tra imprese nei mercati del lavoro, sia per le autorità garanti della concorrenza UE che extra-UE.

 

Il Bundeskartellamt accetta gli impegni proposti da Google e chiude i procedimenti avviati per abuso di posizione dominante in relazione ai Google Automotive Services e alla piattaforma Google Maps

Con due decisioni del 9 aprile 2025, il Bundeskartellamt  ha chiuso con l'accettazione degli impegni, senza accertare alcuna infrazione, due procedimenti avviati nei confronti di Google per potenziale abuso di posizione dominante nel mercato delle piattaforme digitali. I due distinti procedimenti riguardavano i Google Automotive Services (GAS) e la piattaforma Google Maps.

Nell'ambito del procedimento riguardante i GAS, le condotte contestate a Google consistevano:

  • nell'offerta ai produttori di autoveicoli dei propri servizi esclusivamente attraverso un pacchetto unico comprendente i servizi di infotainment noti come “Google Automotive Services” (i.e., Google Maps, Google Play e Google Assistant);
  • nella concessione ad alcuni produttori di autoveicoli di una quota dei ricavi pubblicitari, a condizione che si astenessero dal preinstallare assistenti vocali diversi da Google Assistant;
  • nella limitazione o nel rifiuto di garantire l'interoperabilità dei Google Automotive Services con servizi di terze parti.

Alla luce di tali contestazioni, Google ha offerto impegni che prevedono, tra l'altro, che:

  • Google permetterà di acquistare singolarmente (e non solo sotto forma di un unico pacchetto) i servizi di infotainment inclusi nei GAS;
  • Google non concederà vantaggi economici (come sconti o partecipazione ai ricavi pubblicitari) condizionati a che nei sistemi di infotainment non vengano preinstallati servizi terzi con funzioni equivalenti a quelle dei componenti software GAS;
  • Google creerà le condizioni e fornirà le specifiche tecniche per consentire ai componenti software GAS di interoperare con gli assistenti vocali, i servizi cartografici e gli app store di terze parti nei sistemi di infotainment in modo equivalente a come i componenti software GAS interoperano tra loro, garantendo così la piena interoperabilità con i servizi dei produttori di auto.

I suddetti impegni riguarderanno i sistemi di infotainment dei veicoli per il trasporto di passeggeri che sono o saranno immatricolati in Germania. Tuttavia, il Bundeskartellamt ha evidenziato che, poiché i requisiti per l'immatricolazione sono standardizzati a livello UE, la misura avrà effetti sull'intero mercato europeo.

Nell'ambito del secondo procedimento relativo alla piattaforma Google Maps, invece, le condotte contestate riguardavano il rifiuto e la limitazione dell'uso combinato dei servizi cartografici della piattaforma Google Maps con servizi offerti da terze parti.

Con gli impegni proposti Google si è obbligata a rimuovere le disposizioni contrattuali che limitano o impediscono l'interoperabilità tra la piattaforma Google Maps e i servizi di terze parti, favorendo l'uso combinato dei servizi di mappe di Google e dei servizi di mappe di altri fornitori. Tali restrizioni contrattuali saranno rimosse nei confronti di tutti i titolari di licenza dotati di un indirizzo di fatturazione nello Spazio Economico Europeo.

L'Autorità antitrust tedesca ha ritenuto che gli impegni anzidetti fossero idonei a rimuovere le preoccupazioni concorrenziali ipotizzate. Pertanto, ha approvato e reso obbligatori tali impegni, chiudendo i relativi procedimenti senza accertamento di alcuna infrazione.

Le decisioni in commento sono intervenute a distanza di poco più di un mese dalla decisione con cui la Corte di Giustizia UE si è pronunciata in via pregiudiziale in materia di abuso di posizione dominante nel caso di rifiuto di interoperabilità di piattaforme digitali (si veda  Antitrust Bites di marzo 2025). Il rinvio pregiudiziale era stato proposto proprio nell'ambito dell'impugnazione davanti al giudice amministrativo di un provvedimento con cui l'AGCM aveva sanzionato Google per aver abusato della propria posizione dominante non garantendo l'interoperabilità con Android Auto di un'applicazione per la ricarica di veicoli elettrici sviluppata da un’impresa operante nel settore della mobilità elettrica.