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31 ottobre 2025

Antitrust Bites – Newsletter

Ottobre 2025
Conclusioni dell'AG Medina sulla protezione dei dati personali nelle ispezioni antitrust

Lo scorso 23 ottobre, l'Avvocato Generale Medina ha reso le proprie conclusioni nelle cause riunite Imagens Médicas Integradas, Synlabhealth II e SIBS (C-258/23, C-259/23 e C-260/23) aventi ad oggetto alcune domande di pronunce pregiudiziali formulate dal Tribunale portoghese inerenti al sequestro di documenti aziendali trasmessi tramite posta elettronica nell'ambito di indagini in materia di concorrenza.

Con i quesiti pregiudiziali il Tribunale portoghese chiedeva alla Corte di giustizia dell'UE se gli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE fossero compatibili con le norme nazionali che consentono il sequestro di documenti aziendali contenuti in messaggi di posta elettronica nel corso di indagini in materia di concorrenza, senza previa autorizzazione di un’autorità giudiziaria. Più in particolare, il Tribunale chiedeva alla Corte se in base al diritto europeo il sequestro di documenti aziendali trasmessi potesse essere disposto dal pubblico ministero, oppure se, essendo tali documenti qualificabili come "corrispondenza" ai sensi dell'articolo 7 della Carta, fosse necessaria l'autorizzazione del giudice istruttore. A giugno 2024, l’AG aveva reso le proprie conclusioni nelle cause in oggetto affermando che il diritto dell’UE non ostasse a sequestri di e-mail aziendali senza previa autorizzazione, purché accompagnati da adeguate garanzie contro abusi e arbitrarietà, in particolare sotto forma di un controllo giurisdizionale ex post.

Le cause sono state rinviate alla Grande Sezione della Corte di giustizia a seguito della sentenza della Corte di giustizia Bezirkshauptmannschaft Landeck nella causa C-548/21 di ottobre 2024. In tale sentenza la Corte, nell'ambito di un caso avente ad oggetto un'indagine penale, ha affermato la necessità di un controllo preventivo da parte di un giudice o di un'entità amministrativa indipendente per l’accesso ai dati personali contenuti nei telefoni cellulari. È stato, pertanto, richiesto all'AG Medina di esprimersi nuovamente sulla possibilità di trasporre tale principio anche alle indagini in materia di concorrenza.

Nelle "seconde" conclusioni, l’AG Medina ha osservato che la situazione di Bezirkshauptmannschaft Landeck non è paragonabile con quella delle cause in esame. In particolare, secondo l'AG la corrispondenza aziendale sequestrata nell'ambito di un’ispezione in materia di concorrenza non è paragonabile ai dati personali contenuti in un telefono cellulare, che sono suscettibili di fornire un’immagine molto dettagliata e approfondita di quasi tutti gli aspetti della vita privata della persona interessata, in quanto contiene perlopiù informazioni a carattere commerciale capaci di dimostrare un comportamento anticoncorrenziale. I dati personali risultanti da tale corrispondenza vengono raccolti soltanto in via sussidiaria e non possono fornire informazioni (allo stesso livello dei telefoni cellulari) in merito alle attività private esercitate dal titolare di tali dati.

Con riferimento alla protezione dei dati personali, l’AG ha affermato che tale ingerenza può considerarsi conforme al principio di proporzionalità, purché siano garantite adeguate garanzie procedurali circa l'accesso e la raccolta dei dati personali e un controllo giurisdizionale ex post tanto nel corso quanto all'esito della procedura d'indagine. A tali garanzie si aggiungono gli obblighi che le autorità devono rispettare conformemente al regolamento generale sulla protezione dei dati.

Infine, l'AG ha precisato che il diritto dell’Unione lascia comunque agli Stati membri la possibilità di prevedere un meccanismo di autorizzazione preventiva rilasciata da un’autorità giudiziaria, compreso il Pubblico Ministero, per le ispezioni condotte dalle autorità nazionali della concorrenza.

 

Il TAR conferma abuso escludente nel settore dei sistemi di sigillatura

Con sentenza del 30 settembre 2025, il TAR Lazio ha rigettato il ricorso presentato da Roxtec, confermando il provvedimento con cui l'AGCM aveva sanzionato la società per un abuso di posizione dominante sul mercato europeo dei sistemi di sigillatura modulari.

Anzitutto, il TAR ha rigettato le censure presentate dalla ricorrente in merito alla definizione del mercato rilevante, condividendo la ricostruzione effettuata dall'AGCM. In particolare, il TAR ha ritenuto legittima la segmentazione del più ampio mercato dei sistemi di sigillatura in funzione della tecnologia utilizzata (rimarcando anche l'assenza di sostituibilità dei sistemi di sigillatura modulari con sistemi non modulari, schiume o composti), e ha condiviso la ricostruzione dell'Autorità circa la dimensione europea del mercato, valorizzando l'uniformità delle condizioni di concorrenza e normative esistenti, nonché la circostanza che le esigenze dei clienti in termini di forniture e assistenza tempestive potessero essere garantite solo dalle imprese presenti in Europa.

Su tale mercato Roxtec deteneva una posizione dominante derivante dalla propria tecnologia di sigillatura brevettata, un modulo passacavo sfogliabile.

Secondo la ricostruzione dell'AGCM, Roxtec, una volta scaduto il brevetto sulla propria tecnologia, aveva posto in essere un'unica e complessa strategia escludente, che includeva richieste strumentali di registrazione dei marchi, nonché l'avvio di azioni giudiziarie e la diffusione di informazioni denigratorie a danno del principale concorrente, Wallmax.

In primo luogo, il TAR ha confermato che le richieste di registrazione di marchi depositate da Roxtec avevano natura meramente strumentale all'esclusione della concorrente. Tale strumentalità è stata ritenuta dimostrata sulla base:

  • del tenore di alcune e-mail interne alla società acquisite dall'Autorità, dalle quali emergeva l'intento escludente delle richieste di registrazione a prescindere da una specifica volontà di tutelare il segno distintivo;
  • dell'inserimento all'interno delle richieste del colore nero, una colorazione tecnicamente necessitata in ragione delle componenti utilizzate, pertanto idonea a dimostrare la volontà di impedire la riproduzione della soluzione tecnica già protetta dal brevetto scaduto;
  • delle tempistiche di presentazione delle richieste, indicative dell'utilizzo strumentale del diritto di privativa, poiché la loro presentazione è avvenuta solamente nel momento in cui Wallmax, scaduto il brevetto di Roxtec, era divenuto un concorrente effettivo.

In secondo luogo, il TAR ha confermato che il contenzioso seriale avviato da Roxtec volto all'asserita tutela dei segni distintivi aveva avuto natura abusiva. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che la finalità di esclusione del concorrente fosse desumibile:

  • dal contenuto degli accordi transattivi che avevano concluso alcuni contenziosi, tra cui, ad esempio, l'impegno di un distributore a non acquistare prodotti dai concorrenti di Roxtec;
  • dalla selezione strategica delle giurisdizioni coinvolte che includevano l'India, dove Wallmax aveva i propri stabilimenti produttivi, e la Germania, caratterizzata da un orientamento giurisprudenziale favorevole alla ricorrente. Sul punto, nel rigettare le eccezioni dalla ricorrente, il TAR ha chiarito che l'instaurazione di giudizi al di fuori dell'Unione europea non varrebbe ad escludere la competenza dell'AGCM, in presenza di una condotta idonea ad incidere all'interno del mercato europeo e, in particolare, sull’attività imprenditoriale di un’azienda avente sede e operante in Italia.

In terzo luogo, il TAR ha confermato la natura abusiva delle condotte di Roxtec consistenti nella diffusione di informazioni volte a compromettere la reputazione commerciale di Wallmax. In particolare, la società:

  • aveva predisposto un set informativo per i propri potenziali clienti che includeva anche informazioni su Wallmax tra cui, ad esempio, l'indicazione dei soli contenziosi in cui il concorrente era risultato soccombente;
  • aveva commissionato ad una società di consulenza terza un report le cui conclusioni avrebbero dovuto dimostrare la minore qualità del prodotto concorrente.

Pertanto, il TAR ha ritenuto che l'AGCM avesse provato la sussistenza di una strategia abusiva di natura escludente posta in essere da Roxtec, poiché ciascuna delle condotte adottate farebbe parte di un disegno complessivo idoneo ad escludere dal mercato la concorrente Wallmax.

 

La Commissione sanziona tre imprese attive nel settore dell'alta moda per retail price maintenance

Con comunicato stampa del 14 ottobre 2025, la Commissione europea ha reso noto di aver sanzionato tre imprese, attive nel settore dell'alta moda, per aver realizzato una serie di condotte volte a limitare la possibilità per i propri rivenditori terzi indipendenti di fissare, in modo autonomo, i prezzi al dettaglio dei loro prodotti, in violazione dell'art. 101 del TFUE.

In particolare, l'indagine condotta dalla Commissione ha rivelato che le imprese sanzionate avrebbero interferito con le strategie commerciali dei propri rivenditori imponendo loro l'obbligo di non discostarsi: (i) dai prezzi di vendita al dettaglio raccomandati; (ii) dai tassi di sconto massimi; e (iii) dai periodi specifici per i saldi. In alcuni casi, le imprese avrebbero altresì impedito ai rivenditori, almeno temporaneamente, di offrire sconti. Inoltre, una delle imprese avrebbe vietato ai propri rivenditori di vendere una specifica linea di prodotti tramite il canale online. Secondo quanto accertato dalla Commissione, le tre imprese, al fine di garantire il rispetto di tali obblighi, avrebbero monitorato i prezzi offerti dai rivenditori intervenendo in caso di deviazioni.

Si tratta di pratiche di retail price maintenance ("RPM"), ossia pratiche di imposizione dei prezzi di rivendita, tramite cui le imprese sanzionate imponevano ai propri dettaglianti di applicare gli stessi prezzi e le stesse condizioni di vendita praticati nei loro canali di vendita diretta. Questo tipo di condotta costituisce una grave violazione del diritto della concorrenza in materia di intese verticali in quanto riduce la concorrenza tra i rivenditori e, al contempo, tutela le vendite dirette delle imprese dalla concorrenza dei rivenditori stessi.

Le decisioni in commento confermano l'attenzione della Commissione verso le pratiche concordate nel settore del lusso. In particolare, in materia di restrizioni verticali, gli ultimi interventi della Commissione nel settore della moda hanno interessato, in via principale, restrizioni al commercio tra Stati membri e restrizioni concernenti le vendite online. Le decisioni in esame, invece, avendo ad oggetto condotte di RPM, inviano un chiaro segnale circa l'importanza di consentire ai rivenditori di stabilire in modo indipendente i prezzi al dettaglio dei prodotti di moda, sia per i negozi fisici che per i canali di vendite online.

 

Accordi pay-for-delay nel settore farmaceutico: la Corte di Giustizia UE conferma le sanzioni della Commissione a Teva e Cephalon

Il 23 ottobre 2025, la Corte di Giustizia dell’Unione europea si è definitivamente pronunciata nella causa C-2/24 P respingendo l’impugnazione proposta dalle società farmaceutiche Teva e Cephalon contro la sentenza del Tribunale UE che, nell’ottobre 2023, aveva confermato la decisione della Commissione europea di accertamento di una violazione dell’articolo 101 TFUE in relazione a un accordo di transazione (pay-for-delay) concluso tra le due società.

La vicenda trae origine da una controversia in materia brevettuale sorta nel 2005 tra Cephalon, titolare di brevetti sul principio farmaceutico attivo modafinil, e Teva, produttrice del corrispondente farmaco generico. Le parti avevano definito la controversia mediante un accordo transattivo che prevedeva la rinuncia da parte di Teva a commercializzare il farmaco generico fino al 2012, in cambio di trasferimenti economici da parte di Cephalon e della conclusione di alcuni accordi commerciali.

Secondo la Commissione, l’accordo costituiva un'intesa restrittiva della concorrenza per oggetto avente l’obiettivo di escludere o ritardare l’ingresso di Teva nel mercato, prolungando oltre la durata dei relativi brevetti il monopolio di Cephalon sui mercati del modafinil. Il Tribunale aveva confermato tale impostazione, rilevando come le reciproche concessioni trovassero infatti unica giustificazione “[nell’]interesse commerciale sia del titolare del brevetto in questione sia del presunto contraffattore a non farsi concorrenza in base ai meriti” (si veda al riguardo la nostra pubblicazione Antitrust Bites – Aprile 2025).

Richiamando la giurisprudenza della Corte sul punto (i.e., i precedenti Generics (UK), Lundbeck e Servier) e le conclusioni rese nell'aprile di quest'anno dall'Avvocato Generale Rantos, la Corte ha confermato l'impostazione della Commissione e del Tribunale, ribadendo che gli accordi transattivi tra produttori di farmaci originari e produttori di farmaci generici possono costituire una restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101 TFUE qualora i trasferimenti di valore previsti non trovino altra spiegazione plausibile se non quella di indurre il produttore di farmaci generici a non entrare nel mercato o a non contestare il brevetto.

In particolare, ad opinione della Corte di Giustizia UE, affinché un accordo di transazione stragiudiziale che comporta trasferimenti economici dal produttore di farmaci originari al produttore di farmaci generici non costituisca una restrizione della concorrenza per oggetto, è necessario verificare:

  • in prima battuta, se i trasferimenti economici siano oggettivamente giustificati dalla necessità di compensare i costi connessi alla composizione della controversia stragiudiziale tra le parti o dalla necessità di remunerare l’effettiva e comprovata fornitura di beni o servizi da parte del produttore di medicinali generici al produttore originario;
  • qualora tale giustificazione manchi, occorre accertare se i trasferimenti di valore possano avere altra spiegazione plausibile oltre all’interesse commerciale dei produttori a non farsi concorrenza. Ai fini di tale esame è necessario verificare se il saldo netto positivo dei trasferimenti economici sia sufficientemente rilevante per indurre effettivamente il produttore di medicinali generici a rinunciare ad entrare nel mercato rilevante, senza che sia richiesto che tale saldo positivo netto sia necessariamente superiore agli utili che avrebbe realizzato se fosse risultato vittorioso nel procedimento in materia di brevetti.

La qualificazione di un accordo transattivo stragiudiziale come restrittivo della concorrenza per oggetto può quindi essere accolta soltanto qualora le restrizioni della concorrenza derivanti dalle clausole di non concorrenza e di non contestazione previste dall’accordo siano fondate non su un riconoscimento della validità dei brevetti del produttore di farmaci originari, bensì su un trasferimento economico da quest’ultimo a favore del produttore di medicinali generici che costituisca un incentivo, per quest’ultimo, a rinunciare a fare concorrenza sulla base dei meriti.

Infatti – spiega la Corte – "accordi di transazione stragiudiziale, come l’accordo di transazione di cui trattasi, devono essere qualificati come restrizioni della concorrenza per oggetto quando dal loro esame risulta che i trasferimenti di valori effettuati dal produttore di farmaci originari a favore del produttore di farmaci generici si spiegano in definitiva unicamente con l’interesse commerciale di tali operatori a non farsi concorrenza sulla base dei meriti".

 

Il Consiglio di Stato ha disposto la sospensione dei giudizi in tema di pratiche commerciali scorrette in attesa della sentenza della Corte di giustizia sull'applicabilità del termine decadenziale dei 90 giorni

Con le ordinanze n. 8135 e 8136 del 2025, il Consiglio di Stato ha disposto la sospensione dei giudizi di appello promossi avverso i provvedimenti sanzionatori dell’AGCM in materia di pratiche commerciali scorrette, in attesa della decisione della Corte di giustizia sull’applicabilità del termine previsto dall'art. 14 della legge n. 689/1981.

La vicenda trae origine dai provvedimenti adottati dall'AGCM nel luglio 2021, con cui l'Autorità aveva accertato delle pratiche commerciali scorrette nel settore assicurativo e irrogato sanzioni per circa 6 milioni di euro. Il TAR Lazio, con le sentenze di novembre 2022, aveva annullato tali provvedimenti ritenendo tardiva la contestazione dell’illecito, poiché l’art. 14 L. 689/1981 imporrebbe all'AGCM di avviare il procedimento entro 90 giorni dal momento in cui viene a conoscenza degli elementi essenziali della violazione.

L'AGCM ha impugnato tali decisioni dinanzi al Consiglio di Stato, il quale ha ritenuto opportuno sospendere il giudizio in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia sul rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE. Il rinvio era stato disposto dallo stesso Consiglio di Stato con le ordinanze del 9 luglio 2024 n. 6057 e del 14 maggio 2025 n. 4151, aventi ad oggetto la portata e l’applicabilità di tale termine decadenziale ai procedimenti dell'AGCM.

La Corte di giustizia si era già espressa sul tema a gennaio 2025, nelle cause C-510/23 e C-511/23, affermando che una normativa nazionale che imponga un termine di 90 giorni per la conclusione della fase preistruttoria, a pena di decadenza dal potere sanzionatorio, si pone in contrasto con il diritto dell'Unione, letto alla luce del principio di effettività (si veda al riguardo la nostra pubblicazione Antitrust Bites – febbraio 2025).

Con le ordinanze di ottobre 2025, il Consiglio di Stato ha tuttavia osservato che le pronunce della Corte di giustizia non risolvono integralmente i profili interpretativi tuttora controversi, in particolare in merito alla distinzione tra la mera “comunicazione di avvio dell’istruttoria” e la successiva “comunicazione delle risultanze istruttorie”, nonché al momento a partire dal quale decorrerebbe il termine di 90 giorni.

Pertanto, alla luce della rilevanza delle questioni pregiudiziali ancora pendenti e del loro potenziale impatto sui procedimenti in tema di pratiche commerciali scorrette, il Consiglio di Stato ha ritenuto opportuno disporre la sospensione dei giudizi fino alla pronuncia della Corte di giustizia.

Infine, è opportuno segnalare che, con sentenza n. 16027 del settembre 2025, il TAR Lazio aveva invece respinto la richiesta di sospensione del giudizio in un caso analogo, ritenendo non rilevante, ai fini della decisione, la questione pregiudiziale oggetto dell'ordinanza del Consiglio di Stato del 14 maggio 2025, n. 4151. Secondo il Tribunale, la questione sollevata innanzi alla Corte di giustizia riguardava una presunta violazione della normativa antitrust mentre il provvedimento impugnato atteneva esclusivamente alla disciplina consumeristica, con conseguente irrilevanza della questione pregiudiziale rispetto alla legittimità del provvedimento in materia di pratiche commerciali scorrette.