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31 maggio 202319 minuti di lettura

Innovazione e diritto: le novità della settimana

31 maggio 2023
Podcast

Come l’intelligenza artificiale generativa cambierà il settore legale

In questo episodio del podcast “Diritto al Digitale”, Dazza Greenwood, fondatore di law.MIT.edu e CIVICS.com, e Giulio Coraggio di DLA Piper discutono di come l’Intelligenza Artificiale (AI) sia pronta a trasformare il settore legale nel prossimo decennio. Tuttavia, garantire un uso corretto dell’IA è fondamentale per evitare pregiudizi nel processo decisionale legale. Con la crescente integrazione dell’intelligenza artificiale, diventa fondamentale trovare un equilibrio tra la promozione dell’innovazione e la tutela dei diritti delle persone. L’episodio del podcast è disponibile qui.

 

Data Protection & Cybersecurity

Impianti di videosorveglianza sul luogo di lavoro: l’importanza dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori

Con Provvedimento del 2 marzo 2023, il Garante per la protezione dei dati personali ha sanzionato un noto brand di abbigliamento per aver installato ed utilizzato sistemi di videosorveglianza presso una molteplicità di punti vendita in assenza di accordo con le rappresentanze sindacali o di autorizzazione rilasciata dall’Ispettorato del lavoro ex art. 4 della Legge n. 300 del 1970 (lo “Statuto dei Lavoratori”).

In particolare, il Garante ha ribadito che, in base al sopra richiamato art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, gli apparati di videosorveglianza, qualora dagli stessi derivi “anche la possibilità di controllo a distanza” dell'attività dei dipendenti, “possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale” e la relativa installazione deve, in ogni caso, essere eseguita previa stipula di un accordo collettivo con la rappresentanza sindacale unitaria o con le rappresentanze sindacali aziendali o, ove non sia stato possibile raggiungere tale accordo o in caso di assenza delle rappresentanze, solo in quanto preceduta dal rilascio di apposita autorizzazione da parte dell'Ispettorato del lavoro.

Per il Garante per la protezione dei dati personali, infatti, l’attivazione di tale procedura di garanzia non integra una mera formalità né può qualificarsi come semplice adempimento documentale. Al contrario, tale procedura è da ritenersi “condizione indefettibile per l’installazione di sistemi di videosorveglianza” in quanto “tutela interessi di carattere collettivo e superindividuale”. In mancanza dell’accordo sindacale o dell’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro, quindi, gli interessi collettivi a presidio dei quali sono posti devono ritenersi lesi, come d’altronde confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità (si veda, tra le altre, Cass., sez. III pen., 17.12.2019, n. 50919). In questo modo, infatti, la normativa tende a diminuire la sproporzione esistente tra la posizione datoriale e quella dei lavoratori.

Solo attraverso tale procedura, il datore di lavoro è dunque in grado di valutare correttamente, attraverso l’intervento delle rappresentanze sindacali o dell’Ispettorato del lavoro, l’idoneità a ledere la dignità dei lavoratori di strumenti tecnologici dai quali possa derivare un controllo a distanza dei lavoratori (come gli impianti di videosorveglianza), nonché l'effettiva rispondenza di detti impianti alle esigenze tecnico-produttive o di sicurezza.

L’eventuale mancanza di un accordo sindacale o dell’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro, ove necessario, tuttavia, integra altresì una violazione del principio di liceità del trattamento di cui all’art. 5, par. 1, lett. a) del Regolamento UE 679/2016 (“GDPR”) in relazione a quanto disposto dall’art. 88 del GDPR stesso nonché dall’art. 114 del D. Lgs. 196/2003, come da ultimo modificato dal D. Lgs. 101/2018 (“Codice Privacy”).

Infatti, le norme sopracitate statuiscono espressamente che un trattamento di dati personali effettuato nel contesto del rapporto di lavoro, per potersi considerare lecito, deve rispettare le norme specifiche che l’ordinamento nazionale reputi necessarie alla “salvaguardia della dignità umana, degli interessi legittimi e dei diritti fondamentali degli interessati”, con particolare riferimento al divieto di controllo o monitoraggio dell’attività lavorativa.

A tal proposito, il Garante ha chiarito che le disposizioni in materia del GDPR e del Codice Privacy si aggiungono (e non sostituiscono né vengono meno rispetto) a quanto previsto dallo Statuto dei Lavoratori o dall’Ispettorato del lavoro.

Il Garante ha, infatti, ribadito che gli ambiti di operatività delle due discipline (giuslavoristica e privacy), seppure collegati, sono autonomi. Da un lato, l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori prevede “la competenza dell’Ispettorato del Lavoro al rilascio della autorizzazione amministrativa necessaria ai fini dell’installazione degli impianti audiovisivi e degli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, con riferimento ai profili prettamente giuslavoristici”. Dall’altro, invece, l’art. 114 del Codice Privacy “incardina la competenza del Garante relativamente alla verifica del rispetto della disciplina di protezione dei dati personali” nell’ambito dei rapporti di lavoro, anche con riferimento alla disciplina sui controlli a distanza.

E l’impianto di videosorveglianza del vostro esercizio commerciale è in regola? Scoprite le regole principali da considerare quando si decide di installare un impianto di videosorveglianza in questa infografica.

 

Intellectual Property

Natura e funzione delle DOP sotto i riflettori nella proposta emendata di regolamento dell'UE sulle indicazioni geografiche

In data 20 aprile 2023, la Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento Europeo ha adottato all'unanimità una proposta emendata di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sulle indicazioni geografiche dell'Unione europea per vini, bevande spiritose e prodotti agricoli, nonché regimi di qualità per prodotti agricoli, che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013, (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/787 e abroga il regolamento (UE) n. 1151/2012, COM(2022) 134 definitivo - 2022/0089 (COD) (si veda qui). La presente proposta verrà votata a breve nella sessione plenaria del Parlamento Europeo.

Tra le proposte di rilievo la presente bozza mira a modificare l'articolo 102 del Regolamento (UE) n. 1308/2013, modificando i motivi assoluti di rifiuto dei marchi commerciali in conflitto con le DOP o le IGP, come segue: "[...] 2. Ogni registrazione a nome di una persona diversa dal gruppo produttore di un marchio commerciale che incorpori, imiti o evochi il nome protetto da un'indicazione geografica sarà respinta. [...]".

La presente proposta deve essere valutata alla luce (e presumibilmente come codificazione) della decisione del Tribunale dell’Unione Europea sul caso Steirisches Kürbiskernöl (Decisione 01/12/2021, T 700/20, Steirisches Kürbiskernöl, ECLI:EU:T:2021:851).

Sebbene non sia ancora stata adottata, questo imminente cambiamento legislativo mette in evidenza in modo significativo la natura e le funzioni delle DOP e delle IGP. La disposizione mira ovviamente a prevenire qualsiasi indebita appropriazione di DOP o IGP da parte di operatori individuali come parte di un marchio commerciale. Ribadisce e conferma anche il ruolo specifico delle DOP e delle IGP tra i diritti di proprietà intellettuale e sottolinea che la mera appropriazione di tali diritti come marchio commerciale individuale incide sulle relative funzioni. La sua inclusione nella disposizione relativa ai motivi assoluti di rifiuto dei marchi commerciali sottolinea anche che, come parte della politica agricola comune, la questione è una questione di public policy.

Una DOP non può essere considerata o trattata alla stregua di un qualsiasi altro elemento. Una DOP deve essere analizzata alla luce delle sue funzioni, tra cui la funzione di strumento di goodwill collettivo per i produttori.

Un marchio commerciale che include una DOP conferisce al marchio un valore intrinseco maggiore e lo rende un importante veicolo promozionale e pubblicitario. Questi sono tutti vantaggi indebiti tratti dalla notorietà delle DOP/IGP, che comportano un trasferimento di tale notorietà a vantaggio di operatori individuali.

È anche opportuno ricordare che il Regolamento (UE) n. 2021/2117 del 2 dicembre 2021 ha modificato l'articolo 103, paragrafo 2, lettera a), punto ii) del Regolamento (UE) 1308/2013, al fine di vietare esplicitamente l'uso di DOP o IGP che ne "indebolisca o svigorisca" la notorietà e rinomanza. Va tenuto presente in questo contesto che l'indebolimento o lo svigorimento della rinomanza, per quanto riguarda una DOP, è in generale una conseguenza derivante dallo sfruttamento della rinomanza, specialmente legato a una appropriazione indebita delle funzioni della DOP. Una volta che la DOP è incorporata in un marchio commerciale e si fonde e inizia a svolgere il ruolo di marchio commerciale, ciò indebolirà e svigorirà la rinomanza collettiva e il goodwill collettivo legati alla DOP a discapito della comunità dei produttori. L’indebito vantaggio individuale tratto dal titolare del marchio commerciale sarà probabilmente della medesima portata dell'indebolimento e dello svigorimento della rinomanza dal lato della comunità dei produttori.

Gli obiettivi della legislazione in discussione riflettono l'importanza primaria delle DOP come strumenti di public policy (nel contesto dello sviluppo rurale e dell'agricoltura) e come diritti collettivi degli operatori agricoli.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Prodotti artigianali e industriali inseriti nella proposta di regolamento dell’Unione Europea sulle Indicazioni Geografiche (IG)”.

 

Technology, Media and Telecommunications

Nuovo Regolamento Macchine: arrivata l’approvazione definitiva del Consiglio

Il Consiglio dell’UE ha adottato in via definitiva il nuovo Regolamento Macchine che sostituisce la Direttiva Macchine del 2006.

Il Consiglio dell’Unione europea ha recentemente dato la sua approvazione definitiva al nuovo regolamento relativo alle macchine (“Regolamento Macchine”) il quale sostituisce la Direttiva 2006/42/CE che, fino a questo momento, definiva i requisiti essenziali in materia di sicurezza e tutela della salute applicabili alle macchine (“Direttiva Macchine”).

La Direttiva Macchine è quindi superata con il passaggio allo strumento del regolamento avente portata generale e diretta applicabilità nell’Unione. Il nuovo Regolamento armonizza così i requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute per la progettazione e la costruzione di macchine, prodotti correlati e quasi-macchine al fine di consentire la loro messa a disposizione sul mercato o la loro messa in servizio garantendo al contempo un livello elevato di tutela della salute e sicurezza delle persone e, ove opportuno, degli animali domestici, dei beni e dell’ambiente.

Il Regolamento Macchine entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’UE. Gli Stati membri e gli operatori economici avranno 42 mesi di tempo prima che vengano applicate le norme del nuovo Regolamento e abrogata la Direttiva Macchine.

Tra le maggiori novità apportate, il nuovo testo chiarisce l’ambito di applicazione del nuovo Regolamento, nel quale rientrano per esempio i veicoli, comprese le biciclette elettriche, i monopattini elettrici e altri dispositivi per la mobilità personale che non sono soggetti all’omologazione UE e che sono ampiamente utilizzati e potenzialmente pericolosi per i loro utilizzatori.

Assumono poi rilievo l’introduzione delle due nuove figure dell’importatore e del distributore e la nuova definizione di “componente di sicurezza” espressamente inclusiva del software. Ne deriva che il software che svolge una funzione di sicurezza e che è immesso in maniera indipendente sul mercato dovrà essere accompagnato da una dichiarazione di conformità UE e dalle istruzioni per l’uso, nonché riportare la marcatura CE.

Con riferimento invece ai requisiti in materia di documentazione, il Regolamento Macchine specifica che le informazioni sulla sicurezza dovranno essere fornite per tutti i prodotti ma che, in linea con la transizione digitale, le istruzioni digitali saranno l’opzione predefinita. Le istruzioni in formato cartaceo rimarranno quindi un’opzione gratuita per gli utilizzatori che ne faranno richiesta al momento dell’acquisto.

Rilevante è anche il tema delle c.d. “modifiche sostanziali”: qualora prodotti già immessi sul mercato o messi in servizio siano modificati in un modo non previsto o pianificato dal fabbricante e che incide sulla sicurezza di tali prodotti creando un nuovo pericolo o aumentando un rischio esistente, la modifica apportata sarà da ritenersi “sostanziale” e la persona che effettua tale modifica sarà tenuta a svolgere una nuova valutazione della conformità prima che il prodotto modificato possa essere immesso sul mercato o messo in servizio. Il prodotto “sostanzialmente” modificato sarà quindi da considerarsi come un prodotto nuovo e il soggetto utilizzatore che apporta tali modifiche dovrà adempiere ai medesimi obblighi previsti in capo ai fabbricanti.

Il Regolamento Macchine rende poi obbligatoria una valutazione della conformità da parte di terzi per sei categorie di macchine che presentano rischi elevati elencate nell’Allegato I. Tra queste categorie sono previsti i componenti di sicurezza dotati di un comportamento integralmente o parzialmente auto evolutivo che utilizzano approcci di apprendimento automatico che garantiscono funzioni di sicurezza. È pertanto esclusa, nei suddetti casi, la possibilità per il fabbricante di applicare direttamente la procedura di valutazione basata sul controllo interno della produzione.

Ancora, risulta interessante soffermarsi sul requisito dell’ergonomia incluso tra i requisiti essenziali di cui all’Allegato III. Secondo tale requisito, nelle condizioni d’uso della macchina devono essere eliminati o ridotti al minimo possibile il disagio, la fatica e le tensioni psichiche e fisiche (stress) dell’operatore tenuto conto, tra l’altro, (i) della necessità di adeguare l'interfaccia tra uomo e macchina alle caratteristiche prevedibili degli operatori, anche rispetto a una macchina o a un prodotto correlato dotati di un comportamento o una logica integralmente o parzialmente auto evolutivi e che sono progettati per funzionare con livelli variabili di autonomia e (ii) se del caso, adeguare una tale macchina o prodotto correlato affinché gli stessi rispondano alle persone adeguatamente e appropriatamente (ad es., attraverso parole, gesti, espressioni facciali o movimento del corpo) e comunichino le loro azioni pianificate (ad es., cosa faranno e perché) agli operatori, in maniera comprensibile.

Infine, in tema di cybersicurezza, il Regolamento Macchine conferma quanto già precedentemente prospettato, ovverosia che le macchine e i prodotti correlati, che siano stati certificati o per i quali sia stata emessa una dichiarazione di conformità nell’ambito di un sistema di certificazione della cybersicurezza adottato conformemente al Regolamento (UE) 2019/881 e i cui riferimenti siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’UE, sono considerati conformi ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute di cui all'Allegato III, punti 1.1.9 e 1.2.1, per quanto concerne la protezione contro la corruzione e la sicurezza e l'affidabilità dei sistemi di controllo nella misura in cui tali requisiti siano contemplati dal certificato di cybersicurezza o dalla dichiarazione di conformità o da loro parti.

Su un simile argomento, potrebbe interessarti “Cosa prevede l’accordo sull’AI Act raggiunto dal Parlamento europeo”.

Le osservazioni della Commissione sulle misure correttive proposte dall’AGCom relativamente ai mercati dell’accesso alle reti fisse

Da fonti di stampa si apprende che la Commissione europea ha trasmesso all’AGCom le sue osservazioni in merito alle misure correttive notificate dall’Autorità alla Commissione, ai sensi dell’art. 32 della Direttiva 1972/2018 (che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche). Le misure correttive presentate dall’Autorità sono relative ai mercati dell’accesso locale all’ingrosso in postazione fissa, dell’accesso centrale all’ingrosso in postazione fissa e della capacità dedicata all’ingrosso in Italia.

Come si legge nel documento reso pubblico dalle predette fonti di stampa, le misure correttive notificate dall’AGCom alla Commissione riguardano in particolare la definizione dei prezzi dei servizi di accesso alle reti fisse per gli anni 2022 (retroattivamente) e 2023 e comprendono inoltre un aggiornamento del valore del costo medio ponderato del capitale (“Weighted Average Cost of Capital” – “WACC”), introducendo alcuni adeguamenti mediante il parametro del tasso privo di rischio (Risk Free Rate – “RFR”), nonché del premio per il rischio (“Risk Premium” – “RP”), tenendo conto delle proiezioni sull’evoluzione del mercato italiano.

Ai sensi della Direttiva 1972/2018, la Commissione europea può presentare all’autorità nazionale interessata (in questo caso, l’AGCom) osservazioni sui progetti di misure notificati.

In particolare, le osservazioni formulate dalla Commissione nel documento in questioni riguardano tre temi principali: la prevedibilità del quadro normativo, la determinazione del WACC e il calcolo dell’RP.

Per quanto riguarda la prevedibilità del quadro normativo, la Commissione evidenzia in primo luogo l’importanza di un contesto stabile per la promozione degli investimenti e ricorda come, a tal fine, avesse chiesto all’AGCom di fissare le sue misure regolamentari con sufficiente anticipo di modo da garantire “un adeguato livello di stabilità e prevedibilità per gli operatori del mercato”. La Commissione osserva che “la prassi seguita dall’Autorità”, con riferimento alla retroattività nella fissazione dei prezzi, sta “compromettendo la capacità di garantire un quadro stabile e prevedibile che rispetti i principi stabiliti a livello nazionale ed europeo nonché la capacità di garantire condizioni quadro adeguate in un momento fondamentale per la transizione digitale in Italia”.

La Commissione osserva poi che l’AGCom sta attualmente realizzando un riesame completo dei mercati dell’accesso in Italia, esortando l’Autorità a portare a termine quanto prima tale riesame entro la fine del 2023. A tale riguardo la Commissione ha dichiarato di ritenere “essenziale per la concorrenza e il contesto degli investimenti in Italia che l’AGCom definisca un quadro per il prossimo periodo di regolamentazione, con particolare attenzione alla promozione di ulteriori realizzazioni di reti e alla garanzia di un processo di migrazione verso reti ad altissima capacità il più possibile agevole e rapido, preservando nel contempo una concorrenza effettiva”.

Con riferimento alla determinazione del WACC, la Commissione ha osservato che, utilizzando il parametro del Risk Free Rate, l’AGCom si discosterebbe dai criteri previsti dalla comunicazione della Commissione sul calcolo del WACC. Approcci divergenti rispetto a quanto stabilito da detta comunicazione, secondo la Commissione, andrebbero evitati – considerando che la prevedibilità normativa è uno degli obiettivi chiave della regolamentazione stabilita a livello EU (inclusa la comunicazione della Commissione sul calcolo del WACC) – al fine di evitare di “distorcere gli incentivi agli investimenti” e di ostacolare “la creazione di condizioni convergenti per gli investimenti nelle reti di comunicazione elettronica”. La Commissione ha quindi esortato l’AGCom a fornire una motivazione sostanziale a sostegno della metodologia seguita.

Per quanto riguarda l’RP, la Commissione osserva che la metodologia proposta dall’AGCom, che vorrebbe tener conto delle proiezioni del mercato italiano, potrebbe non essere “una metodologia accurata per valutare i rischi connessi alla realizzazione di reti ad altissima capacità in una determinata zona”. A tale riguardo, la Commissione invita l’AGCom a garantire che il RP rifletta adeguatamente i rischi effettivi.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Le nuove iniziative presentate dalla Commissione europea per la trasformazione del settore della connettività nell’UE”.

 

Commercial

Clausola penale: per la Cassazione l’importo è determinabile anche dopo l’inadempimento

Con ordinanza n. 11548 del 3 maggio 2023 la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito che alla clausola penale va applicata la disciplina generale dell'oggetto del contratto, la cui natura può essere tanto determinata quanto determinabile, cosicché la determinazione della penale può avvenire ex post, sulla base di un criterio predeterminato e considerato dalle parti nella sua oggettività, applicato in un momento successivo all'inadempimento.

La Suprema Corte ha così cassato una sentenza della Corte di Appello di Bologna che aveva dichiarato nulla una clausola penale il cui importo avrebbe dovuto essere determinato al momento dell’inadempimento.

La vicenda riguarda l’edificazione di un edificio ritenuta in violazione di obblighi contrattuali in materia di distanza minima e di luci, in relazione alla quale parte attrice aveva convenuto la parte ritenuta inadempiente in arbitrato per il pagamento della penale prevista. L’arbitro aveva accolto la domanda e, previa consulenza tecnica per la determinazione del valore dell’inadempimento, aveva condannato parte convenuta al pagamento di Euro 98.046,00, oltre accessori e spese.

Parte convenuta aveva quindi impugnato il lodo per nullità dinanzi alla Corte di Appello di Bologna, che aveva reputato nulla la clausola in questione per mancanza di causa, in quanto ritenuta priva dell'attitudine delimitativa che sarebbe richiesta dall'art. 1382 c.c., laddove prevede che la penale comporta che l'inadempiente sia "tenuto a una determinata prestazione".

In particolare, la Corte di Appello di Bologna aveva statuito che essendo la penale parametrata all'inadempimento, essa "non costituisce criterio preciso oggettivamente e preventivamente quantificabile, non potendo che essere determinato ex post secondo lo schema di cui agli artt. 1223 ss. c.c.", tanto più che "tale criterio dell'inadempimento non è risultato neppure quantificabile in maniera univoca", sicchè "la clausola penale de qua non assolve affatto... alla funzione predeterminativa della prestazione dovuta per il caso di inadempimento", venendo così meno "il nucleo caratterizzante la funzione della clausola penale, ossia la previa quantificazione del danno risarcibile", in mancanza di "determinabilità... poichè il generico criterio dell'inadempimento... non offre alcun tipo di parametro al quale ancorare la predeterminazione del danno, limitandosi a rimandare all'accertamento dell'inadempimento e al "valore" dello stesso, concetto in sè indeterminato e di difficile comprensione".

Parte soccombente ha quindi proposto ricorso in Cassazione, secondo la quale nulla esclude che la "determinata prestazione" di cui all’art. 1382 c.c. possa essere rapportata all'entità dell'inadempimento, da verificare nella sua consistenza a valle dell'inadempimento stesso, dunque in misura predeterminata.

Inoltre, per la Cassazione una penale soltanto determinabile non è per questo meno dissuasiva di una penale predeterminata, dal momento che esonera pur sempre il creditore dall’onere della prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno. Anzi, l'indole intimidatrice della pattuizione rapportata al "valore dell'inadempimento" è addirittura più marcata, poiché volta ad avvisare il contraente che maggiore è l’inadempimento e tanto più sarà costretto a pagare.

Su un simile argomento, potrebbe interessarti: Articolo 1677-bis Codice Civile: il contratto di servizi logistici.


La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Arianna AngillettaGiordana BabiniCarolina Battistella, Carlotta Busani, Giorgia Carneri, Maria Rita Cormaci, Camila CrisciCristina Criscuoli, Tamara D’AngeliChiara D’Onofrio, Federico Maria Di Vizio, Enila EleziChiara Fiore, Emanuele Gambula, Laura Gastaldi, Vincenzo Giuffré, Filippo GrondonaNicola LandolfiGiacomo Lusardi, Valentina Mazza, Lara MastrangeloMaria Chiara Meneghetti, Deborah Paracchini, Tommaso Ricci, Rebecca Rossi, Massimiliano Tiberio, Alessandra Tozzi, Giulia Zappaterra

Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea e Flaminia Perna.

Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena Varese, Alessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.

È possibile sapere di più su “Transfer”, il tool di legal tech realizzato da DLA Piper per supportare le aziende nella valutazione dei trasferimenti dei dati fuori dello SEE (TIA) qui e consultare una pubblicazione di DLA Piper che illustra la normativa sul Gambling qui, nonché un report che analizza le principali questioni legali derivanti dal metaverso qui.

DLA Piper Studio Legale Tributario Associato tratta i dati personali in conformità con l'informativa sul trattamento dei dati personali disponibile qui.

Qualora non si volesse più ricevere gli Innovation Law Insights o ci si volesse iscrivere alla stessa, è possibile inviare un'email a Silvia Molignani.