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24 maggio 202425 minuti di lettura

Innovation Law Insights

24 maggio 2024
Podcast

Daniela Paletti di Condé Nast sul futuro dei media e le relative sfide legali

In questa avvincente puntata del podcast Diritto al Digitale, Giulio Coraggio ed Elena Varese di DLA Piper si confrontano con Daniela Paletti, responsabile dell'area legale a livello europeo di Condé Nast. È possibile ascoltare il podcast qui

 

Artificial Intelligence

AI e Stati Uniti: tra roadmap dell’innovazione e nuove proposte legislative

A pochi mesi dall'adozione dell'AI Act nell'Unione Europea, un gruppo bipartisan di senatori statunitensi ha introdotto una nuova roadmap per guidare il Congresso nella regolamentazione e nello sviluppo dell'intelligenza artificiale (AI) e promuovere l'innovazione.

Parallelamente, quasi tutti gli stati degli Stati Uniti, più recentemente il Colorado, si sono mossi per introdurre proposte di legge relative all'AI, molte delle quali con un focus specifico sulle problematiche legate ai deepfake, anche se ad oggi poche hanno visto un’implementazione concreta.

Innovazione e priorità legislative

Il rapporto di 20 pagine intitolato “Driving U.S. Innovation in Artificial Intelligence”, pubblicato il 15 maggio dal gruppo di lavoro sull'AI del Senato degli Stati Uniti, si concentra sulla promozione dell'innovazione affrontando al contempo i potenziali rischi associati alla tecnologia AI. A differenza dell'AI Act adottato dai vicini europei, questa roadmap mira a informare gli sforzi legislativi senza imporre regole rigide allo sviluppo e utilizzo di AI che, dalla prospettiva statunitense, potrebbero ostacolarne la crescita.

Dietro la proposta della National Security Commission on Artificial Intelligence, la roadmap raccomanda al Congresso di stanziare 32 miliardi di dollari all'anno per l'innovazione dell'AI. Un finanziamento significativo, di cui è stata sottolineata l’importanza al fine di consolidare la leadership degli Stati Uniti nel campo dell’AI, in particolare in settori come la sanità, in cui il potenziale rivoluzionario dell'AI è solo agli inizi.

Accanto alle proposte di finanziamento, la roadmap incoraggia una cauta accelerazione in ambito normativo. Quale risultato di una serie di “forum di approfondimento sull'AI” che hanno coinvolto oltre 150 esperti di vari settori, la roadmap pur non includendo specifiche proposte legislative, offre una serie di spunti diretti a guidare i legislatori nelle future proposte legislative.

Tra i temi centrali in cui viene stata incoraggiata una legislazione mirata sono inclusi:

  • Indicazione di requisiti di trasparenza per i sistemi di AI, tali da bilanciare innovazione e gestione del rischio.
  • Previsione di incentivi per gli sviluppatori a fornire informazioni sulla provenienza dei contenuti per i software integrati con AI.
  • Protezione contro utilizzi non autorizzati del nome, dell'immagine, della voce o del volto di un individuo.
  • Aumento della consapevolezza del pubblico generale sul ruolo svolto dall’AI nella vita quotidiana.
  • Adozione di strumenti di ricerca e sviluppo per aiutare a gestire i rischi dell'IA, in particolare nei settori ad alto rischio come la finanza, la sanità e l'edilizia abitativa.

Considerata inoltre la stretta connessione tra AI e dati personali, il documento promuove l’adozione una legislazione federale sulla privacy per affrontare, in maniera coesa questioni quali minimizzazione dei dati, sicurezza, diritti dei consumatori, regolamentazione dei broker di dati e i requisiti di consenso che hanno un impatto orizzontale nello sviluppo e utilizzo di sistemi di AI.

Più in generale, il gruppo di lavoro suggerisce in via preferenziale di revisionare le normative esistenti per valutarne l'adeguatezza nell'affrontare i problemi legati all'AI, considerata in particolare la natura opaca di alcuni di tali sistemi.

Approccio complessivo e problemi legati all'IA

Nell’ottica di adottare un approccio omnicomprensivo e condiviso, il gruppo di lavoro ha sollecitato il Congresso a collaborare sulla legislazione relativa all'AI, definendo in primo luogo i termini chiave del settore e mantenendosi aggiornato sulle iniziative dell'AI del ramo esecutivo. A questo, si aggiungono richieste più specifiche, tra cui una ricerca intersettoriale sull'AI da parte del governo, un supporto infrastrutturale per il National Institute of Standards and Technology e un potenziamento delle capacità per il Bureau of Industry and Security, sempre nell’ottica di assicurare un controllo costante ma non opprimente sull’evoluzione del settore.

La roadmap affronta anche una serie di questioni problematiche emerse a seguito dei rapidi sviluppi dell'IA, in particolare:

  • Protezione per i bambini: il gruppo ha sollecitato lo sviluppo di una legislazione per proteggere i bambini dai potenziali danni online causati dall'AI, assicurando che le aziende adottino misure ragionevoli per considerare tali rischi nella progettazione e nel funzionamento dei prodotti. Inoltre, il gruppo di lavoro sull'AI è preoccupato per i dati che dimostrano l'impatto dei social media sulla salute mentale e sostiene ulteriori studi e azioni da parte delle agenzie competenti per comprendere e affrontare questo problema.
  • Social scoring: il gruppo ha evidenziato i rischi associati al social scoring tramite AI e ha incoraggiato una legislazione per vietare questa pratica, proteggendo la libertà fondamentale dei cittadini statunitensi.
  • Forza lavoro: il gruppo ha sottolineato la necessità di formare e riqualificare i dipendenti per adattarsi a un'economia guidata dall'AI, suggerendo di sfruttare programmi esistenti come lo U.S. Digital Service e i Presidential Innovation Fellows per attrarre e trattenere talenti nell'AI.
  • Regolamentazione dei deepfake: il Senate Rules Committee ha recentemente avanzato una legislazione bipartisan per proteggere le elezioni dai contenuti ingannevoli generati dall'AI, inclusi i deepfake. La roadmap supporta questi sforzi e chiede regolamentazioni per proteggere contro l'uso non consensuale di immagini intime generate dall'IA.

Infine, alla luce dei molteplici e diversificati rischi che i sistemi di AI possono presentare, il gruppo di lavoro esorta le società a effettuare test approfonditi dei sistemi di AI per valutare e prevenire possibili danni, impedendo l’immissione nel mercato di quelli che non soddisfano determinati standard di sicurezza. Ai fini della valutazione del rischio, la roadmap raccomanda l’applicazione di metodologie flessibili, che tengano conto e bilancino adeguatamente le nuove capacità dell’AI, la protezione delle informazioni proprietarie e promuovano l'innovazione nel settore.

Legislazione nazionale emergente nel settore dell’AI

Sebbene il Congresso non abbia ancora adottato una legge specifica in materia di AI, la roadmap getta le basi per una discussione più approfondita sulle previsioni normative, regolandone il potenziale e sfruttando il potere tecnologico.

Allo stesso tempo, in assenza di chiare regole a livello federale, gli stati degli Stati Uniti si sono mossi introducendo previsioni nazionali che, in maniera più o meno diretta, regolano alcune delle principali questioni sorte con lo sviluppo dell’AI. A marzo 2024, lo Utah è stato il primo stato a emanare uno statuto mirato sull'AI per tutelare i consumatori da pratiche ingannevoli perpetrate tramite l'utilizzo di AI generativa. Altri stati, tra cui California, Connecticut, Delaware e Indiana, hanno integrato le loro leggi sulla privacy dei dati con disposizioni specifiche in materia di profilazione, che impattano direttamente anche l’utilizzo dell'AI. Più recentemente, l'8 maggio, i legislatori del Colorado hanno varato una legge innovativa sull'AI che presenta significative affinità con l'AI Act dell'UE. La legge adotta infatti un approccio basato sul rischio, introducendo regole per i sistemi ad alto rischio e definendo linee guida per la divulgazione dell'utilizzo dell'AI.

Numerose altre proposte sono attualmente in fase di discussione a livello nazionale. Tuttavia, la principale preoccupazione riguarda la possibilità di un panorama politico frammentato in assenza di un quadro federale. Questa frammentazione, anziché promuovere l'innovazione, potrebbe invece portare a un sistema regolamentare complesso e intricato.

Su un argomento simile può essere d’interesse il podcast: “Artificial Intelligence & Media Unleashed: Exploring the Opportunities and Legal Challenges

Autrice: Maria Chiara Meneghetti

Free and Open Source Software e Intelligenza Artificiale: un binomio per l’innovazione aperta

Nell’era digitale in costante evoluzione, l’intersezione tra Free and Open Source Software e Intelligenza Artificiale emerge come fulcro cruciale dell’innovazione tecnologica. La nostra analisi si propone di esplorare il legame dinamico e fecondo tra queste due forze trainanti del processo digitale, attraverso una indagine sulle basi filosofiche del software libero e sul suo intreccio con i progressi dell’IA nell’ottica di un panorama tecnologico sempre più aperto e collaborativo.

Il Free and Open Source Software (FOSS)

Il Free and Open Source Software (FOSS) costituisce un’alternativa al modello di software closed source, associato alla maggior parte delle licenze di software commerciali. Guardando al suo significato letterale, il modello FOSS promuove l’innovazione e la libera circolazione del codice sorgente, diversamente dal modello di software proprietario, basato sulla prerogativa del titolare di vietare ai terzi lo sfruttamento dei propri diritti.

Quello del free software è essenzialmente una corrente filosofica che si fonda sull’idea di libertà di utilizzo del software e che vede nel software non libero un problema sociale nonché un ostacolo all’innovazione. In ossequio all’approccio della Free Software Foundation, un determinato software può dirsi “libero” se rispetta quattro libertà fondamentali degli utenti e della comunità: (i) la libertà di eseguire il programma a piacimento e per qualsiasi scopo; (ii) la libertà di studiare il funzionamento del programma e di modificarlo in modo da adattarlo alle specifiche necessità; (iii) la libertà di ridistribuirne copie; (iv) la libertà di apportare miglioramenti al programma e di distribuirli pubblicamente, di modo che tutta la comunità possa trarne beneficio.

La corrente open source ha una connotazione più pragmatica, concentrandosi sull’accessibilità del codice sorgente e del codice oggetto del software. La distribuzione del software open source deve essere libera, la licenza non deve limitare i diritti di vendita o di donazione dello stesso e non deve prevedere royalties per la vendita. Inoltre, la licenza deve consentire la modifica dei programmi originali e la creazione di programmi derivati nonché la distribuzione di questi nei termini previsti dalla licenza del software originario. Ancora, la licenza può prevedere restrizioni alla distribuzione del codice sorgente modificato soltanto qualora vengano distribuiti dei patch files insieme al codice originale e non deve discriminare persone o gruppi di persone né ambiti di utilizzo. I diritti sul programma devono applicarsi a tutti coloro ai quali questo è distribuito, senza che occorra l’emissione di ulteriori licenze. Ove il programma licenziato sia parte di una distribuzione software, la licenza non deve essere specifica per tale distribuzione ma deve garantire a qualunque destinatario gli stessi diritti garantiti con la distribuzione originaria; la licenza non deve altresì contaminare altri software distribuiti insieme a quello principale e deve rispettare il principio di neutralità tecnologica.

Nonostante le differenze tra le due correnti di pensiero, nella prassi è frequente l’utilizzo delle locuzioni “free software” e “open source software” in maniera intercambiabile e non è raro che si faccia riferimento a questo fenomeno utilizzando l’espressione Free and Open Source Software (FOSS).

Le licenze FOSS

Nell’attuale panorama coesistono oltre quaranta licenze FOSS differenti sia per i diritti garantiti che per le condizioni imposte. Le licenze FOSS possono essere categorizzate in base al diverso livello di protezione attribuito al software:

  • Licenze di tipo restrittivo (dette anche “copyleft”), le quali prevedono restrizioni alla ridistribuzione di opere derivate per assicurare che il codice rimanga aperto. Esse attribuiscono agli utilizzatori del software un diritto di utilizzo, copia, modifica, miglioramento e ridistribuzione purché siano garantite le condizioni di reciprocità: in altre parole, evitano che siano applicate condizioni peggiorative che possano ricondurre il programma al modello proprietario. Un esempio è costituito dalla licenza GPL;
  • Licenze di tipo permissivo (anche dette “non-copyleft”), che consentono un ampio utilizzo del codice sorgente anche in programmi non open source (compresa l’eventuale modifica) e non limitano la distribuzione di opere derivate. La BSD e la Apache costituiscono due esempi di licenza non-copyleft;

Tra i due estremi si collocano talune licenze in zona grigia che prevedono clausole di copyleft più deboli, quali ad esempio la LGPL o la MPL.

Le licenze open source di gran lunga più diffuse per i rilasci di software basati su IA sono le licenze permissive.

I vantaggi dell’intersezione open source-AI

L’intreccio tra il mondo dell’open source e quello dell’IA rappresenta un punto di svolta per la rivoluzione tecnologica in atto. La comunità open source favorisce lo sviluppo di sistemi di IA sempre più avanzati, permettendo ai soggetti pubblici o privati operanti nel settore di avere rapido accesso alle risorse ed incentivando così il processo innovativo, senza che siano necessari gli ingenti investimenti iniziali legati a licenze di software proprietari.

La disamina del codice sorgente consente di comprendere i meccanismi di funzionamento del sistema di IA, aumentando la trasparenza e il livello di fiducia degli utenti: se gli algoritmi sono comprensibili e verificati, è possibile garantire un elevato grado di equità e una costante prevenzione dei bias.

I modelli e il codice possono essere personalizzati in base a specifici requisiti, offrendo una flessibilità che le semplici soluzioni open source in altri contesti non sono in grado di fornire.

L’intersezione tra AI e open source promuove altresì la creazione di un ecosistema collaborativo in cui gli sviluppatori siano in grado di condividere idee, di contribuire ai miglioramenti e di accelerare così il progresso tecnologico.

La disponibilità del codice sorgente contribuisce poi ad aumentare il livello di sicurezza, consentendo il monitoraggio costante e la conseguente revisione dei sistemi funzionali ad una rapida risposta alle minacce del cyberspazio.

L’implementazione dell’Intelligenza Artificiale open source

Un sistema basato su Intelligenza Artificiale consta di più componenti rispetto ad un tradizionale software e, in conseguenza di ciò, la definizione di open source necessita di adattarsi ed espandersi: nel contesto dell’IA non esiste un codice sorgente di per sé e l’elemento chiave è costituito dai dati impiegati per il training del sistema.

Nel caso dei sistemi di IA proprietari viene di solito addebitato un costo “per token” ed i livelli di tariffazione risultano diversi a seconda dei modelli e della loro reattività. Le spese includono sovente i costi di hosting e di assistenza e l’addebito per token risulta assai suscettibile di fluttuazioni in aumento. I sistemi di IA open source sono spesso scaricabili gratuitamente e, sebbene possano risultare costosi quantomeno nella loro fase di installazione, essi si rivelano più economici per i clienti che ne facciano un utilizzo elevato.

I possibili impieghi di un sistema di Intelligenza Artificiale open source sono molteplici e gli scenari più comuni includono la chiamata API o le chiamate di funzione, l’incorporazione, il collegamento, la modifica e la traduzione. È molto comune che vi sia un software al contempo proprietario e open source e nella maggior parte dei casi ci si serve di chiamate API - ossia processi attraverso cui due software scambiano dati - o di chiamate di funzione. In tali casi, non è necessaria alcuna contaminazione o mescolanza di codice sorgente. Può anche accadere che uno sviluppatore copi parte di un FOSS all’interno di un prodotto proprietario: in tali casi si verifica il fenomeno dell’incorporazione. Il risultato di tale operazione è una contaminazione ed è importante rilevare che nelle licenze “copyleft” è previsto che tutto il codice sorgente sia aperto qualora il prodotto risultante sia oggetto di distribuzione. Accade altresì di frequente che uno sviluppatore colleghi o unisca un componente FOSS con un prodotto proprietario, caso in cui non si verifica alcuna contaminazione del codice sorgente. Similmente alla chiamata API, il collegamento ai modelli di IA a partire da altro codice sorgente è una forma di implementazione molto comune. L’apertura del codice consente agli sviluppatori di apportare modifiche ad un componente FOSS, tra cui l’aggiunta di nuovi componenti FOSS, la correzione e l’ottimizzazione dei componenti originari, l’eliminazione di talune parti di codice. È possibile, infine, che venga tradotto il codice sorgente, ad esempio da un linguaggio di programmazione ad un altro.

AI Act e Product Liability Directive: le future prospettive dell’approccio europeo al FOSS

Il Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale (“AI Act”), nella sua ultima versione approvata, ha generato confusione circa la disciplina applicabile ai software open source. Inizialmente, l’Art. 2, par 5 lett. g) della versione del 26 gennaio 2024 escludeva gli obblighi del Regolamento per i sistemi di IA rilasciati sotto licenze open source, a meno che non fossero ad alto rischio o rientrassero nei titoli II e IV. Tuttavia, la nuova versione ha disciplinato lo stesso tema all’Art. 2 par 12, rendendo il Regolamento applicabile ai sistemi open source che, favorendo la condivisione e l’innovazione, dovrebbero essere esentati dal Regolamento. Un errore di interpretazione dell’ultima revisione ha portato a credere che i FOSS potessero non essere esentati, ma un successivo chiarimento ha indicato che verranno eseguite delle rettifiche per correggere tale errore nella versione finale del testo che sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. I software liberi che beneficeranno dell’esenzione saranno quelli i cui parametri (tra cui le informazioni sull’architettura del modello) siano resi pubblici e che non siano resi disponibili a fronte di un pagamento o non siano oggetto di monetizzazione (per esempio, attraverso l’offerta a pagamento di supporto tecnico successivo al loro rilascio). Per avere un’idea chiara sull’approccio del legislatore europeo, è opportuno guardare ai Considerando 102 e 103 dell’ultima versione del Regolamento, i quali prevedono che il sistema di IA rilasciato sotto una licenza libera e open source che ne consenta la condivisione aperta e che permetta agli utenti di accedere, utilizzare, modificare e ridistribuire liberamente i dati o le versioni modificate, contribuendo alla ricerca e all’innovazione del mercato ed offrendo significative opportunità di crescita per l’economia dell’Unione Europea, non dovrebbe rientrare nella disciplina del Regolamento.

Anche la nuova direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi (“Product Liability Directive”), che si inserisce all’interno del pacchetto di misure europee volte a sostenere la promozione dell’IA, esclude i FOSS dal proprio perimetro di applicabilità. Tale scelta, ancora una volta, appare giustificata dall’incoraggiamento della ricerca e dell’innovazione all’interno del mercato europeo e dal fatto che i software liberi, non sviluppati o forniti nel corso di un’attività commerciale, non siano per definizione “immessi sul mercato”. Nel caso in cui, invece, i software siano forniti a titolo oneroso o i dati personali vengano impiegati nel contesto di un’attività commerciale, la direttiva troverà applicazione.

In materia di responsabilità di sviluppatori e produttori di software AI potrebbe interessarvi anche: La responsabilità di sviluppatori e produttori di software AI secondo la Direttiva sul risarcimento dei danni da prodotti difettosi

Autrice: Alessandra Faranda

 

Food and Beverages

È disponibile il report dell’ICQRF relativo alle attività svolte nel 2023

L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari (“ICQRF”) ha recentemente reso disponibile il proprio Report delle attività svolte nell’anno 2023.

L’analisi di questo documento è sempre particolarmente utile agli operatori del settore alimentare e agricolo, in quanto consente di avere una panoramica sui principali settori d’intervento dell’Ispettorato.

Come noto, l’ICQRF è l’autorità preposta in Italia, tra le altre cose, alla tutela delle Denominazioni di Origine Protetta (DOP) e le Indicazioni Geografiche Protette (IGP), oltre che all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie in materia agricola e agroalimentare di competenza statale e, in questo documento, descrive le proprie principali direttrici di intervento per l’anno 2023.

Anche quest’anno, i numeri relativi all’azione dell’Ispettorato sono particolarmente interessanti: dal Report risulta che l’ICQRF ha effettuato più di 54.000 controlli antifrode ed ha irrogato ben 5.548 contestazioni amministrative, con un valore complessivo di beni sequestrati di oltre 42 milioni di euro.

Inoltre, l’ICQRF è anche l’autorità nazionale di contrasto deputata all’accertamento delle violazioni della normativa di attuazione della nota Direttiva UTP (Unfair Trade Practices), il Decreto Legislativo 198/2021, che è entrato in vigore per tutelare i fornitori di prodotti agricoli e alimentari nei rapporti negoziali con gli acquirenti.

Proprio nell’ambito del contrasto alle pratiche commerciali scorrette nel settore agroalimentare, nel 2023 l’ICQRF ha sollevato ben 53 contestazioni amministrative nel settore “Lattiero caseario” e 15 contestazioni amministrative nel settore “Ortofrutta”, mentre il numero di contestazioni amministrative nei settori dei cereali, vitivinicolo e dell’olio è stato leggermente inferiore.

In totale, l’ICQRF ha condotto ben 488 controlli ispettivi, diretti a 315 diversi operatori nel settore, riscontrando che ben 32 operatori economici avevano commesso delle regolarità ai sensi del D. Lgs. 198/2021. Come riportato nel Report, la maggior parte delle contestazioni sollevate concernevano il mancato rispetto dei termini di pagamento da parte degli acquirenti di prodotti agricoli e alimentari (40 irregolarità rilevate), l’assenza di un contratto scritto di cessione stipulato prima della consegna dei prodotti (9 irregolarità sanzionate) o la mancanza di elementi essenziali nei contratti, come la durata, la quantità e caratteristiche del prodotto.

Il Report termina poi con delle brevi considerazioni rispetto al ruolo dell’ICQRF quale autorità competente per i controlli relativi alle commodities agroalimentari (bovini, cacao, caffè, palma da olio, soia) in conformità al Regolamento EU 2023/1115, relativo alla messa a disposizione sul mercato dell’Unione e all’esportazione dall’Unione di materie prime e prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale, entrato in vigore nel giugno 2023.

Rispetto a questa area di intervento, il Regolamento europeo prevede l’istituzione di un sistema di interfaccia elettronica fondata sullo Sportello Unico Doganale, mediante il quale avviene lo scambio di informazioni essenziali tra l’autorità competente e l’autorità doganale.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Italian sounding: quanto vale e come trasformarlo in export made in Italy”, pubblicato il report ISMEA 2023”.

Autore: Federico Maria Di Vizio

 

Intellectual Property

Marchi e gin: il Tribunale UE conferma la nullità di un marchio per descrittività della provenienza geografica e della qualità dei prodotti designati

Il 21 febbraio 2024, il Tribunale dell’Unione Europea si è pronunciato in occasione di un ricorso volto a chiedere l'annullamento della decisione della Quinta Commissione di ricorso dell'Ufficio dell'Unione europea per la Proprietà Intellettuale, datata 23 settembre 2022, emessa nell’ambito del procedimento R 1978/2021-5. A fondamento della controversia, vi era il tema della dichiarazione di nullità di una registrazione di marchio di impresa ritenuto descrittivo della provenienza geografica e della qualità dei prodotti designati in sede di deposito.

I fatti: domanda di nullità e ricorso dinanzi all’EUIPO

La controversia vedeva coinvolti, da un lato, una nota azienda scozzese produttrice di bevande alcoliche, tra cui il gin (di seguito, “Convenuta”), dall’altro, una distilleria peruviana (di seguito, “Ricorrente”).

Il 18 settembre 2020, la Convenuta presentava all’Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (di seguito, “EUIPO”) una domanda di dichiarazione di nullità del marchio dell'Unione europea “Amazonian GIN COMPANY” (den.) (di seguito, il “Marchio Contestato”), depositato in data 11 settembre 2018 dalla Ricorrente e concesso in data 9 gennaio 2019, nella classe di prodotti 33 della Classificazione di Nizza, per “gin [acquavite]; bevande alcoliche a base di gin”.

I motivi dedotti a sostegno della domanda di dichiarazione di nullità erano quelli di cui all’articolo 59, paragrafo 1, lettera a), in combinato disposto con l'articolo 7, paragrafo 1, lettera a), lettera c), del regolamento (UE) 2017/1001 sul marchio dell’Unione Europea (di seguito, “RMUE”), alla luce dei quali “il marchio UE è dichiarato nullo allorché è stato registrato in contrasto con le disposizioni dell'articolo 7”, il quale recita che “[...]sono esclusi dalla registrazione i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio [...]”.

La domanda di dichiarazione di nullità veniva poi respinta il 28 ottobre 2021 dalla Divisione di annullamento. Il ricorso successivamente presentato dalla Convenuta dinanzi all’EUIPO avverso detta decisione veniva poi accolto dalla Quinta Commissione di ricorso (di seguito, la “Commissione”), con decisione datata 23 settembre 2022.

Più nel dettaglio, la Commissione accoglieva il ricorso rilevando la natura descrittiva del Marchio Contestato e, conseguentemente, la sua contrarietà rispetto alla norma sopra citata. Brevemente, la Commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che la parte anglofona del pubblico di riferimento intendesse immediatamente ed esclusivamente il Marchio Contestato come un'indicazione del fatto che le bevande alcoliche registrate o i loro ingredienti sono legati alla regione attorno al fiume Amazon.

La sentenza del Tribunale dell’Unione Europea

La natura descrittiva del Marchio Contestato, concesso, ricordiamo, per “gin [acquavite]; bevande alcoliche a base di gin” nella classe 33, è stata poi confermata dal Tribunale dell’Unione Europea (di seguito, “Tribunale”), che ha: i) concluso che il termine “Amazonian” è di fatto idoneo a descrivere non solo la provenienza geografica dei gin, ma anche la qualità dei prodotti designati e ii) conseguentemente, respinto il ricorso della Ricorrente, confermando la nullità del Marchio Contestato.

Per quanto qui rileva rispetto al tema della descrittività della provenienza geografica e della qualità dei prodotti, il Tribunale ha sottolineato che:

  • nonostante la regione amazzonica si estenda su diversi Paesi, si tratta di un’area geografica ben definita, rinomata per le sue innumerevoli specie botaniche;
  • nella produzione del gin può essere coinvolta un’ampia varietà di sostanze botaniche; sostanze che conferiscono al gin un aroma e un gusto caratteristici che possono determinare la scelta del consumatore. Pertanto, il consumatore stabilirà un legame tra la regione amazzonica e il gin;
  • il termine “Amazonian” può trasmettere un’immagine positiva delle sostanze botaniche utilizzate per produrre o aromatizzare il gin e, di conseguenza, delle sue caratteristiche essenziali come il gusto;
  • il gin commercializzato con il Marchio Contestato è descritto dalla Ricorrente come contenente molte sostanze botaniche e spezie provenienti dalla regione amazzonica o come distillato in tale regione. Pertanto, sebbene tale strategia di marketing non sia in grado di rendere un marchio descrittivo, può però confermare le conclusioni inerenti il suo carattere descrittivo.

Volgendo a conclusione, quindi, il Marchio Contestato appare idoneo a veicolare verso il consumatore finale informazioni circa la provenienza geografica e la qualità dei prodotti designati e dei loro ingredienti e, di conseguenza, in violazione del suindicato art. 7 RMUE.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Conferma del carattere descrittivo del marchio collettivo “EMMENTALER

Autrice: Tamara D’Angeli


La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Arianna Angilletta, Matteo Antonelli, Edoardo Bardelli, Carolina Battistella, Carlotta Busani, Giorgia Carneri, Maria Rita Cormaci, Camila Crisci, Cristina Criscuoli, Tamara D’Angeli, Chiara D’Onofrio, Federico Maria Di Vizio, Enila Elezi, Alessandra Faranda, Nadia Feola, Laura Gastaldi, Vincenzo Giuffré, Nicola Landolfi, Giacomo Lusardi, Valentina Mazza, Lara Mastrangelo, Maria Chiara Meneghetti, Deborah Paracchini, Maria Vittoria Pessina, Tommaso Ricci, Miriam Romeo, Rebecca Rossi, Roxana Smeria, Massimiliano Tiberio, Giulia Zappaterra.

Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea, Flaminia Perna e Matilde Losa.

Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena Varese, Alessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.

Scoprite Prisca AI Compliance, il tool di legal tech sviluppato da DLA Piper per valutare la maturità dei sistemi di intelligenza artificiale rispetto alle principali normative e standard tecnici qui.

È possibile sapere di più su Transfer, il tool di legal tech realizzato da DLA Piper per supportare le aziende nella valutazione dei trasferimenti dei dati fuori dello SEE (TIA) qui e consultare una pubblicazione di DLA Piper che illustra la normativa sul Gambling qui, nonché un report che analizza le principali questioni legali derivanti dal metaverso qui, e una guida comparativa delle norme in materia di loot boxes qui.

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