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25 maggio 202316 minuti di lettura

Innovazione e diritto: le novità della settimana

25 maggio 2023
Evento

Evento Innovation: “La rivoluzione dell'intelligenza artificiale, siete pronti?”

L'intelligenza artificiale generativa è senza dubbio una delle tecnologie più innovative e potenzialmente rivoluzionarie del nostro tempo. Tuttavia, come tutte le tecnologie avanzate, presenta anche rischi e sfide importanti per la società. Questi rischi hanno portato le autorità europee e di altri paesi ad affrettarsi nel regolamentare la materia. Ne discuteremo il 30 maggio 2023 presso il nostro Auditorium di Milano, in un evento in cui avremo l'onore di ospitare tra gli altri l'onorevole Brando Benifei, relatore presso il Parlamento europeo dell'AI Act, e Victoria Espinel, presidente e amministratore delegato di BSA (Business Software Alliance), che parleranno rispettivamente della normativa comunitaria e americana sull'intelligenza artificiale. Inoltre, ci sarà un panel di esperti del settore che si interrogheranno sulle potenzialità e sui rischi dell'AI, seguito dalla presentazione del tool di legal tech sviluppato da DLA Piper per valutare la conformità alla normativa e agli standard di settore dei sistemi di intelligenza artificiale. Il programma e i dettagli per registrarsi sono disponibili qui.

 

Data Protection & Cybersecurity

Il primo provvedimento del Garante privacy sui dark pattern: l’importanza del legal design

Il 23 febbraio 2023 è stato pubblicato in Italia il primo provvedimento del Garante Privacy che sanziona l’uso di dark pattern ai fini di raccolta dei dati personali. La pronuncia costituisce un beach mark in materia di protezione dei dati personali e offre lo spunto per fare una riflessione sui recenti sviluppi delle tecniche di legal design che se utilizzate adeguatamente contribuiscono ad agevolare la raccolta trasparente dei dati.

Per dark pattern (o “percorsi oscuri”) si intendono quelle interfacce ed esperienze utente implementate su piattaforme online che inducono gli utenti a prendere decisioni potenzialmente dannose e involontarie in relazione al trattamento dei dati personali. Ciò che principalmente influenza il comportamento degli utenti, infatti, è la capacità di controllare in modo effettivo le attività svolte con i propri dati personali.

La società che è stata oggetto del provvedimento sanzionatorio è attiva nel campo dei servizi di digital marketing. Dalle verifiche dell’Autorità è emerso che per effettuare le sue campagne promozionali mirate quest’ultima si è avvalsa di un database contenente dati di oltre 21 milioni di utenti, raccolti sia direttamente dalla società attraverso i suoi siti web che attraverso liste acquistate da terzi.

È opinione del Garante che parte dei dati provenienti dai siti web della società siano stati ottenuti da quest’ultima tramite l’utilizzo di dark pattern al solo scopo di “aggirare la volontà dell’interessato”. Ciò in particolare adottando “modelli comunicativi non chiari con particolare riguardo alla progettazione grafica delle interfacce e alle modalità di svolgimento del processo di iscrizione ai servizi”.

In particolare, il Garante ha rilevato la sussistenza di dark pattern nelle seguenti pratiche:

  • All’utente veniva richiesto di esprimere uno specifico consenso in merito al trattamento dei suoi dati per finalità di marketing e alla comunicazione degli stessi a terzi per le medesime finalità. Se una delle due caselle non veniva flaggata, appariva un pop-up che evidenziava la mancanza del consenso e presentava un tasto ben evidente per accettare il trattamento. Il link per continuare senza accettare risultava, invece, poco visibile. 
  • All’utente veniva richiesto di fornire dati di terzi potenzialmente interessati ad iscriversi ai servizi. A fronte di messaggi di invito scritti in grassetto e campi asteriscati, l’opzione “…oppure salta” era riportata in fondo alla pagina in carattere molto più piccolo e con una grafica del tutto diversa rispetto all’opzione “continua”.

Il Garante ha rilevato in ambo i casi che l’evidenza grafica data ai form di raccolta dati “non aveva alcuna utilità per lo svolgimento del processo […] ma rappresentava, evidentemente, un tentativo di raccogliere il consenso dell’utente”. Nel primo caso ciò era aggravato dal fatto che l’utente aveva già chiaramente espresso la sua volontà contraria nella schermata precedente.

Il Garante ha chiarito che l’implementazione di suddette tecniche turba la libertà e alla consapevolezza con cui l’interessato può esprimere la propria volontà e rende la raccolta illecita.

  • Considerazioni per le aziende e necessità di un approccio in stile legal design

Il legal design svolge un ruolo cruciale nel contrastare l'utilizzo dei dark pattern, offrendo una soluzione fondamentale per promuovere l'etica e la trasparenza nelle interazioni digitali. Come detto, i dark pattern sono pratiche ingannevoli utilizzate per influenzare il comportamento degli utenti, che, tuttavia, non rimangono più inosservate. 

  1. Con questo provvedimento il Garante sembra infatti ripercorrere la strada già intrapresa con le Linee Guida sui cookie adottate nel luglio del 2021, probabilmente spinto anche dalla recente adozione delle Linee Guida 3/2022 sui dark pattern, che pone degli obblighi ben precisi, tra le altre cose, anche di design per i cookie banner (e.g., la necessità di apporre una ‘X’ in alto a destra, e rendere le azioni eseguibili dagli utenti della stessa rilevanza grafica). 
  2. Ma non solo. Gli obblighi di trasparenza nei confronti degli utenti, e il divieto di utilizzo di tecniche ingannevoli come quelle dei dark pattern non sono solo date dal GDPR (che ricordiamo, richiede che il consenso sia libero, informato, specifico e univocamente espresso), ma anche dalla normativa consumeristica, anche alla luce delle recenti modifiche dovute dalla Direttiva Omnibus: i profili di scorrettezza potrebbero essere ricondotti alle omissioni ingannevoli di cui all’art. 22(2) del Codice del Consumo, in quanto la presentazione in modo oscuro di informazioni e opzioni rilevanti per il consumatore inducono lo stesso ad assumere una decisione (ossia, a prestare il suo consenso) che altrimenti, con ogni probabilità, non assumerebbe.

Pertanto, l’approccio offerto dal legal design è essenziale per evitare contestazioni come quelle del Garante rispetto al presente provvedimento, anche al fine di promuovere l'aderenza ai principi del codice del consumo. Attraverso la progettazione di interfacce e comunicazioni chiare, comprensibili e accessibili, le aziende possono garantire che i soggetti interessati (nonché consumatori) siano adeguatamente informati sulle loro scelte, diritti e obblighi, ed evitare sanzionamenti da parte delle autorità.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Linee Guida 3/2022 dello EDPB su dark pattern stimolano un approccio di legal design”.

La Corte di Giustizia si pronuncia in materia di tutela dei dati personali e produzione di documenti contenenti dati di terzi

Il 2 marzo 2023, la Corte di Giustizia (C-268/21 - Norra Stockholm Bygg AB contro Per Nycander AB) si è pronunciata, su domanda della Corte Suprema svedese, in materia di tutela dei dati personali e produzione di documenti contenenti dati di terzi nell’ambito di un procedimento giurisdizionale civile.

La sentenza fornisce una guida importante sull'applicazione dell'articolo 6, paragrafi 3 e 4 del GDPR nell’ambito dei procedimenti giurisdizionali civili.

La fattispecie all’esame del giudice europeo riguardava la richiesta di produzione del registro elettronico del personale, contenente dati personali di terzi raccolti principalmente ai fini dei controlli fiscali, come prova in una controversia tra due società. La Corte ha affrontato due quesiti pregiudiziali riguardanti l’applicabilità del GDPR e la valutazione degli interessi delle persone coinvolte nella produzione di documenti contenenti dati personali.

  • Applicazione del GDPR alla produzione dei registri del personale

Secondo la Corte, la creazione e la tenuta del registro elettronico del personale rientrano nell’ambito di applicazione del GDPR. Inoltre, la produzione di un documento contenente dati personali come prova in un procedimento giurisdizionale costituisce un trattamento di dati personali soggetto alle disposizioni del GDPR. Pertanto, è necessario soddisfare le condizioni di liceità stabilite dall’articolo 6 del GDPR. Nello specifico, il combinato disposto dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), del GDPR e dell’articolo 6, paragrafo 3 del GDPR richiede una base giuridica, segnatamente nazionale, per il trattamento dei dati personali da parte dei titolari del trattamento che agiscono nell’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, come quelli svolti dalle autorità giurisdizionali quando esercitano le relative funzioni.

La Corte ha rilevato cheil trattamento di tali dati nell’ambito di un procedimento giurisdizionale costituisce un trattamento effettuato per una finalità diversa da quella per la quale i dati sono stati raccolti, i.e. a fini fiscali, e non è fondato sul consenso degli interessati, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), del GDPR. Poiché, nel caso di specie, tale trattamento aveva una finalità diversa da quella per cui i dati erano stati originariamente raccolti, doveva basarsi sul diritto nazionale e costituire una misura necessaria e proporzionata per il perseguimento degli obiettivi stabiliti nell'articolo 23, paragrafo 1 del GDPR.

  • Valutazione degli interessi nel contesto dei procedimenti giurisdizionali civili

La Corte ha sottolineato che il giudice nazionale deve prendere in considerazione gli interessi contrapposti delle persone coinvolte quando valuta l'opportunità di ordinare la produzione di un documento contenente dati personali. In tale valutazione, il giudice deve bilanciare la protezione dei dati personali e il diritto al rispetto della vita privata con altri diritti fondamentali, come il diritto a un processo equo.

La Corte ha stabilito che il giudice nazionale deve verificare se la divulgazione dei dati personali sia adeguata e pertinente per garantire il corretto svolgimento del procedimento giurisdizionale. Inoltre, il giudice deve considerare se esistono mezzi di prova meno invasivi per proteggere i dati personali delle persone coinvolte. Se la produzione del documento contenente dati personali è giustificata, il giudice può adottare misure supplementari di protezione dei dati, come la pseudonimizzazione dei nomi degli interessati, al fine di minimizzare l'impatto sulla protezione dei dati personali.

La Corte ha infine evidenziato l'importanza di bilanciare gli interessi contrapposti delle persone coinvolte e ha fornito linee guida per valutare la liceità e la proporzionalità del trattamento dei dati personali in tale contesto. Tale decisione fornisce una base giuridica solida per i giudici nazionali nell'affrontare le richieste di produzione di documenti contenenti dati personali in procedimenti giurisdizionali civili, contribuendo a garantire una corretta applicazione delle norme sulla protezione dei dati nell'Unione Europea.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “La CGUE chiarisce il concetto di categorie particolari di dati personali ai sensi del GDPR”.

 

Intellectual Property

Accordo provvisorio raggiunto a livello europeo sulla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali

Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla regolamentazione per la protezione delle indicazioni geografiche (IG) per i prodotti artigianali e industriali. Tale regolamentazione, una volta definitivamente approvata, amplierà il campo di applicazione delle indicazioni geografiche, finora prevalentemente utilizzate per prodotti alimentari e bevande, includendo anche i prodotti industriali la cui qualità è strettamente legata all'area di produzione, come il vetro di Murano, il tweed del Donegal, la ceramica di Bolesławiec, il vetro di Boemia, la porcellana di Limoges o la coltelleria di Solingen.

L'attuale quadro normativo dell'Unione Europea prevede disposizioni specifiche per la tutela delle indicazioni geografiche riguardanti vini, bevande alcoliche, prodotti alimentari e altri prodotti agricoli. Tuttavia, al momento non esiste una disciplina a livello di Unione Europea che garantisca una tutela equivalente per le indicazioni geografiche relative ai prodotti artigianali e industriali.

  • Principali disposizioni dell’accordo

Questo accordo provvisorio richiede l'approvazione e l'adozione formale da entrambe le istituzioni coinvolte. Le principali disposizioni dell'accordo includono:

  • assicurare la conformità alle norme di protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti agricoli attraverso l'applicazione del concetto di "indicazioni geografiche protette" (IGP);
  • prevedere procedure di controllo e verifica efficienti per la tutela delle indicazioni geografiche, basate su un sistema di autodichiarazione come procedura predefinita, che gli Stati membri rafforzano mediante attività di controllo;
  • estendere la protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali anche per quanto riguarda i nomi di dominio e l'ambiente online; e
  • semplificare le procedure di registrazione delle indicazioni geografiche, soprattutto per le piccole e medie imprese, garantendo al contempo un elevato livello di tutela giuridica.

Finalità e ambito della regolamentazione

La presente regolamentazione mira quindi ad istituire un regime giuridico di protezione delle indicazioni geografiche relative ai prodotti artigianali e industriali nell'ambito dell'Unione Europea.

La mancanza di una tutela uniforme a livello di Unione Europea per le indicazioni geografiche concernenti i prodotti artigianali e industriali presenta rilevanti implicazioni anche nel contesto internazionale. L'adozione della presente proposta di regolamentazione, infatti, consentirà all'Unione Europea di adempiere ai propri obblighi internazionali derivanti dal trattato internazionale dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale e di sfruttare pienamente le opportunità che esso offre.

Tuttavia, è importante sottolineare che l'adozione di questa regolamentazione rappresenta solo un primo passo verso la tutela delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali a livello europeo. Sarà necessario garantire l'efficace attuazione di tali disposizioni e monitorarne l'impatto sul settore, al fine di valutare l'effettiva protezione offerta e l'adeguatezza delle misure adottate. Inoltre, sarà importante considerare la necessità di adattare e migliorare ulteriormente il quadro normativo nel futuro, in risposta alle sfide emergenti e alle evoluzioni del mercato.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo "Prodotti artigianali e industriali inseriti nella proposta di regolamento dell’Unione Europea sulle Indicazioni Geografiche (IG)".

La tutela rafforzata garantita ai marchi rinomati

Con una recente decisione, la Corte di Appello di Roma si è espressa su una controversia avente ad oggetto l'uso di un noto marchio di bevande alcoliche, riconosciuto sia in Italia che all'estero.

Nel caso di specie, ha trovato applicazione l'articolo 22, comma 2, del Codice della Proprietà Industriale (CPI) ai sensi del quale vige il divieto di adottare "come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio di un sito usato nell'attività economica o altro segno distintivo di un segno uguale o simile ad un marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, che goda nello Stato di rinomanza se l'uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi". Come noto, tale norma sancisce la tutela c.d. "rafforzata" per tutti quei marchi considerati rinomati.

Il marchio in questione trae origine dal fondatore di una società produttrice di liquori, che ha ampliato la sua attività a livello internazionale dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Questo marchio ha ottenuto una notevole diffusione nel corso degli anni grazie a diverse strategie di promozione, come numerose campagne pubblicitarie, sponsorizzazioni in ambito calcistico e programmi radio ad esso associati. Un ulteriore elemento di successo è stato l'impiego di personaggi famosi come ambasciatori del prodotto provenienti dal mondo dello spettacolo, appartenenti alla televisione, al cinema e al teatro. Ecco che per un segno così noto a livello internazionale la Corte non poteva che prevedere la tutela rafforzata garantita ai marchi rinomati.

Richiamando la giurisprudenza della Corte di legittimità (Cass. Civ., 17 ottobre 2018, n. 26000) e quella comunitaria (CGUE, 18 giugno 2009, C-487/707, Caso L'Oreal v. altri), la Corte ha ricordato che la protezione conferita ai marchi rinomati mira non solo a preservarne la relativa funzione distintiva intrinseca, ma anche a impedire l'indebito vantaggio che i terzi potrebbero trarre dall'utilizzo illecito di tali marchi. Ciò costituirebbe un pregiudizio per la capacità distintiva, la rinomanza e la notorietà di tali segni. Con particolare riferimento alla decisione comunitaria nel caso C-487/707, la Corte specifica che le violazioni soggette alla tutela rafforzata includono: 

  • il pregiudizio alla caratteristica distintiva del marchio rinomato, definito anche come "diluizione", che si manifesta quando la capacità di tale marchio di identificare i prodotti o i servizi per cui era stato registrato viene indebolita; nonché
  • il pregiudizio alla notorietà, denominato anche "corrosione", che si verifica quando i prodotti o i servizi per i quali un terzo utilizza un segno identico o simile possono essere percepiti dal pubblico in modo tale da compromettere il potere di attrazione del marchio rinomato.

Per quanto riguarda il concetto di "vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio" (i.e., parassitismo), la Corte riprende quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte di legittimità secondo cui tale fenomeno dovrebbe essere collegato non al danno subito dal marchio, ma al beneficio ottenuto da terzi attraverso l'uso di un segno identico o simile al marchio in oggetto. Questo si verifica quando, per esempio, vi è un trasferimento dell'immagine del marchio o delle caratteristiche da questo proiettate sui prodotti designati dal segno identico o simile che, inevitabilmente, costituirà uno sfruttamento parassitario nella scia del marchio che gode di rinomanza senza che il titolare del marchio successivo abbia dovuto operare sforzi propri in proposito e senza qualsivoglia remunerazione economica atta a compensare lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per crearlo e mantenerne l'immagine.

In conclusione, la Corte ha anche ricordato il fondamentale principio per cui la tutela rafforzata prevista a favore dei marchi rinomati stabilisce una protezione che non richiede la presenza di un rischio di confusione per il pubblico. Nel caso in esame, infatti, la Corte ha considerato sufficiente il semplice pericolo che, da un lato, il marchio successivo contestato potesse trarre vantaggio dalla notorietà del marchio rinomato e, dall'altro lato, che il titolare del marchio noto sul mercato potesse vedere compromessa la capacità del proprio segno di identificare specifiche tradizioni italiane o caratteristiche sociali ad esso associate.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo "L’importanza dell’uso effettivo di un marchio per la sua proteggibilità".


La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Arianna AngillettaGiordana BabiniCarolina Battistella, Carlotta Busani, Giorgia Carneri, Maria Rita Cormaci, Camila CrisciCristina Criscuoli, Tamara D’AngeliChiara D’Onofrio, Federico Maria Di Vizio, Enila EleziChiara Fiore, Emanuele Gambula, Laura Gastaldi, Vincenzo Giuffré, Filippo GrondonaNicola LandolfiGiacomo Lusardi, Valentina Mazza, Lara MastrangeloMaria Chiara Meneghetti, Deborah Paracchini, Tommaso Ricci, Rebecca Rossi, Massimiliano Tiberio, Alessandra Tozzi, Giulia Zappaterra

Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea e Flaminia Perna.

Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena Varese, Alessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.

È possibile sapere di più su “Transfer”, il tool di legal tech realizzato da DLA Piper per supportare le aziende nella valutazione dei trasferimenti dei dati fuori dello SEE (TIA) qui e consultare una pubblicazione di DLA Piper che illustra la normativa sul Gambling qui, nonché un report che analizza le principali questioni legali derivanti dal metaverso qui.

DLA Piper Studio Legale Tributario Associato tratta i dati personali in conformità con l'informativa sul trattamento dei dati personali disponibile qui.

Qualora non si volesse più ricevere gli Innovation Law Insights o ci si volesse iscrivere alla stessa, è possibile inviare un'email a Silvia Molignani.